In questo 2020 così terribile la nostra attenzione è pressoché quotidianamente assorbita dalle notizie che riguardano l’epidemia da Coronavirus. L’appuntamento quotidiano con il bollettino dei numeri; il dibattito che ne segue rispetto all’aumento delle curva o alla diminuzione della velocità dell’aumento; le restrizioni imposte a tutti noi dalle autorità e il loro necessario rispetto, con tutto il corollario dei controlli, delle autocertificazioni, della durata di queste restrizioni; e poi, le domande, senza risposta, su quanto tutto questo durerà, quando potremo tornare alla nostra vita normale, alla nostra quotidiana normalità.
Eppure dobbiamo ritagliare uno spazio all’analisi e alla riflessione su quello che succederà dopo il virus, dopo che questa tragedia (perché questo è il suo nome, non altri) sarà finita e ci sarà permesso di tornare alla nostra normalità.
Intanto fissiamo un punto.
Siamo tutti così sicuri che veramente tutto torneràcome prima? Torneremo davvero, magari gradualmente ma via via sempre più velocemente, a uscire, a riempire le strade di traffico, ad affollare mezzi pubblici rari e sgangherati, a richiuderci dentro uffici pubblici cercando di arrivare in qualche modo alla fine della giornata, ad affollare bar, ristoranti, locali, supermercati, aerei, treni...?
Proprio questa nostra “normalità”, questo nostro “normale” modo di vivere, è esattamente il contesto ideale in cui il virus si è potuto sviluppare e aggredirci così ferocemente. Ma certo è che se, in attesa di un vaccino che debellerà il virus, l’unica soluzione che possiamo praticare sono il lockdown e il distanziamento sociale, significa allora che il ritorno alla “normalità”, con il suo carico di rischi legati al nostro abituale stile di vita, non potrà non tener conto di ciò che abbiamo passato e cominciare, già da subito, ad imparare qualche lezione per il futuro.
L’importanza della ricerca e dell’innovazione
Una prima lezione l’abbiamo cominciata a imparare: abbiamo finalmente capito quanto sia importante la scienza, la competenza, lo studio, la ricerca, la fatica di approfondire i problemi e ricercare soluzioni nuove e originali. Finalmente, dopo decenni di esilio, ci sembra di poter dire che la ricerca e l’innovazione stiano riconquistandosi quel ruolo centrale nelle politiche di sviluppo dei Paesi, cui obbligatoriamente hanno diritto specie in dinamiche economiche globali e fortemente competitive.
Ma attenzione, l’importanza della ricerca e dell’innovazione non deve solo focalizzarsi al campo medico, alle problematiche connesse a nuovi farmaci, a nuovi vaccini che, pur centrali, non esauriscono il perimetro del campo su cui ricerca e innovazione debbono giocare da protagonisti. Lo abbiamo visto prima: tutti gli aspetti della nostra vita sociale quotidiana necessitano di nuove soluzioni, nuovi modelli organizzativi, nuove tecnologie e nuovi strumenti, nuovi modi di pensare.
Ecco quindi che, in quello che immaginiamo sia il nuovo scenario post-Covid, la ricerca e l’innovazione sono chiamate non solo a giocare un ruolo centrale ma a giocarlo in modo nuovo, con nuovi approcci, nuove logiche, nuove modalità, nuovi attori.
Il processo di innovazione e lo scenario italiano
A partire dagli anni ’80 nel mondo tecnologicamente avanzato, e con colpevole ritardo solo nei primi anni 2000 da noi, si è affermata la consapevolezza che il processo di costruzione di nuovi prodotti e nuovi servizi, frutto di ricerca e innovazione, non proceda in modo lineare.
Il classico percorso che dalla ricerca cosiddetta di base all’innovazione e al mercato è stato definitivamente sepolto a favore di più evidenti modelli circolari, in cui le interazioni e le contaminazioni tra soggetti pubblici e privati, tra discipline, tra ricerca libera e ricerca orientata, rappresentano il modello quotidiano di azione, mandando in soffitta vecchi confini, vecchi steccati, vecchie rendite di posizione.
In tale quadro, si è affermato nel tempo il modello della Tripla Elica, in base al quale ricerca e innovazione procedono attraverso stretti collegamenti e contaminazioni tra istituzioni di Governo, organismi pubblici di ricerca, imprese.
Con questo modello anche il nostro Paese ha visto la nascita, seppur faticosa e non priva negli anni di confusi e disordinati stop and go, dei distretti tecnologici nazionali e regionali, dei Poli di Innovazione, dei Cluster Tecnologici Nazionali. Su questo modello si sono dunque costruite le più recenti politiche di ricerca e innovazione del Paese, sia pure in un quadro economico-finanziario e burocratico-amministrativo ancora molto deficitario.
