Vedo e rilancio
Mentre il Cremlino annuncia che domani effettuerà lanci di missili balistici e da crociera, in un’esercitazione delle sue “forze strategiche”, oggi Biden sentirà i leader di 6 alleati Nato (Italia inclusa) per coordinare la loro azione nei confronti di Mosca. Com’è accaduto spesso nelle ultime settimane, Washington sembra impegnata a tutto campo per scongiurare un’invasione: un attivismo che, benché atteso, ha assunto forme lontane dal riserbo tipico in altre situazioni di crisi. Anzi, spesso in questi mesi è stata proprio la Casa Bianca ad alzare la posta.
D’altronde per Biden la crisi tra Russia e Ucraina è un’occasione di riscatto, e il presidente lo sa benissimo. Non solo perché ha gli occhi del mondo addosso, ma anche perché la prossima scadenza elettorale – le elezioni di mid-term – è sempre più vicina.
Leading, from behind?
Dopo il caotico ritiro dall’Afghanistan di agosto, portato avanti con scarsissimo coordinamento con gli alleati e giudicato un fallimento dal 69% degli americani, Biden vuole risollevare la sua reputazione in America e oltre. Certo, i paragoni con il ritiro si fermano qui: in Afghanistan, Biden aveva la necessità di rispettare la tabella di marcia promessa ai suoi elettori. Oggi invece l’obiettivo è quello di impedire l’inizio di una guerra, non di terminarne una.
Forse anche per questo, Biden sembra aver voltato pagina. Da novembre, grazie a più di 300 "impegni diplomatici" con partner e alleati, sulla gestione della crisi l’amministrazione è riuscita a imporre ai paesi europei una linea comune (o quasi: resta fuori solo Orban). Una linea, quel che più conta, condivisa anche da parte degli alleati più titubanti, come la Germania di Scholz.
Con la testa a novembre
Se Biden sembra essere riuscito a convincere alleati riottosi, lo stesso non si può certo dire per la “pancia” degli americani. Da dicembre non ha recuperato neppure un punto di consenso: anzi, ne ha persi. Inevitabile, se si pensa che i prezzi (+7,5% l’inflazione negli ultimi dodici mesi) continuano a crescere più dei salari. E può anche essere che scongiurare una guerra “paghi” meno, in termini di visibilità, che uscire indecorosamente da un’altra.
Senza contare i problemi di un Congresso già diviso, e nel quale i repubblicani hanno tutto l’interesse a remare contro. Tanto che sulle sanzioni a Mosca minacciate da Washington in caso di invasione i deputati Usa non sono ancora stati in grado neppure di concordare un testo comune.
Una minaccia spuntata. La speranza è che Putin non se ne accorga.