Ci diamo un taglio?
Manca una turbina: secondo Gazprom è questo il motivo dietro al taglio del 40% delle forniture alla Germania attraverso il gasdotto Nord Stream. Insomma, sarebbero difficoltà tecniche nella stazione di Portovaya e non ragioni politiche a spiegare la riduzione dei flussi. Il Ministro dell’economia tedesco Habeck è invece netto: si tratta di una questione politica.
Nel frattempo, alla borsa di Amsterdam il prezzo del gas torna a superare i 120 €/MWh. E il taglio, improvviso (Gazprom ha avvertito con un messaggio su Telegram...), arriva in un momento già molto complicato per i mercati del gas europei.
Martedì nero
La Germania è di gran lunga il primo importatore europeo di gas: il 25% del gas importato dall’UE è consumato dal Paese. L’annunciata riduzione dei flussi da Nord Stream corrisponde a un taglio di quasi un terzo delle forniture tedesche: 25 miliardi di metri cubi l’anno, un’enormità al momento impossibile da reperire sui mercati.
Soprattutto dopo che settimana scorsa è esploso il maggior impianto di liquefazione degli Stati Uniti, che inviava in Europa circa il 20% di tutto il GNL americano, complicando una situazione già difficile. Già, perché le forniture dalla Norvegia sono quasi ai massimi consentiti dai gasdotti. Nel Regno Unito, letteralmente inondato di GNL, i connettori verso il continente europeo lavorano già a pieno regime. E intanto i francesi hanno dovuto spegnere metà delle loro centrali nucleari, e dunque quest’estate Parigi avrà bisogno di molto più gas del previsto.
Tiro alla fune
Per le cancellerie occidentali, la domanda rimane la stessa: quali sono gli obiettivi del Cremlino? Un’ulteriore forte riduzione delle forniture aiuterebbe Mosca solo a fronte di un aumento più che proporzionale dei prezzi in Europa, che per ora non si è materializzato. Anzi, tra marzo e giugno le entrate di Gazprom si sono più che dimezzate (da 435 a 180 milioni di euro al giorno).
Ma quello del Cremlino potrebbe essere un segnale: vi aspettiamo a settembre, con gli stoccaggi semivuoti. Anche così si spiega la frenesia europea: von der Leyen firma oggi un accordo con Israele e Egitto per fornitura “stabile” di gas, Di Maio e Descalzi (Eni) vanno in Africa, la Germania che bussa al Qatar.
Insomma, mentre il Cremlino vuole giocare la partita ora, in posizione di forza, l’Europa temporeggia. Basteranno soluzioni di medio-lungo periodo?