Per la prima volta dopo l'Onda verde che nel 2009 si opponeva alla rielezione dell'ex presidente Mahmud Ahmadinejad, a Isfahan, seconda città iraniana, centinaia di persone sono scese in piazza. Questa volta però la ragione per cui uomini e donne, molti giovani e studenti (anche a Teheran), hanno protestato è un'altra. I manifestanti gridavano: «Polizia, dove sono gli occhi di mia sorella?». La folla faceva riferimento a chi si è reso responsabile di aver sfregiato con l'acido alcune donne iraniane, secondo ricostruzioni di stampa, colpevoli di non essere «velate bene». Tuttavia, gli attacchi sembrano direttamente collegati alle nuove norme sanzionatorie contro costumi percepiti come contrari ai dettami della dottrina islamica. Non solo, mettono in discussione il ruolo dei gruppi paramilitari nella repressione del dissenso e il loro peso nella società iraniana.
La legge che estende i poteri sanzionatori dei cittadini comuni
Dal giorno del grave episodio di Isfahan, si è aperto in Iran un acceso dibattito sulla relazione tra le gravi molestie e la legge, approvata pochi giorni prima dal Parlamento, che, recependo principi di dottrina (Amr be marouf wa nahi ani monkar - Propagare la virtù e prevenire il male), ha esteso di fatto i diritti sanzionatori a tutti i cittadini contro chi non dovesse rispettare i costumi della Repubblica islamica. Lo stesso presidente moderato, Hassan Rouhani, che sta affrontando con molte difficoltà la sfiducia al ministro della Ricerca scientifica, Reza Faraji-Dana, aveva criticato la legittimità della nuova legge. Non solo, durante le manifestazioni a Teheran, è stato brevemente arrestato l'avvocato e attivista per i diritti umani, Nasrin Sotoudeh, che aveva duramente criticato la nuova legge, sottolineando il collegamento tra gli attacchi con l'acido e la norma.
Ma i politici radicali iraniani hanno contestato ogni tentativo di stigmatizzare la nuova legge e non ritengono plausibile considerarla la causa degli episodi di Isfahan. Per esempio, l'ayatollah Marakam Shirazi ha espresso seri dubbi sulla natura degli attacchi e li ha definiti una cospirazione contro la nuova legge. Secondo Shirazi, anche in base alla norma, azioni del genere sarebbero punibili. Non solo, per l'ayatollah, l'azione sanzionatoria della società non dovrebbe mai avvenire attraverso mezzi fisici, ma «in modo cortese ed educato». Uno dei capi dei gruppi paramilitari basiji, Mohammad Reza Naghdi ha definito gli attacchi di Isfahan «sospetti», data la recente approvazione della norma. Ancora più avanti è andato l'ex ministro dell'Intelligence, Heidar Moslehi, che ha accusato degli attacchi, in perfetto stile da “Grande gioco”, l'Intelligence militare britannica. Ma non sono mancate voci moderate, che hanno invece espresso la necessità di rivedere la norma, come il direttore dell'Istituto per le Scienze umane, Sadegh Aynevand, e altri politici che hanno chiesto un inasprimento delle pene per i responsabili di attacchi con l'acido. Anche il ministro della Giustizia, Mostafa Pour Mohammadi ha condannato gli attacchi di Isfahan come un «atto terroristico».
Le responsabilità dei gruppi paramilitari
I metodi usati in questo caso specifico (gli assalitori erano a bordo di motocicli e avevano come obiettivo colpire «donne velate male») fanno pensare a uno dei tanti gruppi paramilitari, presenti in Iran. Insieme ai basiji, sono centinaia i nomi dei gruppi, i cui affiliati circolano in abiti borghesi, spesso volontari, ma che in altri casi percepiscono stipendi mensili, indirettamente legati alle forze di sicurezza e attivi soprattutto nelle università, nelle opere caritatevoli, ma in altri casi pronti, nei momenti caotici, a contenere le contestazioni. Secondo stime non ufficiali, sarebbero milioni gli iraniani che aderiscono più o meno formalmente a un gruppo paramilitare.
In particolare, secondo ricostruzioni di stampa, negli attacchi di Isfahan sarebbero stati coinvolti gli Ansar-e Hezbollah. Di recente, proprio Ansar-e Hezbollah aveva annunciato che avrebbe assoldato due mila persone che avrebbero lavorato per conto del gruppo come polizia moralizzatrice. Secondo la polizia invece, si tratta di casi isolati, perpetrati da malavitosi, quattro dei quali sono stati arrestati. Le due ipotesi non sembrano così contrastanti, il coinvolgimento di gruppi paramilitari non esclude il fatto che a perpetrare gli attacchi siano stati criminali comuni. Spesso infatti sono proprio piccoli criminali a riempire le fila dei gruppi paramilitari. E così la nuova legge è sì problematica, ma ha il pregio di smascherare l'ambiguo rapporto tra paramilitari e cittadini comuni in Iran.
I gravi attacchi di Isfahan hanno provocato una reazione senza precedenti degli iraniani. Tuttavia la norma che estende i diritti sanzionatori ai cittadini comuni contro chi non rispetta i costumi della Repubblica islamica può accrescere i poteri repressivi dei gruppi paramilitari e ostacolare ulteriormente le aperture, promesse dal presidente moderato Hassan Rouhani alla vigilia della sua elezione, in vista della fase decisiva dei colloqui per un accordo con la comunità internazionale sul programma nucleare.