Andamento lento
Il mondo frena, ma non tutto allo stesso modo. Nel suo ultimo rapporto, la Banca Mondiale prevede una nuova fase di rallentamento dell’economia globale. Sul banco degli imputati, i soliti sospetti: la rapidissima diffusione della variante Omicron (3 milioni di casi al giorno, quattro volte i massimi da inizio pandemia) e prezzi di beni e materie prime alle stelle.
Ma a soffrire di più rischiano di essere ancora una volta i paesi meno ricchi. Che affrontano povertà e disuguaglianze in crescita senza grandi margini di manovra a livello di finanze pubbliche. La crisi è dietro l’angolo?
Diseguali si resta
Per i paesi emergenti, il rallentamento è un fatto. Secondo la Banca mondiale, nel 2023 il loro PIL sarà in media ancora del 6% più basso rispetto al trend pre-pandemia. Non solo: potrebbero non recuperare mai più il terreno perduto. E così è sempre più concreto il rischio che cresca il numero di persone che vivono in estrema povertà, già nel 2020 aumentato di 150 milioni (la prima inversione di rotta in 30 anni).
Un colpo che si somma alle perdite di PIL attese più in là nel tempo. In Uganda si torna in classe solo in questi giorni, dopo due anni di chiusure causa Covid. Ovunque nel mondo milioni di bambini e giovani hanno abbandonato la scuola per dedicarsi al lavoro. Secondo l’Unesco i danni sono già enormi: meno 17.000 miliardi di dollari, il 14% del PIL mondiale.
Tra due “spread”
Intanto, pur rallentando a causa di Omicron, l’Europa cresce più degli altri (il primo “spread”). Anche per questo, insieme agli Usa registra un’inflazione molto elevata. Così si moltiplicano le voci di chi chiede alla Bce di allinearsi alla Fed americana, accelerando sul rialzo dei tassi.
A perderci sarebbero i paesi più indebitati d’Europa, Italia inclusa, ai quali l’inflazione fa gioco (riduce il peso del debito) e che grazie ai tassi bassi tengono a bada un altro “spread”, quello sui loro interessi sul debito.
Ma ci perderebbe anche il resto del mondo, perché tassi più alti in Europa rischiano di far rientrare nel continente molti capitali esteri dai paesi emergenti. Il cocktail perfetto per una crisi finanziaria. O, magari, per una presa di coscienza collettiva che il momento di agire per evitare danni peggiori è adesso.