Il 2020 sarebbe dovuto essere un anno particolarmente significativo per lo sviluppo delle relazioni bilaterali tra Italia e Cina. Nonostante la pandemia stia ridisegnando in modo brutale l’economia mondiale, ilcinquantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Italia e Cina può comunque essere considerato come un nuovo punto di partenza per lo sviluppo e il rafforzamento della cooperazione. Tale linea è stata sottolineata da esperti italiani e cinesi nella realizzazione di un ‘Libro Blu’ sull’Italia dal titolo ‘Rapporto annuale sullo sviluppo dell’Italia 2019/2020 sui 50 anni delle relazioni diplomatiche tra Cina e Italia.’ Tale libro, presentato a luglio 2020 a Pechino, si concentra sullo sviluppo della cooperazione derivante dalla stabilizzazione delle relazioni durante questi cinquant’anni, evidenziando come forme e contenuti abbiano subìto cambiamenti nei diversi settori della politica, dell’economia, della società, della cultura, dell’istruzione e dello sviluppo scientifico. Il cinquantenario dell’avvio delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi, che coincide anche con l’‘Anno della Cultura e del Turismo Italia-Cina,’ si inserisce in un contesto politico che si era avviato particolarmente favorevole, con la visita del marzo 2019 a Roma e Palermo del Presidente Xi Jinping – arrivato in Italia all’apice del suo controllo sul PCC dopo l’abolizione del vincolo dei due mandati presidenziali – che ha visto l’Italia divenire il primo Paese del G7 ad aderire ufficialmente alla Belt & Road Initiative tramite la firma di un memorandum d’intesa che sancisce il partenariato italo-cinese per la Via della Seta economica e marittima del XXI secolo. Ed è proprio quest’iniziativa, che mira alla ridefinizione del ruolo geopolitico della Cina e allo scardinamento degli equilibri di potere globali – con il suo ampio programma di investimenti infrastrutturali nei Paesi del Sud Est asiatico, dell’Asia centrale e dell’Africa, il lancio di due nuovi organismi finanziari internazionali e l’apertura di sei corridoi economici che legano le megalopoli cinesi al resto del mondo – a definire il contesto entro il quale si dispiegano le nuove opportunità di collaborazione tra Italia e Cina.
Secondo il Libro Blu, lo scambio culturale è infatti il punto saliente della cooperazione tra questi due Paesi promuovendo un arricchimento immateriale: Cina e Italia, riconosciute come importanti nazioni culturali a livello mondiale, attualmente occupano i primi due posti per numero di siti inclusi nella lista dei patrimoni dell’umanità.
Non si può, però, parlare di un mercato cinese unico ed omogeneo, ma anzi di una pluralità di macro-aree geografiche con proprie caratteristiche in termini di dinamiche, preferenze, orientamenti. Ormai oltre 130 città cinesi hanno superato il milione di abitanti, oltre metà dei consumi di prodotti di lusso sono generati da città che non sono comprese tra le prime quindici, e i mercati più promettenti per il futuro sono inevitabilmente da individuare nelle città in particolare localizzate nell’area centro-ovest della Cina, luoghi che in pochi conoscono e che ancora meno considerano nelle proprie strategie di espansione a oriente. Un ulteriore fattore di complessità è legato al livello di penetrazione delle tecnologie digitali nei modelli di interazione sociale e di consumo nella Cina contemporanea. L’ecosistema digitale, composto da piattaforme come Taobao, Douyin, Mogu, e molte altre, è tanto complesso quanto strategico per formulare azioni di sviluppo commerciale e di marketing in Cina, come evidenziato anche da Cristiano Varotti dell’Ufficio di Rappresentanza della Regione Marche.
