Il prezzo della dipendenza
Un miliardo di euro al giorno. Questo è quanto la Russia ha ricevuto oggi dall’Unione Europea in cambio delle sue esportazioni di gas naturale. Se da una parte si sta cercando di colpire in tutti i modi l’economia russa a suon di sanzioni, dall’altra la si continua a foraggiare pur di non andare incontro a una crisi energetica.
Negli ultimi giorni i flussi di gas in entrata sono persino aumentati del 18%, anche se restano il 19% inferiori allo stesso periodo del 2021. Un paradosso a cui gli Stati Uniti vorrebbero porre fine imponendo un blocco alle importazioni di petrolio e gas russo. Ma l’Europa, come oggi ribadito da Scholz, rimane contraria. Non a torto.
Sanzioni col portafoglio degli altri
Un blocco alle importazioni di petrolio russo non impatterebbe allo stesso modo Stati Uniti e Unione Europea. Se infatti la quota rappresentata dalla Russia sul totale delle importazioni di petrolio degli USA è inferiore al 5%, questa stessa percentuale è pari al 27% per l’UE.
Trattandosi però di un mercato globale ed essendo la Russia il terzo produttore di greggio al mondo, anche i cittadini americani dovrebbero affrontare conseguenti costi maggiorati alla pompa di benzina esattamente come quelli europei. Diverso è il discorso per il gas dove l’Europa è sempre ben più dipendente dalla Russia rispetto agli USA, ma il mercato è regionale. E quindi anche l’incremento di prezzi in caso di blocco dell’import.
Coal is cool
Domani la Commissione presenterà un piano in 10 punti per ridurre la dipendenza del blocco dai combustibili fossili russi. Ma intanto alcuni paesi membri sembrano già aver individuato una propria soluzione: il ritorno del carbone al centro dei loro mix energetici, nonostante sia il combustibile fossile più inquinante. Troppo attrattivi il suo costo, attualmente minore di quello del gas, e la facilità con cui le centrali elettriche possono convertirsi al suo utilizzo.
In Italia, Draghi ha così suggerito la possibile riapertura di centrali elettriche a carbone. E anche nella Germania dove i Verdi sono uno dei pilastri del governo, la fine alla combustione del carbone attualmente prevista per il 2030 potrebbe essere messa in pausa per qualche anno.
Di fronte alla guerra anche il riscaldamento globale si fermerà?