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Africa
Nigeria: libere le 300 studentesse rapite
02 marzo 2021

Rilasciate circa 300 studentesse rapite pochi giorni fa. Ma chi sono i responsabili e cosa c’è dietro il fenomeno dei sequestri di massa nel nord della Nigeria?

 

Sono libere le circa 300 ragazzine rapite la scorsa settimana da uomini armati nel nord della Nigeria. A dare la notizia è il governatore dello stato di Zamfara, Bello Matawalle, secondo cui il rilascio sarebbe frutto di un negoziato con i rapitori, e che non sarebbe stato pagato alcun riscatto. “Le nostre figlie sono sane e salve”, ha scritto su Twitter il governatore, “tutta la Nigeria può gioire con noi”. Venerdì mattina, quando la notizia del rapimento aveva cominciato a diffondersi, i mezzi di informazione locali avevano parlato di 317 ragazzine sequestrate dalla scuola di Janjebe, circa due ore di auto a nord di Gusau, capoluogo dello stato di Zamfara. Il numero è stato successivamente portato a 279, poiché nelle ore successive al rapimento, alcune di loro erano riuscite a fuggire. Fotografie delle giovani, velate secondo l'uso islamico, riunite nell'ufficio dell'amministratore nella capitale Gusau, sono state diffuse sui social network. Le studentesse, alcune delle quali hanno meno di 11 anni, sono state accolte tra le grida di gioia e sollievo dei genitori e anche il presidente nigeriano Mohammadu Buhari ha detto di essere “sopraffatto dalla felicità” per il loro rilascio.

 

 

Scuole e studenti nel mirino?

Quello delle studentesse della scuola secondaria di Janjebe è solo l’ultimo di una lunga catena di sequestri di massa ai danni di studenti e studentesse nelle regioni centro-settentrionali della Nigeria. A metterli a segno a scopo di estorsione sono bande di criminali pesantemente armati, la cui attività si inserisce in una macroregione – in cui vi rientra il nord della Nigeria – già teatro della crisi umanitaria intorno al Lago Ciad e della ribellione armata di Boko Haram e della Provincia dello Stato Islamico in Africa Occidentale (Iswap). La notte tra il 14 e il 15 aprile 2014 un commando di Boko Haram assaltò un liceo femminile a Chibok, nello stato di Borno, sequestrando 276 studentesse. Allora la notizia del rapimento oltrepassò i confini nazionali scioccando il mondo. Molte di quelle ragazze non sono mai state ritrovate.

Nel 2016 il governo di Abuja ha schierato l'esercito nell'area e nel 2019 è stato raggiunto un accordo di pace con alcuni gruppi armati, ma gli attacchi sono continuati. A dicembre 2020, più di 300 ragazzi sono stati rapiti da una scuola a Kankara, nello stato di origine del presidente Buhari, Katsina, proprio mentre lui si trovava in visita nella regione. I ragazzi sono stati successivamente rilasciati, ma l'incidente ha sollevato l’indignazione dell’opinione pubblica per l’impunità con cui sembrano agire i responsabili. Quella degli attacchi alle scuole e dei rapimenti a scopo di riscatto è ormai una piaga che sembra inarrestabile: negli ultimi dieci anni, nel nord della Nigeria circa 1500 scuole sono state distrutte, un migliaio di studenti sono stati rapiti e 2300 insegnanti sono rimasti uccisi. Secondo Unicef solo il 53% dei bambini nel nord della Nigeria frequenta le scuole primarie, nonostante queste siano obbligatorie e gratuite. E la percentuale si abbassa ulteriormente se si considerano solo le bambine.

 

“Quando diventa un’emergenza?”

