Accordi discordanti
Un’intensa attività diplomatica sta interessando Kosovo e Serbia, in cerca di un nuovo accordo per la normalizzazione dei rapporti. Il rappresentante speciale Ue per il dialogo tra Belgrado e Pristina, Miroslav Lajcak, ha incontrato il premier kosovaro Albin Kurti e il presidente serbo Aleksandar Vucic nell’ambito di negoziati che coinvolgono anche il rappresentante speciale USA e delegazioni francese, tedesca e italiana. Il quintetto occidentale sta promuovendo la cosiddetta proposta franco-tedesca, ovvero un accordo (non reso pubblico) per la normalizzazione dei rapporti tra Pristina e Belgrado.
Secondo alcune indiscrezioni, pur senza un riconoscimento ufficiale serbo della sua ormai ex provincia, le due parti accetterebbero l’altrui integrità territoriale e si scambierebbero missioni permanenti. La Serbia smetterebbe di ostacolare l’ingresso del Kosovo nelle Nazioni Unite, e chiederebbe la creazione della Associazione dei comuni a maggioranza serba in Kosovo, prevista dagli accordi di Bruxelles del 2013, ma mai realizzata.
Ultimatum europeo?
In cambio, la Serbia otterrebbe un canale preferenziale nel processo di integrazione nell’Ue, iniziato più di dieci anni fa e rallentato anche dall’instabilità generata dalla questione del Kosovo.
In conferenza stampa il presidente Vucic ha detto che un muro contro muro potrebbe avere gravi ricadute per la Serbia, presentando il piano come un “ultimatum”. Più che sui contenuti della proposta, Vucic si è infatti concentrato su quali sarebbero le conseguenze qualora Belgrado non fosse disposta ad accettare la proposta di accordo: interruzione del processo di integrazione, ritiro di tutti gli investitori occidentali e isolamento politico del paese. Sebbene l’abbia presentato come ricatto, Vucic sa bene che il suo paese non può rinunciare all’Ue, principale investitore e partner commerciale di Belgrado: il 63% degli investimenti diretti stranieri provengono da paesi dell’Unione.
Maneggiare con cura
Per quanto la Serbia sia economicamente legata all’Ue, il suo principale alleato politico è la Russia. Un’ambivalenza di politica estera indigesta all’Occidente. Unico paese europeo con la Bielorussia a non aver sanzionato Mosca, la Serbia ha sempre contato sul sostegno russo per ostacolare il processo di indipendenza del Kosovo.
Ed è per questo che le tensioni tra Belgrado e Pristina preoccupano l’Occidente: per quanto la Russia non sia direttamente coinvolta, è il principale beneficiario delle tensioni balcaniche. Una preoccupazione che spiega la fretta europea di vedere siglati con un accordo gli sforzi per una definitiva normalizzazione dei rapporti tra i due paesi.
Tra economia e politica, anche i Balcani sono destinati a rimanere un fronte di instabilità in Europa?