Benjamin Netanyahu annuncia l’accordo per un nuovo governo di coalizione: sarà l’esecutivo più a destra della storia di Israele.
“Ce l’ho fatta”: così Benjamin Netanyahu ha annunciato su Twitter di aver finalmente raggiunto un accordo per formare un nuovo governo. Il primo ministro più longevo della storia di Israele, ostracizzato dai suoi ex alleati e incalzato dalla giustizia, non solo non è mai davvero uscito dalla scena politica israeliana, ma dopo appena un anno e mezzo passato all’opposizione tornerà alla guida di un nuovo esecutivo grazie a un’intesa, raggiunta sul filo del rasoio. Ieri, il leader del Likud ha infatti chiuso un accordo per un nuovo esecutivo, ad un soffio dalla scadenza del termine dell’incarico affidatogli dal presidente Isaac Herzog a seguito del risultato elettorale dello scorso 1 novembre. Il governo – considerato il più a destra nella storia del paese – sarà formato dal Likud, dai partiti religiosi e dai Sionisti religiosi nazionalisti di Itamar ben Gvir, Bezalel Smotrich e Yoav Maoz e disporrà di una maggioranza di 64 seggi su 120 alla Knesset, il parlamento israeliano. Secondo i media locali l’accordo è frutto di un serratissimo negoziato con il partito di Ben Gvir ‘Potere Ebraico' e concederà all’ultradestra nazionalista le chiavi per accedere ai gangli del potere in cambio del sostegno politico e di un tornaconto personale per Netanyahu. L’annuncio dei nomi dei futuri ministri, tra cui spiccano personaggi noti per le loro posizioni razziste e intolleranti, ha sollevato le critiche dei palestinesi e scioccato gli israeliani liberali che temono una deriva antidemocratica del paese. Il giuramento e l’insediamento del nuovo esecutivo dovrebbe avvenire entro il 2 gennaio prossimo.
Un esecutivo controverso?
Per Netanyahu, il prossimo sarà il sesto mandato non consecutivo da primo ministro dello stato di Israele. La coalizione da lui guidata ha vinto le elezioni parlamentari dello scorso novembre, le quinte in quattro anni, e da settimane tesseva i negoziati per il raggiungimento di un accordo di coalizione che sostenesse la sua prossima maggioranza. Nei giorni scorsi erano già stati diffusi i nomi di alcuni futuri ministri. Tra le decisioni più controverse c'è quella di concedere il ministero della Pubblica Sicurezza ampliato dei suoi poteri a Itamar Ben Gvir, leader di Potere ebraico, autore di una retorica incendiaria contro i palestinesi e noto per aver incitato più volte alla violenza contro di loro. Bezalel Smotrich, a cui Netanyahu vorrebbe invece affidare la delicata gestione delle politiche israeliane in Cisgiordania, sostiene l’espansione delle colonie e l’estensione della legge israeliana sul territorio palestinese militarmente occupato. Un altro futuro ministro è Avi Maoz, del partito Noam, noto per le sue posizioni omofobe e sessiste: ha proposto di vietare il Gay Pride a Gerusalemme, è contrario all’integrazione delle donne nell’esercito e vuole limitare fortemente l’immigrazione in Israele in base ad un’interpretazione molto restrittiva della Legge del ritorno che garantisce cittadinanza israeliane ad ogni persona di discendenza ebraica purché si trasferisca in Israele. Un altro partner della coalizione, Aryeh Deri, capo del partito ultraortodosso Shas, è in pole per diventare ministro delle Finanze, nonostante una condanna per frode fiscale.
Obiettivo riforma giudiziaria?
Più in generale, i partiti della coalizione annunciata da Netanyahu rifiutano l’idea della soluzione dei due stati, uno per gli israeliani, l’altro per i palestinesi in Cisgiordania con Gerusalemme come capitale condivisa. Una formula sostenuta dalla comunità internazionale che finora ha costituito la base di ogni negoziato per la fine del conflitto. Ma c’è di più: i rappresentanti della nuova coalizione di governo vorrebbero dare ai parlamentari il potere di annullare le decisioni della Corte suprema, il massimo organo della giustizia israeliana che negli ultimi anni ha respinto diverse misure proposte dai governi guidati da Netanyahu. Soprattutto hanno fatto capire di essere intenzionati ad approvare le riforme necessarie per mettere fine ai processi per corruzione e frode in cui è imputato Netanyahu. Una svolta clamorosa, dopo anni di processi e accuse, resa possibile da due formazioni che fino a poco tempo fa erano ai margini della vita politica e potevano contare su pochissimi parlamentari, mentre da domani, grazie all’ottimo risultato elettorale di novembre, potranno ricoprire il ruolo di pilastro di una nuova maggioranza. Di fronte alle critiche e ai timori dei suoi avversari, Netanyahu si è limitato a gettare acqua sul fuoco. “Terrò le mani saldamente sul volante – ha detto – non permetterò a nessuno di discriminare le persone Lgbt o di privare i cittadini arabi dei loro diritti o cose simili. La prova del tempo mi darà ragione”.
Netanyahu ostaggio della destra?
Il nuovo governo, che Netanyahu dovrebbe presentare entro una settimana, entrerà in carica dopo un anno caratterizzato dai peggiori livelli di violenza tra israeliani e palestinesi in oltre un decennio. Negli ultimi 12 mesi il bilancio degli scontri è di più di 150 palestinesi uccisi dalle forze israeliane e circa 20 vittime israeliane. A fine novembre, un doppio attentato a Gerusalemme ha causato un morto e oltre 30 feriti, ripiombando la città nell’incubo attentati, dopo un periodo di relativa calma. La vittima, Aryeh Shtsupack, uno studente di origine canadese di 16 anni è stato investito in pieno da una delle due esplosioni a distanza ravvicinata nei pressi di una fermata dell’autobus. E con l’arrivo del nuovo esecutivo, viste anche le premesse, nessuno prevede che le cose miglioreranno. “Il nuovo governo potrebbe rivelarsi un ‘disastro imminente’ per Israele – osserva l’analista politico Yossi Alpher – nessuno garantisce che Netanyahu sarà in grado o vorrà tenere a freno i partiti radicali ai quali ha concesso poteri senza precedenti durante i negoziati”.
Il commento
di Mattia Serra, analista osservatorio MENA dell'ISPI
A meno di due mesi dalle elezioni che hanno consacrato la vittoria di Benjamin Netanyahu Israele ha un nuovo governo, il sesto guidato dal leader del Likud. La compattezza che la coalizione aveva dimostrato durante la campagna elettorale si è però rivelata effimera, e i negoziati delle ultime settimane hanno reso manifeste alcune divergenze tra Netanyahu e i suoi alleati. La decisione di nominare la controversa figura di Itamar Ben Gvir quale ministro della Sicurezza nazionale è espressione della polarizzazione del panorama politico israeliano. Non è chiaro quali conseguenze l’ingresso di tali personalità al governo possa avere sui rapporti tra Israele e i partner internazionali, Stati Uniti e Unione europea in primis.
***
A cura della redazione di ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca, ISPI Advisor for Online Publications.