Sabato 1 febbraio, il presidente iracheno Barham Salih ha designato Muhammad Tawfiq Allawi nuovo primo ministro del paese. La nomina pone fine ad un lungo periodo di vuoto istituzionale in Iraq, causato dalle dimissioni lo scorso novembre del premier Adel Abdul Mahdi a fronte delle proteste che da ottobre infiammano il paese. Allawi avrà 30 giorni di tempo per formare un esecutivo in grado di condurre il paese verso un nuovo processo elettorale.
Nato nel 1954, Allawi ha studiato in Libano e successivamente in Inghilterra, ritornando in Iraq nel 2003, subito dopo la caduta del regime di Saddam Hussein, dove ha intrapreso la carriera politica. Tra il 2006-2007 e il 2010-2012 ha ricoperto il ruolo di ministro delle Comunicazioni, ma entrambe le esperienze al governo si sono concluse con le dimissioni in segno di protesta contro le politiche di censura e l’accentramento di potere da parte dell’allora premier sciita Nouri al-Maliki. Nelle sue prime dichiarazioni dopo l’accettazione della nomina, rese note in un video sul suo profilo Twitter, Allawi ha reso omaggio ai cittadini iracheni che da mesi sono scesi in piazza: “Senza il vostro coraggio e sacrificio, non ci sarebbe stato alcun cambiamento nel paese”. Egli ha inoltre preannunciato elezioni anticipate “libere ed eque”, chiedendo il proseguimento delle proteste e promettendo di porre le richieste dei manifestanti al centro del suo programma politico, così come di fare giustizia per i manifestanti uccisi durante i movimenti di protesta.
La scelta di Allawi rispetta la consuetudine emersa a partire dal 2005 secondo cui l’incarico di primo ministro è attribuito ad un rappresentante della comunità sciita, quella maggioritaria nel paese, mentre il capo dello stato e il presidente del parlamento sono affidate rispettivamente ad un curdo e un sunnita. Nonostante l’atteggiamento rassicurante e la propensione del nuovo primo ministro ad accettare la sfida, la formazione del prossimo esecutivo si preannuncia però estremamente complicata. Non è chiaro, infatti, quanto la nomina di una figura presentata da molti come indipendente, ma non nuova alla politica irachena, possa effettivamente imprimere una svolta al farraginoso meccanismo decisionale del paese, come dimostra il lungo periodo “di gestazione” che ha richiesto l’investitura di Allawi.
Sin dai primi rumors circa il suo nuovo incarico, segnali di dissenso e disapprovazione sono arrivati dai principali centri della protesta. In Piazza Tahrir a Baghdad, uno dei luoghi simbolo della mobilitazione, centinaia di migliaia di persone hanno più volte intonato il coro “Mohammad Allawi, respinto!” mentre a Nassiriya, città a maggioranza sciita nel sud del paese, i manifestanti hanno rilasciato una dichiarazione ufficiale in cui bollano la scelta di Allawi come frutto del sistema di quote settarie (noto come muhasasa) che regola il funzionamento del sistema politico iracheno, e di cui invece chiedono la completa abolizione.
Oltre allo sfavore di buona parte del movimento di protesta, la formazione del gabinetto di Allawi è ulteriormente complicata dalla mancanza di un forte sostegno politico in seno al parlamento iracheno. Similmente a quanto accaduto per il predecessore Mahdi, anche Allawi infatti risulta estraneo ai principali blocchi partitici che compongono il Consiglio dei Rappresentanti, condizione che potrebbe così precludergli il pieno supporto di tutte le parti politiche. Nonostante l’appoggio riconosciutogli dalla maggior parte dei partiti alla sua candidatura, non per ultimo quello di Moqtada al-Sadr (che ad oggi guida il partito di maggioranza in parlamento), la volontà del nuovo premier di porre un veto alla nomina di candidati selezionati dai partiti per ricoprire le cariche ministeriali rappresenterà sicuramente un forte ostacolo. Ignorare le richieste dei partiti, in un contesto politico in cui per 17 anni la definizione di ogni esecutivo è stata caratterizzata dalla spartizione delle nomine ministeriali tra i diversi blocchi del parlamento, getta infatti ombre sulla effettiva capacità di un governo indipendente di portare a termine la propria ambiziosa agenda una volta che questa dovrà essere discussa in parlamento, così come di sopportare le pressioni provenienti dai vari gruppi armati iracheni, spesso solo formalmente sotto il controllo del governo (soprattutto quelli legati all’Iran).
Sul piano internazionale, il nuovo primo ministro avrà il difficile compito di preservare gli interessi nazionali nel contesto dell’accesa rivalità tra Iran e Stati Uniti, cercando di mantenere nel contempo buoni rapporti con entrambi questi attori, soprattutto alla luce dei legami strategici che intercorrono sul piano economico e militare. Oltre a dipendere dall’Iran per oltre un quarto del proprio fabbisogno di energia elettrica (7 GW su un totale di circa 26,5 GW), l’Iraq non può fare a meno del sostegno militare di Washington per combattere il terrorismo e impedire una risurrezione dello Stato Islamico, ad oggi tutt’altro che impossibile. Da Teheran, comunque, è prontamente arrivato l’endorsement ufficiale ad Allawi tramite il portavoce del ministero degli Esteri Abbas Mousavi, mentre in una nota del 1 febbraio, l’ambasciata americana a Baghdad fa sapere che gli Stati Uniti sono pronti “a collaborare con il nuovo governo per favorire la stabilità, la prosperità e la sovranità dell’Iraq”, chiarendo però che “la designazione di Allawi dev’essere accompagnata dalla creazione di un governo onesto e indipendente che soddisfi le richieste dei cittadini”.
In definitiva, la nomina di Allawi a primo ministro rappresenta soltanto il primo passo di un più lunga processo per liberare l’Iraq dalla situazione d’impasse politica in cui versa da mesi. In una simile prospettiva, cruciale per la prossima fase sarà la formazione di un esecutivo che riesca a guadagnare l’approvazione del parlamento e, al contempo, in grado di soddisfare le richieste dalle piazze almeno fino allo svolgimento delle elezioni parlamentari anticipate. Un risultato, questo, tutt’altro che scontato, viste la reazione dei manifestanti e la precaria posizione politica del nuovo premier, simile a quella del suo predecessore.