Economia fai da te
Nuovo minimo storico per la lira turca. Da inizio anno la valuta ha perso il 32% del suo valore, di cui il 12% solo nell’ultima settimana: la peggiore performance a livello globale. Questa svalutazione non è certo indolore, dato che aumenta i prezzi delle importazioni e quindi l’inflazione, ai massimi degli ultimi tre anni e pari a quattro volte l'obiettivo ufficiale della banca centrale.
Generalmente, le banche centrali aumentano i tassi di interesse quando l'inflazione è alta per raffreddare la domanda. E così stanno facendo quasi tutte le economie emergenti. Non la Turchia, dove giovedì la banca centrale ha tagliato i tassi di interesse per la terza volta in altrettanti mesi.
Whatever it takes
Dietro la scelta della banca centrale ci sono le pressioni di Erdogan, che sta conducendo una vera e propria battaglia contro gli alti tassi di interesse considerati “un flagello". Il diktat imposto è quello di una politica monetaria espansiva, da mantenere a tutti i costi, per incentivare investimenti, esportazioni e mettere il turbo alla crescita in vista delle elezioni del 2023.
Per far adottare questa strategia economica non convenzionale, Erdogan ha licenziato sei alti funzionari “dissidenti” della banca centrale e tre dei suoi governatori negli ultimi due anni, mettendo a capo un suo uomo di fiducia.
Una scelta che paga?
Guardando solo a PIL ed esportazioni, la strategia di Erdogan sembrerebbe avere successo. La svalutazione ha reso i prodotti turchi più competitivi all’estero, con le esportazioni che potrebbero superare i 200 miliardi di dollari annui per la prima volta in assoluto. E la crescita economica per il 2021 è inferiore solo all’India tra i paesi G20: +9%.
Ma le disuguaglianze toccano i massimi dell’ultima decade, i prezzi di case e alimenti sono alle stelle e la fiducia dei consumatori è ai minimi di sempre. A rimetterci sono soprattutto i ceti più poveri, tradizionalmente vicini a Erdogan, ma ora schiacciati da debiti in valuta estera apprezzata rispetto alla lira: così nei sondaggi cala il sostegno per il presidente.
Basteranno per la rielezione le promesse di più crescita se il potere di acquisto continuerà a crollare?