La penetrazione italiana in Cina durante la Belle époque, sia prima che nel periodo tra le due guerre mondiali, pur se superiore in termini di numeri agli anni precedenti, restò sempre ben poca cosa, se raffrontata agli scambi commerciali che la Cina aveva già con gli altri Paesi, europei e non. La politica italiana nei confronti della Cina, poi, presentava in quel periodo storico le stesse caratteristiche di incertezza, contraddizione e velleitarismo di tutta la politica estera del governo italiano. I motivi furono diversi: scarsità di capitali, imprenditori italiani non abituati ad operare in un regime di concorrenza, arretratezza della nostra industria rispetto agli altri Paesi europei presenti in Cina in quel periodo, inefficienza nell’organizzazione delle rappresentanze diplomatiche, riluttanza a concedere pagamenti dilazionati. Anche da parte cinese mancava una vera e profonda convinzione nell’intraprendere una collaborazione economica proficua con l’Italia. All’assenza di relazioni diplomatiche fra i due Paesi faceva da contraltare un interesse reciproco che si concretizza nello sviluppo, pur parziale, di relazioni significative, anche se minori rispetto agli altri paesi europei. Questi contatti e se pur minimo interesse, porranno le basi per il riconoscimento diplomatico nel 1970 che darà il via ad una evoluzione. La Cina, come Repubblica Popolare Cinese, fu infatti formalmente riconosciuta dall’Italia il 6 novembre 1970 quando Pietro Nenni, il ministro degli esteri di allora, presentò la proposta di riconoscimento che fu firmata l’anno seguente tra i due Paesi attraverso un comunicato congiunto per il ristabilimento delle relazioni diplomatiche ed economiche interrotte durante gli anni della guerra.
Negli anni Ottanta del Novecento, il cambiamento nel sistema economico mondiale dopo la fine della Golden Age e le crisi economiche degli anni Settanta del Novecento, che avevano posto le basi di quello che oggi è chiamata globalizzazione sistemica, il cambio al vertice in Cina e la nuova politica di apertura e di modernizzazione comportarono un aumento delle importazioni dall’estero, soprattutto di macchinari e tecnologie, per accelerare lo sviluppo delle industrie interne e renderle competitive. A partire dagli anni Novanta del Novecento gli scambi con l’Italia sono aumentati significativamente in valori assoluti, ma, nel 2004, essi ancora coprivano solo una quota pari all’1% a livello totale, del commercio cinese. La composizione delle esportazioni cinesi muta profondamente in questi anni in risposta alle nuove esigenze del mercato mondiale: se prima i settori di spicco erano quelli del tessile e dell’abbigliamento, adesso dominano i settori dell’elettrica e dell’elettronica i cui prodotti, negli anni 2000, registrano una crescita della domanda tra le più dinamiche in assoluto.
Inoltre, la crescente intesa commerciale è un’ulteriore base di appoggio verso maggiori collaborazioni in campo cooperativo, e non solo riguardante l’ambito economico, dove si ricorda il memorandum firmato tra il Ministero degli Esteri e la Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme della Repubblica popolare cinese sulla cooperazione finanziaria a supporto dello sviluppo delle piccole e medie imprese e la costituzione di un gruppo di lavoro bilaterale nel settore, Si registrano progressi anche nel campo della cooperazione universitaria, attivando borse di studio e scambi reciproci dando così maggiori opportunità di conoscere e far entrare in contatto diretto le due diverse culture per rafforzarne la reciproca conoscenza.
Alcuni ostacoli tecnici tra le relazioni economiche sono ancora irrisolti e potrebbero rallentarne lo sviluppo: innanzitutto, ci sono ancora questioni aperte sull’applicazione di dazi e forme di tutela del mercato interno da entrambi i lati (come dimostrano i contenziosi aperti tra l’Unione Europea e la Cina). L’ingresso nell’OMC ha inoltre indotto la Cina ad una omologazione delle regole del business internazionale, in materia soprattutto legislativa, come la tutela degli investimenti, protezione del diritto d’autore, maggior controllo della contraffazione, campi in cui la Cina sta lavorando per una totale e completa liberalizzazione dei mercati come previsto. In definitiva, però, l’Italia si sta muovendo verso il Paese asiatico e le iniziative intraprese mirano ad una affermazione concreta delle proprie imprese sul mercato cinese e tale politica offre ampie possibilità di successo per gli investimenti italiani e non solo.
Riferimenti:
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Strangio D., 2020, Italy and China Trade Relations. A Historical perspective, Studies in Economic History, Springer NY.
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