Mutti blues
“Angela, ci manchi”, hanno fatto sapere gli elettori a Merkel, impegnata in uno stoico (quanto spento) tour de force pre-elettorale al fianco di Armin Laschet, candidato cancelliere per la CDU. “Salvate il soldato Laschet” è l’imperativo di queste ore, mentre i socialdemocratici cercano di imporre il loro candidato, Olaf Scholz, come unico vero erede di Merkel.
La situazione per la CDU sembra disperata: dal 40% sfiorato ad aprile, nei sondaggi è sprofondata al minimo storico (22%). Ma le vicissitudini elettorali dei singoli partiti nascondono una verità neanche troppo scomoda: per la Germania, queste sono le elezioni della continuità.
Wirtschaftswunder
Non è un caso se in queste ore si parli molto, nel dibattito sull’eredità di Merkel, del “secondo miracolo economico” tedesco. Dal 2005 la Germania ha attraversato la grande recessione, la crisi dell’euro e il tracollo pandemico, eppure il reddito pro capite dei tedeschi è oggi di quasi il 20% superiore.
Un successo della cancelliera, ma frutto anche della continuità con le scelte economiche del passato: da Kohl (CDU), che ha traghettato la Germania nell’euro (più svalutato rispetto al marco e dunque volano per l’export), a Schröder (SPD), padrino delle riforme del mercato del lavoro.
Certo, la pandemia è stata un punto di svolta. Da “falco” dei conti pubblici, Berlino è diventata “colomba”, acconsentendo a sospendere il Patto di stabilità e, poi, a lanciare un Next Generation EU che tra le sue pieghe nasconde un trasferimento netto da 70 miliardi dalla Germania agli altri paesi dell’UE. Ma durerà?
Le stelle si riallineano
Quel che sembra chiaro è che, dopo il voto, ci vorranno mesi di negoziati per formare un nuovo governo. E che la Germania che ne uscirà, per quanto influente, avrà un cancelliere che dovrà riguadagnare lustro e rispettabilità.
Non a caso von der Leyen, tedesca ancor prima che presidente della Commissione, guarda ora alla Francia di Macron. Citandola esplicitamente quando annuncia un vertice sulla Difesa a inizio 2022. E schierandosi con Parigi nella disputa su Aukus, mentre altri governi Ue osservano con freddezza.
E Ursula sa bene che, per gestire la transizione post-Merkel, avrà bisogno dell’apporto cruciale di Roma. Perché anche Parigi va al voto, a inizio 2022. E la Francia che arriva alle urne è ben più divisa, pronta a dar battaglia all’Europa.