Non c’è due senza tre
Ieri la Commissione Ue ha presentato un nuovo pacchetto di misure per facilitare la migrazione legale. La proposta arriva durante la crisi migratoria più grande dai tempi della Seconda guerra mondiale: 5,4 milioni di persone hanno lasciato l’Ucraina nel giro di due mesi, oltre cinque volte il numero di chi ha raggiunto l’Europa nel corso della “crisi dei rifugiati” del 2015-2016.
Certo, una nuova proposta era nell’aria già da tempo. La prima, snobbata dai governi, era arrivata già nel 2015. Una seconda è giunta nel 2020, quando la Commissione ha presentato il Nuovo patto sulla migrazione e l’asilo, incontrando nuovamente diffidenze e sospetti tra i governi nazionali. Adesso, sull’onda emotiva della crisi, l’Ue ci riprova.
Andate... e ritorni?
Dei 5,4 milioni di profughi che hanno lasciato l’Ucraina, la maggioranza sono donne (50%) e minori (38%). Persone vulnerabili, traumatizzate e bisognose di aiuto. E geograficamente molto concentrate: proprio oggi la Polonia ha superato i 3 milioni di arrivi sul suo territorio.
Ma l’imprevedibile evoluzione (e la vicinanza) di questo conflitto rende il quadro mutevole. Secondo l’Agenzia Onu dei rifugiati, almeno 1,2 milioni dei neoarrivati sarebbero già rientrati in Ucraina. E, oltre alle persone ospitate dagli stati confinanti, quasi un milione si sarebbe già spostato verso altri Paesi Ue, approfittando della protezione temporanea attivata per la prima volta dai governi: tra questi 350.000 in Germania e oltre 100.000 in Italia.
Quando la marea si ritira
Mentre la Commissione ritiene che sia il momento giusto per “cogliere la palla al balzo”, per esempio semplificando le procedure per ottenere permessi di lavoro, non è detto che i governi la pensino allo stesso modo. Già oggi i paesi Ue sono reticenti a sborsare i soldi necessari all'accoglienza dei profughi ucraini. A Roma il governo ha stanziato 610 milioni di euro per rispondere alla crisi, ma i profughi presenti in Italia non hanno ancora ricevuto neppure una prima “rata”, e gli aiuti italiani dureranno un massimo di tre mesi.
Nel frattempo, gli sbarchi in Italia proseguono ai livelli più alti dal 2016, e proprio il conflitto ucraino rischia di complicare ulteriormente le prospettive economiche di chi vive in Paesi di origine e transito, in Africa e Medio Oriente.
L’ondata della solidarietà è stata travolgente. Rischia di esserlo anche la risacca?