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Commentary
Iran e 5+1: il disgelo passa per il congelamento nucleare
20 novembre 2013

Mancano poche ore al prossimo incontro tra l’Iran e i rappresentati del 5+1 (Cina, Francia, Germania Regno Unito, Russia e Stati Uniti). Nonostante molte incognite e variabili possano incidere negativamente sull’esito finale dei negoziati sul nucleare, per la prima volta dall’agosto 2005, sono presenti elementi concreti e significativi per raggiungere un’intesa ad interim. 

Cruciale, in tal senso, è la sostanziale convergenza su una strategia negoziale “incrementale” da parte dei principali attori coinvolti: i rappresentanti del 5+1, l’Iran e l’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (AIEA). Una strategia volta a scomporre il raggiungimento di un accordo di lungo periodo in una serie di passaggi intermedi che – partendo da questioni su cui sia possibile raggiungere intese di breve periodo – creino i presupposti tecnico-negoziali per affrontare questioni via via più delicate, ritenute fondamentali per garantire l’effettiva natura pacifica del programma nucleare di Tehran. 

In quest’ottica, la netta contrapposizione da parte di Israele e Arabia Saudita – competitori strategici di Tehran – non riguarda soltanto il possibile “esito” dei negoziati, ovvero le condizioni tecniche di un possibile compromesso di breve periodo, ma anche il “processo” di costruzione della necessaria fiducia reciproca che può portare le parti – in particolare Iran e Stati Uniti – ad affrontare altre importanti questioni regionali (ad esempio Siria, Iraq, Afghanistan).

Da un punto di vista tecnico, sono comunque molteplici gli aspetti critici del negoziato. Allo stato attuale, questi elementi possono essere ricondotti a due principali dimensioni negoziali: misure di trasparenza e controllo finalizzate a garantire la natura pacifica delle attività nucleari “attuali e future” dell’Iran; e misure di contenimento delle capacità di arricchimento dell’uranio sviluppate da questo paese.  

La dimensione della trasparenza e controllo è stata principalmente affrontata dall’AIEA. In quest’ambito, un primo importante risultato è stato già raggiunto l’11 novembre scorso con la firma, tra l’AIEA e l’Iran, di un’“intesa di cooperazione” che, oltre a garantire l’accesso degli ispettori in alcuni siti nucleari, ha in parte re-introdotto l’obbligo iraniano di comunicare all’AIEA la costruzione di nuovi impianti. Infatti, nei prossimi tre mesi l’Iran dovrà fornire all’AIEA informazioni riguardanti nuovi reattori di ricerca, l’individuazione dei siti dove costruire reattori nucleari, chiarendo inoltre i precedenti annunci circa la costruzione di nuovi impianti di arricchimento, anche con tecnologia laser. Quest’ultimo aspetto detiene una valenza cruciale in quanto, dopo la scoperta dei siti di arricchimento di Natanz (2002) e Fordow (2009), è fondamentale assicurare che non esistano altri impianti non dichiarati, dove l’Iran possa sviluppare in segreto attività di arricchimento dalle potenziali finalità militari.

Il contenimento delle capacità di arricchimento è negoziato tra l’Iran e i rappresentati del 5+1. Le potenziali limitazioni alle attività di arricchimento riguardano le nozioni di “flusso”, “stock” e “livello di arricchimento” dell’uranio prodotto da Tehran. Il flusso, che rappresenta il livello di produzione di uranio arricchito è in funzione del numero e della produttività delle centrifughe operanti. Mentre lo stock deriva dalla progressiva accumulazione di questa produzione. Per quanto riguarda questi aspetti sembrerebbe prendere corpo una proposta atta a “congelare”, almeno per sei mesi, il numero di centrifughe operanti e installate intorno ai valori attuali (rispettivamente 9.000 e 6.500 unità), nonché l’installazione di centrifughe più avanzate e produttive (IR-2m) rispetto a quelle at-tualmente in funzione (IR-1). Circolano inoltre ipotesi atte quantomeno a “congelare” anche lo stock di uranio arricchito al 3,5% in forma gassosa (intorno ai 7.200 kg), convertendo le quote eccedenti questa soglia. La conversione in barre di combustibile nucleare dovrebbe invece riguardare tutto lo stock di uranio arricchito da Tehran al 19,75%, una misura preceduta dalla fondamentale sospensione dell’arricchimento a questo livello, in grado di dimezzare le tempistiche di arricchimento per scopi militari. 

Un ultimo aspetto riguarda la sospensione della costruzione del reattore di ricerca di Arak. Negli ultimi colloqui tenuti a Ginevra dal 7 al 9 novembre, tale questione ha focalizzato posizioni critiche da parte della Francia volte a garantire quantomeno una sospensione completa delle attività correlate a questo reattore di ricerca che, a pieno regime, potrebbe produrre una quantità di plutonio sufficiente ad armare due testate nucleari l’anno. Detto questo, una sospensione parziale delle attività interne al reattore potrebbe posticipare ulteriormente l’entrata in funzione di questo impianto, che ha già incontrato notevoli ritardi ed è stata recentemente prorogata da Tehran. Inoltre, tenendo presente che l’Iran non dispone di un impianto di riprocessamento del combustibile nucleare con cui estrarre il plutonio, la questione di Arak potrebbe porre potenziali rischi di diversione per usi militari solo nel medio termine (2 anni circa), e pertanto sarebbe utile gestirla in modo da non precludere la possibilità di raggiungere un’intesa di breve periodo. 

Anche la parziale sospensione di alcune sanzioni internazionali rappresenta un punto delicato, che espone il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, alle potenziali critiche del Congresso americano a maggioranza Repubblicana. Nonostante questo, la temporanea e reversibile riduzione di alcune sanzioni attinenti settori importanti ma secondari, potrebbe consolidare il potere interno del presidente iraniano Hassan Rouhani – favorevole a una distensione dei rapporti con l’Occidente – permettendogli di giustificare le concessioni sul programma nucleare con concreti benefici per l’economia dell’Iran e la sua popolazione.

Nell’ultimo rapporto dell’AIEA è stato infine riscon-trato un rallentamento delle attività di arricchimento iraniane. Questo fattore, sommato ai numerosi incontri diplomatici e alle ultime dichiarazioni del ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, che ha slegato il riconoscimento formale delle attività di arricchimento dell’Iran al raggiungimento di un’intesa ad interim, fornisce elementi di speranza. Ciò detto, nell’affrontare una crisi così complessa, che ha prodotto uno stallo diplomatico quasi decennale, il raggiungimento di qualsiasi accordo – seppur di breve periodo per creare le condizioni su cui negoziare un’intesa di più ampio respiro – rimane comunque un’importante eccezione.

Michele Gaietta, PhD in "Institutions and Policies"all'Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano
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Annalisa Perteghella
ISPI Research Fellow - Iran Desk

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