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Daily Focus
Iran: tra due fuochi 
23 marzo 2020

L’Iran ha superato i 23mila contagi ed è, con Cina e Italia, tra i paesi più colpiti al mondo dal Covid-19, anche per il numero di vittime. La situazione è resa ancora più difficile a causa delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti e si moltiplicano gli appelli affinché vengano sospese o diminuite. 

 

La Repubblica islamica alle prese con l’epidemia di Coronavirus non accetterà gli aiuti offerti dagli Stati Uniti, di cui dubita di potersi fidare. Ad annunciarlo è la guida suprema del paese, Ali Khamenei, che in riferimento alle teorie complottiste secondo cui sarebbero proprio gli Stati Uniti ad aver diffuso il virus, ha detto: "Non so quanto queste accuse siano vere, ma chi sano di mente si fiderebbe ad accettare medicine? Magari le loro medicine sono un modo per diffondere il virus". Khamenei ha pronunciato queste parole nel suo discorso in occasione di Nowruz, il capodanno persiano, e le festività islamiche note come Isra e Miraj. A causa dell’epidemia – che ha finora causato 1.685  morti e oltre 23mila contagi nel paese, secondo il ministero della Sanità “50 nuovi contagi all’ora” – la guida suprema ha dovuto annullare il tradizionale discorso alla popolazione dal santuario dell’Imam Reza a Mashhad. Il governo di Teheran, che inizialmente aveva minimizzato la gravità della situazione, ha successivamente ordinato la chiusura di tutti i siti di pellegrinaggio per evitare assembramenti, chiuso le scuole, sospeso le preghiere del venerdì, predisposto disinfezione per le strade e nei luoghi pubblici. L’Iran, come spiega Annalisa Perteghella, è ormai il terzo paese al mondo per numero di vittime dopo la Cina e l’Italia, ma soprattutto si trova a fronteggiare l’epidemia mentre la sua economia è già in crisi a causa delle sanzioni imposte da Washington. 

 

Le sanzioni impediscono la lotta al Covid-19? 

All’inizio della scorsa settimana, l’amministrazione Trump ha imposto un ulteriore giro di vite sulle sanzioni imposte unilateralmente all’Iran dopo l’uscita degli Stati Uniti dall’Accordo sul nucleare JCPOA. Sebbene non riguardino direttamente il settore sanitario, le restrizioni hanno un peso innegabile nella lotta alla diffusione dell’epidemia. Teheran infatti non può più accedere ai mercati finanziari e dunque non riesce a rifornirsi di materiale medico dall’estero, oltre a subire un embargo petrolifero che lo priva della sua principale risorsa economica. La Repubblica Islamica riceve aiuti dalla Cina e dalla Russia, e utilizza mezzi piuttosto rudimentali per affrontare l’epidemia. 

 

 

Cifre attendibili? 

Sull’attendibilità dei numeri forniti dalle autorità sanitarie locali sono in molti ad avanzare dubbi. Il 10 marzo il New York Times ha pubblicato l’immagine satellitare di quella che, secondo il quotidiano, è una fossa comune scavata nei pressi della città santa di Qom. Pochi giorni dopo, Rick Brennan, direttore dell’ufficio regionale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), ha confermato che il numero di casi riportati dalle fonti ufficiali di Teheran “potrebbe essere soltanto  un quinto di quelli reali”. Tra i problemi riscontrati nella lotta al Covid-19 c’è infatti la carenza di test e la possibilità di effettuarli solo su pazienti che già presentano sintomi evidenti. 

 

 

Se i lavori del Parlamento di Teheran sono stati interrotti fino a nuovo ordine e scuole e università sono ferme, non ci sono ‘zone rosse’, né sono stati imposti obblighi di quarantena, e molti cittadini ignorano gli inviti a stare a casa. Per far fronte all’emergenza nelle carceri, già sovraffollate e con condizioni igieniche compromesse, il governo ha deciso il rilascio temporaneo di 85.000 detenuti, tra cui alcuni prigionieri politici. 

 

 

Un appello inconsueto? 

Con un gesto inconsueto, una lettera aperta, il presidente iraniano Hassan Rouhani ha rivolto un appello direttamente al popolo americano: “Anche voi come come altri nel mondo, state affrontando questa pandemia distruttiva e sperimentando l'amarezza di una preoccupazione per il futuro e quello dei vostri cari. Sappiamo che la guerra contro questo virus può avere successo solo se tutte le nazioni possono vincerla e nessuna nazione colpita verrà lasciata indietro”. E ancora: “In nome della giustizia e dell'umanità, mi rivolgo alla vostra coscienza e alle anime divine, e vi invito a fare in modo che la vostra Amministrazione e Congresso vedano che il percorso delle sanzioni e delle pressioni non ha mai avuto successo e non lo sarà mai in futuro. Sono il discorso umano e l'azione che producono risultati”. 

 

Un aiuto dall’Fmi? 

Intanto si moltiplicano gli appelli internazionali per chiedere a Washington di bloccare o ridurre le sanzioni durante il periodo di pandemia. Cina, Russia, Pakistan e altri paesi hanno sottolineato come esse siano “contrarie allo spirito umanitario e di ostacolo agli aiuti internazionali”, mentre la Russia ha puntato il dito contro il tentativo di far prevalere ragioni geopolitiche ad emergenze sanitarie. Ma la speranza di una ‘tregua umanitaria’ nel muro contro muro tra Washington e gli Ayatollah è naufragata sotto le dichiarazioni di Mike Pompeo: “Il virus di Wuhan è un killer e il regime iraniano è il suo complice” – ha detto il segretario di Stato americano secondo cui la leadership iraniana sta cercando “di evitare responsabilità per la sua grave, incompetente e mortale gestione del virus. Il popolo iraniano soffre questo tipo di bugie da 41 anni”.  

 

Per cercare di far fronte all’emergenza, con un gesto senza precedenti il governo di Teheran ha presentato richiesta di un prestito di 5 miliardi di dollari al Fondo monetario internazionale (Fmi). Di certo aiuterebbe a fronteggiare la situazione per un po’ ma non è chiaro se lo otterrà: gli Stati Uniti potrebbero usare il proprio potere di veto sul board del Fondo per bloccare ogni stanziamento verso Teheran.  

 

 

Il commento 

di Annalisa Perteghella, Research fellow Iran Desk ISPI 

 

“Il momento che viviamo è straordinario e straordinarie devono essere le risposte: adesso è il momento di riprendere il dialogo con l’Iran, partendo proprio dalla cooperazione nella gestione dell’emergenza. L’Unione Europea ha approvato un pacchetto di aiuti da 20 milioni di euro, ma non saranno sufficienti.

 

È necessario che l’Europa continui a fare pressioni diplomatiche sugli Usa perché questi sospendano le sanzioni. L’alternativa non è, come crede Washington, il crollo della Repubblica islamica. Bensì una virata ancora più decisa verso Cina e Russia, già accorse in aiuto di Teheran, e un ulteriore peggioramento delle condizioni della popolazione iraniana”.  

 

 

  * * *

A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus:  Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications)

 

 

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