Per un pugno di voti
Ieri si sono tenute le elezioni generali in Svezia. Malgrado i socialdemocratici, al governo da otto anni, si siano riconfermati primo partito, l'opposizione avrebbe ottenuto 176 dei 349 seggi in palio. Appena tre in più rispetto ai sostenitori del premier Magdalena Andersson. Eppure, il vantaggio è talmente minimo (circa 50.000 voti) da rendere decisivi i risultati dei voti postali e delle schede elettorali provenienti dall'estero.
Mentre potremmo non conoscere il risultato finale prima di mercoledì, dalle urne appare già chiaro chi sia il vero vincitore di queste elezioni. Con un abbondante 20% dei voti, i Democratici Svedesi (SD) si apprestano ad entrare massicciamente in Parlamento, superando i Moderati come secondo partito svedese.
“Make Sweden Great Again”
È davvero lo slogan pronunciato da Jimmie Åkesson, leader dell’SD, nel corso della campagna elettorale. E in effetti l’idea è proprio quella: restituire alla Svezia l’antico splendore perduto. Ma anche quella di cambiare radicalmente l’approccio del Paese su temi come l’immigrazione e contrasto alla criminalità.
Secondo l’SD, alla base dei fallimenti del “modello svedese” c’è una politica troppo accogliente con stranieri e richiedenti asilo (i residenti non nati nel paese rappresentano ormai il 20% del totale). Le cui conseguenze, sostiene il partito, sarebbero visibili nella crescita di morti violente da armi da fuoco, quintuplicate nel giro di 12 anni. Così come la spesa pubblica destinata all’integrazione dal 2015.
Dati preda della retorica dell’SD, il cui consenso continua a crescere erodendo quello consenso del centrodestra moderato.
Aria di cambiamento
A prescindere dal risultato finale, insomma, nel Paese ci si prepara a grandi cambiamenti e a negoziati difficili. Se anche l’opposizione di destra dovesse davvero risultare vincente, l’SD difficilmente esprimerebbe il Primo ministro (fatto inedito nella storia politica svedese). La coalizione vincente sceglierebbe probabilmente un leader più moderato, nonostante le promesse di una politica interna in forte rottura con il passato.
Unica vera continuità: la politica estera. Qualsiasi cosa accada, non sono in programma passi indietro circa la richiesta della Svezia di fare il suo ingresso nella NATO, accanto alla Finlandia. Né sembra in dubbio la postura nei confronti della Russia, di forte condanna dell’invasione.
Di sicuro, però, i risultati di oggi sanciscono che in Europa sono tempi duri per le forze moderate. Ovunque.