Ma anche questo modello oggi deve essere rivisto e migliorato: proprio il Covid lo impone portando alla ribalta quel nuovo protagonista che va sotto il nome di Innovazione Sociale, quella Social Innovation che va assumendo ruoli sempre più determinanti ai fini di più efficaci processi di cambiamento e rinnovamento, a ogni livello della vita sociale ed economica.
Chi scrive condivide l'opinione che l'innovazione, tecnologica ma non solo, non ha più soltanto un carattere open, aperta cioè all'interazione e alla reciproca contaminazione tra i vari soggetti, pubblici e privati che vi sono coinvolti. L'innovazione assume sempre più un carattere "social" quando riconosciamo che le soluzioni alle esigenze della vita sociale non possono più essere calate dall'alto, ma devono prevedere il più ampio e intelligente coinvolgimento degli stessi "utenti", di coloro cioè che avvertono ed esprimono quelle esigenze sociali cui offrire soluzioni innovative.
In altre parole, il ruolo decisivo di una innovazione che sia "Social", ossia sociale e socializzante, che si preoccupi cioè di rispondere a esigenze della quotidianità sociale aprendosi a tal fine all'ascolto e alla partecipazione attiva delle migliori espressioni della stessa vita sociale, siano esse persone fisiche e/o organizzazioni profit o no-profit.
L'importanza di una tale apertura non risiede peraltro solo nella possibilità di conseguire risultati migliori e più efficaci, ma anche in un tratto che forse appare anche più importante. Dall'ascolto e dalla partecipazione si determina, in modo quasi impercettibile in avvio ma poi via via impetuoso e anche irrinunciabile, quella reciproca contaminazione tra le parti, quel mutuo scambio di esperienze, conoscenze, opinioni, sentimenti, che consentono a ciascuno dei soggetti in gioco di migliorarsi vicendevolmente, pur nel rispetto nei rispettivi ruoli.
La Quadruplice Elica
Ecco allora che al modello della Tripla Elica si sostituisce un nuovo modello: la Quadruplice Elica, dove alle istituzioni di Governo, alle Imprese, alle Università si affianca, in modo dirompente, la società civile quale soggetto non solo “fruitore” di innovazioni ma, anche e soprattutto, “portatore” di nuove idee e soluzioni.
Guardando alle strategie competitive delle nostre imprese, il modello della Tripla Elica ha rappresentato negli ultimi anni la soluzione vincente per affermarsi in un’economia globalizzata: il mercato si conquista se vi si arriva con prodotti e servizi ad alto valore aggiunto di conoscenza scientifica e tecnologica , e se si arriva prima degli altri.
Per questo, avvicinare e ibridare, anche fisicamente, chi produce conoscenza con chi è in grado di trasformare tale conoscenza in un valore economico di mercato rappresenta la chiave di volta di strategie industriali di successo, nonché la strada maestra che le politiche nazionali di sviluppo di un Paese debbono necessariamente seguire.
Tutto questo, con il modello della Quadruplice Elica fa un salto di qualità decisivo: la competizione economica si orienta alle esigenze della società civile, avvalendosi nel contempo del suo supporto.
Ciò produce consenso, sostenibilità delle produzioni e delle innovazioni, e garantisce attenzione e risposte decisive alle grandi sfide che il mondo di oggi ci pone: ambiente, qualità della vita, salute, alimentazione, istruzione.
E se questo appare vero ormai da tempo, in uno scenario in cui il Covid mette in discussione ogni modello organizzativo, ogni aspetto della nostra vita organizzata, con ripercussioni violentissime sulla vita di tutti noi, l’interazione e il confronto attivo tra tutti i soggetti portatori di idee nuove e originali diventa l’unica strada per provare a costruire una nuova “normalità”.
Ricerca e innovazione sono destinati a essere attori prioritari nel nuovo scenario post-Covid, ma lo potranno essere in modo efficace non solo se aumenteranno i sempre troppo pochi investimenti pubblici in R&S; non solo se la burocrazia degli uffici pubblici la smetterà di guardare difensivamente alla propria tutela, ma si decida a essere veramente di supporto positivo a chi fa ricerca; non solo se l’opinione pubblica restituirà valore e autorità alla scienza e alla competenza.
Ma potranno farlo abbracciando un nuovo approccio, in cui la ricerca esca dalle mura dei laboratori pubblici e privati e si apra alle contaminazioni provenienti dalla società e dai cittadini, con istituzioni di Governo pronte a sostenere e incoraggiare questa contaminazione, portandola al centro della propria azione.