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Dopo le proteste

Iran: sciopero generale

05 Dicembre 2022

In Iran i manifestanti indicono tre giorni di sciopero generale. E gli osservatori avvertono: “Anche se fosse confermata, l’abolizione del velo non fermerebbe la protesta”.

 

In Iran, dopo tre mesi di proteste di piazza qualcosa si muove, e se la notizia non è quella dell’abolizione della polizia morale – circolata ampiamente sui media ma mai annunciata dalle autorità in maniera ufficiale – il solo fatto che se ne parli ha un significato chiaro: le istituzioni iraniane sono alle strette e cercano di mostrare delle aperture ma senza impegnarsi a fare concessioni. Intanto, gli attivisti hanno indetto tre giorni di scioperi e proteste nazionali che rischiano di paralizzare il paese. Negozi e mercati in varie città sono rimasti chiusi già da oggi e il boicottaggio delle lezioni va avanti in vari atenei a soli due giorni dal 7 dicembre, quando in Iran si festeggia il ‘giorno dello studente’ e il presidente Ebrahim Raisi ha in programma un discorso in un ateneo. Gli scioperi hanno coinvolto anche autotrasportatori e alcuni lavoratori degli impianti petrolchimici di Mahshahr e delle acciaierie di Isfahan. I Guardiani della rivoluzione hanno dichiarato che le forze di sicurezza mostreranno “tolleranza zero” nei confronti di quelli che hanno definito ribelli e terroristi. Le proteste nel paese si susseguono dalla morte, il 16 settembre a Teheran, di Mahsa Amini, 22enne di origine curda morta mentre era in custodia della polizia morale perché non portava il velo in modo corretto. De allora, secondo le organizzazioni per i diritti umani, oltre 400 manifestanti sono stati uccisi e 18mila persone sono state arrestate. L’ondata di proteste innescata dall’uccisone della giovane studentessa si è rapidamente trasformata in un’ondata anti-sistema e costituisce – secondo vari osservatori – la più seria minaccia alla stabilità della Repubblica islamica da anni.

 

 

 

Solo un diversivo?

Intanto, sono diventate un caso le parole del procuratore generale Mohammad Jafar Montazeri che ha detto nel corso di un’intervista che la polizia morale “è stata abolita”. Rimbalzata in tutto il mondo come un primo segnale di apertura, la notizia non è tuttavia mai stata confermata dal governo di Teheran. “La polizia morale non ha niente a che fare con la magistratura, ed è stata abolita da chi l'ha creata”, ha detto Montazeri rispondendo a una domanda sul perché il corpo di polizia creato dall’allora presidente Mahmoud Ahmadinejad nel 2006 non si veda più per le strade. Dopo qualche ora di euforia tra i sostenitori delle proteste, sui social si sono rincorsi appelli di attivisti e di osservatori che invitavano alla calma e a non farsi ingannare dalla propaganda. E secondo alcuni la mossa sarebbe un diversivo per calmare la tensione. Come potrebbe essere un diversivo l’annuncio – sempre di Montazeri – secondo cui la normativa che prevede l’obbligatorietà del velo per le donne sarebbe in discussione. Il Parlamento e il Consiglio Supremo della rivoluzione culturale – ha detto il procuratore – stanno studiando la questione e faranno sapere i risultati nel giro di due settimane.

 

Cos’è la polizia morale?

L'Iran ha avuto varie forme di ‘polizia della moralità’ fin dalla rivoluzione islamica nel 1979. La sua ultima versione – nota formalmente come Gasht-e Ershad (Pattuglie di orientamento) – è la principale forza incaricata di far rispettare il codice di condotta islamico in vigore nel paese. È stata istituita nel 2006 dall’allora presidente Ahmadinejad per far rispettare il codice di abbigliamento che richiede anche alle donne di indossare abiti lunghi e vieta pantaloncini, jeans strappati e altri vestiti ritenuti ‘immodesti’ o non in linea con i dettami religiosi. Le sue unità, solitamente composte da più uomini e donne, utilizzano furgoni della polizia bianchi con strisce verde scuro per pattugliare le strade o parcheggiare nei punti frequentati dai pedoni o dai giovani. I suoi ufficiali pretendono di far rispettare il codice di abbigliamento che richiede alle donne di coprirsi i capelli e indossare abiti larghi. Per le violazioni, emettono avvertimenti verbali ma non mancano episodi di detenzione per le donne fermate, come accaduto a Mahsa Amini, che poi vengono mandate nei centri di “rieducazione”.

 

Too little too late?

Se venisse confermata, la fine dell’obbligo di portare il velo sarebbe un’importantissima vittoria dei manifestanti. Ma non è detto che basterebbe a fermare le proteste. “Solo perché il governo ha deciso di smantellare la polizia morale non significa che le proteste stiano finendo – ha commentato ieri una donna iraniana al programma Newshour della BBC – anche se il governo dicesse che l'hijab è una scelta personale non sarebbe sufficiente. La gente sa che l'Iran non ha futuro con questo governo al potere”. A testimoniare il cambio di ‘natura’ delle manifestazioni, trasformatesi da movimento di protesta a controrivoluzione, il fatto che dalle piazze e dalle strade, le proteste si sono progressivamente infiltrate nelle università, nei licei e nelle fabbriche, teatro di diversi scioperi. Un cambiamento che riguarda anche i protagonisti: se la rivolta era stata lanciata dalle giovani donne, a cui successivamente si erano uniti gli studenti e le studentesse, ora sembrano essere soprattutto gli uomini a prendere il centro della scena, negli scontri contro le forze dell’ordine. “Anche supponendo che alla fine la polizia morale venga abolita, è improbabile che la richiesta dei manifestanti per un cambio di regime venga soddisfatta da modifiche così minori come quelle relative all’applicazione delle pratiche religiose da parte della Repubblica islamica – dice ad ISPI Sara Bazoobandi (GIGA Institute of Middle East Studies) – Il commento del pubblico ministero ha distratto i media globali dalle tensioni in corso e dalle gravi violazioni dei diritti umani da parte del governo iraniano, senza fornire alcuna soluzione tangibile al malcontento”.

 

 

Il commento

di Pejman Abdolmhoammedi, Research Fellow, Ispi e Università Degli Studi Di Trento

Finora le autorità iraniane hanno reagito con il pugno di ferro alle manifestazioni in corso nel paese. Ma le dichiarazioni di Montazeri sulla polizia morale potrebbero rappresentare un primo tentativo di risposta politica da parte del regime. Se anche lo fosse, sarebbe abbastanza per fermare l'onda che si è sollevata? In molti ne dubitano. Perché quella in atto in Iran è una rivoluzione culturale fondata su due richieste principali: libertà e laicità. Si tratta di due domande che vanno a colpire due cardini fondamentali della Repubblica Islamica, che se le accettasse non potrebbe più esistere. è questo il dilemma di Teheran: si tratta di un sistema impermeabile ad ogni tentativo di riforma".

 

***

A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications.

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