Quinto round?
Ieri in Ue si è (ri)cominciato a parlare di sanzioni. Formalmente, la ragione è l’innalzamento del livello della violenza impiegata da Mosca nel corso dell’invasione. Ma politicamente l’obiettivo è quello di non arrivare ai vertici di fine settimana (Consiglio europeo, NATO e G7) a mani vuote.
Questa volta il settore preso di mira sarebbe quello energetico, che però divide i paesi Ue. C’è chi vorrebbe seguire l’esempio Usa e “attaccare il Cremlino dove fa più male” (paesi nordici) e chi vorrebbe evitare di colpire un settore scomodo (Germania).
Intanto la guerra, le sanzioni e il pericolo di perderci la faccia stanno spingendo molte aziende occidentali a lasciare il paese. Ma non tutte.
La grande fuga
Secondo Yale, su 467 imprese censite, tre quarti hanno deciso di cessare almeno temporaneamente la propria attività in Russia. Ma dietro questa apparente unità di intenti già si cela una prima crepa: se il 35% delle aziende ha annunciato un vero e proprio ritiro dal paese, il 40% ha invece deciso di sospendere le operazioni. Lasciando aperta la possibilità di riprenderle quando le acque si saranno calmate.
Tra chi (per il momento) ha deciso di restare ci sono imprese come Renault, che in Russia dà lavoro a 40.000 persone. È chiaro che chi ha molti “asset fisici” faccia più fatica a svincolarsi. Ma ci sono anche banche, come Credit Suisse, Sociéte Générale e Unicredit, che hanno un’esposizione complessiva con la Russia di almeno 60 miliardi di dollari.
Tra il dire e il fare
Nel frattempo, i governi valutano anche l’efficacia delle misure prese sinora. Il rublo, che era crollato del 50% il 7 marzo, ha recuperato parte del terreno perduto e ora si assesta sul –30%.
Uno dei motivi è che Mosca continua a esportare energia, e ha dunque una fonte di valuta estera malgrado il congelamento di oltre la metà delle riserve della banca centrale. In teoria anche dollari ed euro “in entrata” sarebbero oggetto di sanzioni, ma se si passa per intermediari terzi (per esempio, banche cinesi) diventa facile perdere traccia della natura “russa” delle transazioni.
Washington e Bruxelles sanno di avere un problema. La Russia è il paese più sanzionato al mondo, vero. Ma non da tutto il mondo.