Clima elettorale
Non sempre le elezioni in un paese di 4 milioni di abitanti meritano l’attenzione del mondo. Così sarebbe potuto essere anche per la Norvegia, dove oggi si vota per il rinnovo del Parlamento. Stavolta, però, di motivi ce ne sono almeno due.
In primis perché la politica norvegese ha alcune interessanti analogie con quella tedesca, dove si vota tra poco più di dieci giorni. E poi perché proprio dalla Norvegia, uno dei maggiori esportatori di petrolio del mondo, arrivano segnali di “resistenza” popolare alla transizione verde.
Donne e petrolio
Da stasera, una leader conservatrice che ha governato un paese europeo per anni potrebbe dover lasciare l’incarico. No, non Angela Merkel, pronta all’annunciato “pensionamento” dopo 16 anni al potere. Ma Erna Solberg, premier della Norvegia dal 2013 e leader del Partito conservatore dal 2004, l’anno prima che Merkel diventasse cancelliera. Anche a Oslo, inoltre, le sorti della “donna al comando” sembrano destinate a scontrarsi contro una muraglia “rossa”: i socialisti in Germania, i laburisti in Norvegia.
Le analogie però finiscono qui: la Norvegia è un petro-stato, in cui il settore oil rappresenta il 60% delle esportazioni e foraggia il più grande fondo sovrano al mondo (1.300 miliardi di dollari). E i cittadini lo sanno, tanto che se qualche mese fa in Germania i Verdi erano temporaneamente diventati primo partito, gli omologhi norvegesi (tra i pochi favorevoli allo stop alle trivelle) languono al 4%.
Da Oslo a Bruxelles
Il disinteresse dei norvegesi per la lotta al cambiamento climatico sembra in contrasto con le tendenze del resto del continente. Solo a luglio la Commissione europea ha presentato “Fit for 55”, il programma per accelerare il taglio delle emissioni già entro il 2030.
A ben guardare, invece, le rimostranze contro una transizione “troppo veloce” potrebbero moltiplicarsi anche sul continente. Già nella "verdissima” Germania, dove nel dibattito elettorale persino il socialista Scholz ha preso le distanze dall’“ambientalismo ingenuo” (parole sue). E nel resto d’Europa, dove i prezzi di gas ed elettricità sono ai massimi da anni e l’arrivo del freddo non potrà che farli aumentare. Così, proprio mentre COP si avvicina, un autunno caldo sembra alle porte.