Proteste in Iran: punto di non ritorno
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Spari sui manifestanti

Iran: punto di non ritorno

26 ottobre 2022

Nel 40esimo giorno dall’uccisione di Mahsa Amini, montano le proteste in tutto il paese. La polizia spara ai manifestanti arrivati al cimitero per commemorarla.

Ascolta la puntata di Globally, il nostro podcast sulla geopolitica

 

Nel 40esimo giorno dalla morte di Mahsa Amini ‘Jina’ per mano della polizia iraniana, montano le proteste nel paese nonostante la dura repressione rivendicata dal governo e messa a segno dalle forze dell’ordine. Gli agenti hanno lanciato gas lacrimogeni fuori da una scuola femminile a Teheran dove si erano verificati disordini dopo che il personale ha tentato di ispezionare i telefoni cellulari degli studenti. Il ministero dell'Istruzione afferma che diversi studenti sono stati curati dai servizi di emergenza, negando tuttavia che le forze di sicurezza fossero entrate nella scuola. Ma i video che circolano sui social media mostrano forze di sicurezza che lanciano lacrimogeni e aggrediscono studenti e genitori. La protesta, innescata dall’uccisione di Mahsa Amini per mano della polizia religiosa lo scorso 17 settembre – dopo che la giovane era stata fermata per aver indossato male il velo – dilaga ormai nelle scuole secondarie e superiori come nelle università e coinvolge ampi strati della società iraniana. Secondo le organizzazioni per i diritti umani finora la repressione ha causato 248 vittime, tra cui 33 minorenni e migliaia di arresti. A quasi un mese e mezzo dalla prima scintilla, il movimento si è trasformato in un incendio e nella principale sfida alla leadership clericale alla guida del paese da 44 anni. Intanto continuano in tutto il mondo le manifestazioni di solidarietà: due giorni fa circa 80mila persone hanno sfilato per le strade di Berlino per chiedere nuove sanzioni internazionali contro il regime iraniano e scandendo lo slogan dei manifestanti: “Donne, vita e libertà”.

 

 

 

Chi è Mahsa Amini?

A innescare un ciclo di proteste che preoccupa il regime iraniano è stata l’uccisione, lo scorso 17 settembre, a Teheran di una 22enne curda, Mahsa Amini ‘Jina’, mentre si trovava in custodia in una caserma della polizia morale che l’aveva arrestata perché indossava male il velo. L’onda di sdegno sollevata per la morte della giovane, divenuta l’emblema dell’ingiustizia quotidiana a cui tutti gli iraniani sono soggetti, è stata capace di scardinare vecchie distanze e tensioni sociali. In varie città del paese le donne si sono tolte il velo o lo hanno bruciato in pubblico gridando “morte al dittatore” in riferimento alla guida suprema Ali Khamenei. Anche a Qom, centro spirituale sciita e baluardo dell’autorevolezza morale della Repubblica islamica, i video postati sui social mostrano scene mai viste prima: giovani donne a capo scoperto che cantano slogan contro l'ayatollah Khamenei definendolo “vergogna della nazione”.

 

Picchetti davanti al cimitero?

Questa mattina una folla di centinaia di persone si è radunata al cimitero di Saqqez, nel nord-ovest dell'Iran, dove è sepolta Mahsa Amini, e dove la polizia aveva rafforzato le misure di sicurezza. Oggi cadono infatti i 40 giorni dalla morte della giovane, una data importante nel calendario funebre islamico, in cui la famiglia va a fare visita al defunto e si conclude il periodo di lutto. I video in circolazione sul web mostrano centinaia di persone dirigersi a piedi verso il cimitero e inneggiare alla caduta del regime. Altri video mostrano residenti che camminano lungo un’autostrada e attraverso un campo – nel tentativo di aggirare i blocchi stradali – per raggiungere il cimitero. “Hanno cercato di impedire alla gente di entrare nel cimitero, ma in molti sono riusciti comunque”, hanno riferito testimoni a Reuters. Secondo gli attivisti, la polizia antisommossa e i membri delle forze paramilitari Basij sono stati dispiegati a Saqqez e in altre parti della provincia del Kurdistan, in previsione di possibili nuovi disordini nel 40° giorno di lutto. Non è chiaro se i membri della famiglia Amini fossero al cimitero. Gli attivisti hanno affermato che le forze di sicurezza li avevano avvisati di non tenere una cerimonia commemorativa minacciando, in caso contrario, l’incolumità del figlio.

 

Zoomer, una generazione guida?

Le proteste che hanno travolto l'Iran non chiedono solo la fine delle regole obbligatorie sul velo. I manifestanti – guidati dalla generazione Z, cioè Zoomer, nati tra il 1997 e il 2010 – chiedono riforme, l’abolizione della polizia religiosa, libertà di espressione e di informazione. “La rabbia in Iran è montata per molti, molti anni”, spiega Zaghari-Ratcliffe attivista anglo-iraniana che ha passato sei anni nel carcere di Teheran. “Il vero obiettivo comune, quello che tiene insieme le persone che scendono per strada è la libertà. Questa è la generazione dei social media, di TikTok e di Internet. Sanno di più sul mondo e sui loro diritti. Hanno molto più coraggio di quanto ne avessimo noi”. L’uccisione di Amini, e gli sforzi delle autorità per coprire i responsabili, sono suonati fin troppo familiari a molti iraniani. Nel mese successivo alla sua morte, la frustrazione di oltre quattro decenni di discriminazione di genere, repressione, fondamentalismo e disuguaglianze economiche hanno superato le linee di classe, geografiche ed etniche esplodendo in un unico boato. “Prima di Amini, i manifestanti gridavano i nomi di figure politiche maschili – osserva Fatemeh Shamsprofessore di letteratura persiana all'Università della Pennsylvania –. Ora i nomi di due ragazze adolescenti Nika Shakarami e Sarina Esmaeilzadeh, uccise nelle proteste, sono entrate negli slogan contro il regime”.

 

Il commento

di Valeria Talbot, Co-Head ISPI MENA Centre

“Il perdurare delle proteste in Iran è sintomatico di un profondo malcontento che non riguarda solo le donne e la loro condizione, ma è l’espressione di un più ampio e diffuso malessere nel paese e della frustrazione delle nuove generazioni che non si riconoscono nel regime clericale. Sfidando la repressione, i giovani iraniani chiedono a gran voce cambiamenti, maggiori opportunità, libertà di espressione. Siamo di fronte a una transizione generazionale che inevitabilmente farà il suo corso e avrà un impatto anche a livello politico e istituzionale”. 

 

 

***

A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications.

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