Russia (dis)unita
Tra domani e domenica i cittadini russi sono chiamati a rinnovare la Duma, la camera bassa del parlamento. Un passaggio che potrebbe apparire scontato, se si pensa che l’anno scorso la modifica della costituzione (che permetterà a Putin di restare al potere potenzialmente fino al 2036, più di Stalin) è passata con il 79% dei consensi.
Ma il voto arriva in un momento di grande incertezza per Mosca: nel bel mezzo della peggior crisi sanitaria da inizio pandemia e a un anno dall’affaire Navalny, il calo di consensi per Russia Unita (il partito di Putin) sembra evidente.
Bersaglio di comodo
Con solo un terzo di russi vaccinati a oggi, la pandemia continua a colpire duro. Negli ultimi due mesi, Covid “versione Delta” ha ucciso 60.000 persone: quasi un terzo del totale da inizio emergenza. E persino Putin dovrà trascorrere le giornate elettorali in isolamento, dopo che alcuni dei suoi collaboratori sono stati contagiati.
Non solo: dal 2014 i redditi reali dei russi si sono ridotti dell’11%, e oggi il 14% della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Nel frattempo, l’inflazione elevata (quasi 7% ad agosto) continua a erodere il potere d’acquisto.
Ecco perché Russia Unita continua a perdere consensi. Pur rimanendo primo partito, i sondaggi lo danno in forte calo, dal 54% del 2016 al 25-30% oggi, con la “complicità” del Cremlino: meglio lasciare che le colpe ricadano sul partito e i funzionari locali, piuttosto che intaccare la popolarità del presidente.
Putin non si tocca
Popolarità di Putin che, in effetti, rimane alta: ad agosto il 61% dei russi si schierava con lui. Segnale che in sella resta un leader forte, abile a gestire il consenso (con il suo mix di avventurismo estero e repressione interna). Ma comunque in calo rispetto a tre anni fa, quando il tasso di approvazione superava l’80%. Nel “dopo Navalny”, poi, il rischio di proteste di piazza è sempre dietro l’angolo.
E l’Europa? Osserva da spettatore interessato, temendo che se Putin dovesse sentirsi “accerchiato” tornerebbe a giocarsi la carta della maggiore assertività in politica estera. Con la crisi ucraina ancora aperta e la centralità del gas russo nei consumi europei, c’è da scommettere che anche in Ue c’è chi fa il tifo per il presidente.