Rotta balcanica
Oggi si è tenuto a Tirana il vertice Unione Europea-Balcani Occidentali. Si è trattato del primo summit di questo tipo organizzato nella regione (a differenza dei precedenti, tenutisi nei Paesi Ue). Per l’occasione, Bruxelles ha schierato entrambe le sue cariche apicali, Charles Michel e Ursula von der Leyen: di questi tempi, una rarità. A loro è toccato il difficile compito di discutere, insieme ai leader dei sei Paesi balcanici, un’agenda tanto ricca quanto divisiva.
Si è infatti parlato del sostegno europeo (per un ammontare complessivo di 3,5 miliardi di euro) alla regione per far fronte agli effetti della guerra e della crisi energetica. Della liberalizzazione dei visti per i cittadini del Kosovo e delle migrazioni sulla rotta balcanica, che quest’anno ha visto 281 mila attraversamenti irregolari: +77% vs 2021. E, ovviamente, la discussione sull’adesione all’Ue.
Non ti allargare
L’allargamento dell’Ue ad Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia ha sempre avuto un’andatura altalenante, ma quest’estate ha raggiunto ritmi da montagne russe diplomatiche, con il fiasco del vertice di Bruxelles e le frustrazioni rispetto a un processo visto dai leader della regione come inconcludente, fino a, solo un mese dopo, l’avvio dei negoziati per l’adesione di Albania e Macedonia del Nord.
La concretezza di questo processo, tuttavia, rimane in dubbio. Il progresso a piccolissimi passi dei paesi candidati o aspiranti tali è spesso corrisposto a una scarsa fiducia nel reale interesse dei paesi membri. L'UE manda però oggi un messaggio più propositivo, per una “collaborazione rafforzata” con i paesi della regione, anche e soprattutto in risposta alla guerra in Ucraina.
Serbo rancore
La valenza di questo summit è insomma più politica che programmatica. Pur confermando la volontà di un futuro nell’Ue per i paesi della regione, il fulcro rimane stabilire una linea comune su una serie di punti chiave.
Primo tra tutti quello della politica estera e di sicurezza a comune. Su questo punto, tutti gli occhi guardano alla Serbia, che non ha imposto sanzioni alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. Belgrado è poi al centro delle attenzioni anche per i rapporti con il Kosovo. La tensione tra i due paesi aveva quasi portato a un boicottaggio del summit da parte del presidente Aleksandar Vučić, mentre una normalizzazione con il Kosovo rimane nelle aspettative di Bruxelles. I desiderata di un allineamento politico della Serbia con l’Ue, oltre che sulle sanzioni, riguardano la politica dei visti, funzionale per la gestione dei confini lungo la rotta balcanica.
Riusciranno le agende a convergere al di là delle buone intenzioni?