Round 7 o round 1?
Dopo cinque mesi di pausa, sono ripresi oggi a Vienna i negoziati sull'accordo nucleare iraniano.
Cinque mesi in cui l’Iran è passato dalla presidenza moderata di Rouhani a quella del conservatore Raisi. E così il round di questi giorni potrebbe sancire un sostanziale reset nelle trattative, disattendendo le speranze americane ed europee di riprendere i colloqui da dove si erano interrotti.
La nuova squadra di negoziatori iraniani ha infatti alzato l’asticella delle richieste: non solo l'immediata revoca di tutte le sanzioni, ma anche la garanzia che nessun futuro presidente USA abbandonerà di nuovo l'accordo, come fatto da Trump. E, “a supporto” di queste richieste, Teheran ha annunciato nuovi progressi del suo programma nucleare.
With a little help of my friend
Nel giro di un mese, l’Iran potrebbe aver accumulato abbastanza uranio arricchito per costruire la sua prima bomba atomica. E neanche la crisi economica peggiore dagli anni Cinquanta sembra intaccare la tabella di marcia.
Certo, i 50 miliardi di dollari (circa 1/4 del PIL del paese) che l’Iran incamererebbe ogni anno dalla rimozione delle sanzioni sull’export di petrolio fanno gola a Teheran. Da anni, tuttavia, Teheran trova una sponda nella Cina. Che importando sempre più greggio dall’Iran, ne sta lentamente riportando la produzione ai livelli pre-sanzioni, “spuntando” un’arma negoziale fondamentale per Washington.
Accordo USA e getta?
Come se non bastasse, gli Stati Uniti devono stringere i tempi: i progressi sul nucleare iraniano saranno presto così avanzati da non poter essere invertiti da un nuovo accordo. Restano quindi sul tavolo tutte le opzioni, dalla interruzione delle trattive alla rimozione delle sanzioni.
Complici anche i rapporti freddi con Pechino e Mosca, gli USA, nonostante il sostegno degli alleati UE, sono più soli nelle trattative con l’Iran rispetto al 2015. Trattative che si preannunciano lunghe e difficili.
Dopo l'Afghanistan, la sensazione è che Biden abbia molto da perdere e poco da guadagnare da queste trattative. E dire che la politica estera avrebbe dovuto essere il "cornerstone" della nuova presidenza...