“È ora di chiedere allo Stato nigeriano: quando tutto questo diventerà un imbarazzo nazionale? Quando sarà ufficialmente riconosciuta la vergogna del fatto che sei anni dopo la tragedia di Chibok, gli sforzi combinati delle organizzazioni di difesa e di sicurezza interna non riescono ancora a garantire la sicurezza degli studenti? Che fine hanno fatto l'acume e le capacità dell'esercito, della polizia, delle forze speciali, dei corpi di protezione civile e di altri apparati di sicurezza presumibilmente in servizio per proteggere il futuro della Nigeria? Quando, davvero, tutto questo diventerà un'emergenza nazionale?”. In un lungo editoriale sul quotidiano nigeriano This Day, Kayode Komolafe dà voce alla frustrazione di un intero paese. E non di un paese qualunque, ma del più popoloso tra gli stati africani, primo produttore di petrolio e prima economia del continente. Ma è anche un paese alle prese con una difficile situazione sociale, alimentata dal boom della disoccupazione giovanile, sfociata nei mesi scorsi in violenti scontri di piazza tra manifestanti antigovernativi e forze di sicurezza, con un pesante bilancio di vittime e arresti. Con l'economia entrata in una nuova fase di recessione a causa della pandemia di coronavirus, il governo è chiamato ad affrontare una miriade di problemi, compreso l’alto tasso di disoccupazione e l’insicurezza che affligge la maggioranza dei nigeriani.

 

Dietro i sequestri: soldi e visibilità?

Dal mese di dicembre a oggi sono 600 gli studenti rapiti nel nord della Nigeria. E il sequestro delle ragazze di Janjebe è il secondo in dieci giorni. Il governatore Matawalle ha negato che la liberazione sia avvenuta dietro pagamento di un riscatto, ma la scorsa settimana il presidente Buhari aveva ammesso che i governi statali, spesso, pagano i rapitori “con denaro e veicoli” in cambio del rilascio. Buhari li ha quindi esortati a rivedere questa politica che avrebbe contribuito a rendere i rapimenti di massa “una fonte di guadagno redditizia” per i gruppi armati e che rischia di “ritorcersi contro chi la applica, con conseguenze disastrose”. Il rapimento di centinaia di studenti garantirebbe infatti visibilità e l’attenzione dei media, contribuendo ad alzare di molto le aspettative per il pagamento. Di recente – riferisce Bbc – l’ideatore del rapimento degli oltre 300 studenti nello stato di Katsina è stato ‘graziato’ dopo essersi ‘pentito’ e ha ricevuto in cambio una casa e dei soldi dalle autorità di Zamfara. Lo stesso governatore Matawalle – che oggi respinge le accuse del presidente – ha promesso due mucche ad ogni combattente che consegni il suo AK-47 al governo locale. Secondo un recente rapporto di Sbm Intelligence, tra giugno 2011 e marzo 2020 circa 18 milioni di dollari sono stati versati in riscatti ai gruppi di banditi armati nel nord della Nigeria.

Un ruolo non secondario nell’escalation di rapimenti degli studenti, infine, potrebbe involontariamente ricoprirlo proprio la stampa. Secondo Adaobi Tricia Nwaubani, la narrazione che attribuisce a Boko Haram e ad altri gruppi della galassia islamista le responsabilità di rapimenti, anche quando questi accadono ben lontano dalla sfera di azione del gruppo, rende bene in termini di vendite e ha contribuito a costruire il ‘brand’ ormai globale del gruppo guidato da Abubakar Shekau.

 

Il Commento

Di Camillo Casola, associate research fellow Programma Africa, ISPI

“Le attività di banditismo aggravano il peso dell’insicurezza per le comunità locali nel nord della Nigeria. Se il coinvolgimento diretto di Boko Haram nei sequestri avvenuti nel nord-ovest è estremamente dubbio – nonostante Abubakar Shekau abbia rivendicato il rapimento di Kankara nel dicembre del 2020 – non è da escludere (ed è anzi un’ipotesi presa in considerazione da molti analisti) che una connessione possa esistere tra le organizzazioni criminali esecutrici materiali dei rapimenti e gruppi salafiti-jihadisti attivi nell’area”.

 

* * *

A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications) 

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