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Commentary

Italia-Germania: un lascito impegnativo

30 gennaio 2015

L’incontro  a Torino tra Giorgio Napolitano e il presidente federale tedesco Joachim Gauck, l’11 dicembre 2014, all’inaugurazione dell’Italian-German High Level Dialogue, ha confermato quanto rilevante sia stato il contributo del presidente italiano al mantenimento dei buoni rapporti con la Germania - in questi anni molto difficili. L’intensa amicizia personale tra i due protagonisti, non priva di segni di emozione, e la franchezza del linguaggio hanno fortemente contrassegnato quell’evento particolare. Ma dietro ci sono elementi di sostanza politica che vanno evidenziati.

Occorre partire dal ruolo istituzionale/costituzionale del presidente della Repubblica italiana, che in questi ultimi anni si è confrontato con una congiuntura politica interna ai limiti del collasso che ne ha fatto emergere tutta la potenzialità e l’ambiguità. Non è questa la sede per dibattere la questione in termini generali. Ritengo che Giorgio Napolitano si sia mosso nell’ambito delle prerogative e competenze costituzionali, anche con la promozione di quelli che in linguaggio politologico si sono chiamati “governi del presidente” da lui insediati.  Questa specifica situazione non è mai stata colta con precisione dalla classe politica tedesca, tanto meno dalla grande opinione pubblica, che nel giudicare la politica italiana si è sempre mossa all’interno dei cliché di un sistema politico patologicamente instabile e inaffidabile.

Concentriamoci sulla cronaca politica degli ultimi anni. Le dinamiche che hanno portato alle dimissioni del governo Berlusconi seguito dal mandato affidato a Mario Monti, poi a Enrico Letta e, infine, a Matteo Renzi, sarebbero incomprensibili senza la determinazione del presidente Napolitano. È la risposta politica alla severa crisi economico-finanziaria che ha investito in modo inatteso l’Unione europea. Lo sviluppo italiano è stato seguito dal governo tedesco con soddisfazione, soprattutto nelle fasi iniziali del “governo tecnico” di Monti, sotto la garanzia del Presidente. Nel momento in cui la Germania (per le ragioni che qui dobbiamo trascurare) acquistava un peso determinante nel condizionare le politiche economico-finanziarie e sociali dei partner europei, sembrò per alcune settimane che fosse raggiunta una felice intesa con il governo italiano – lungo la linea del “rigore” e delle "riforme”. Ben presto però si è rivelata l’estrema fragilità del consenso del governo Monti da parte di ampi strati di popolazione che ritenevano troppo gravose le misure del rigore con il conseguente pesante ridimensionamento dello Stato sociale. In questo contesto, si verificava nel frattempo un prevedibile eppure pericolosamente incontrollabile risentimento contro la Germania diffuso non solo a livello di grande opinione pubblica, ma anche presso il ceto politico. Ad esso si replicava  specularmente in Germania, nell’opinione pubblica e nella classe  politica, con l’accusa di comportamenti  presuntivamente truffaldini e inaffidabili degli “italiani “ e in generale degli “europei meridionali” recalcitranti ad adeguarsi alla linea del “rigore” ecc. 

Sono cose note, qui ricordate solo perché su questo sfondo si apprezza il forte impegno di Napolitano per salvaguardare la correttezza dei rapporti italo-tedeschi  a tutti i livelli. In questo ambito come presidente della Repubblica la sua influenza si esprime innanitutto nella scelta delle personalità cui affidare il governo – politici sensibili, in modo diverso, al mantenimento di un rapporto positivo con la Germania e insieme capaci di esprimere specifiche esigenze italiane. Ma non meno importanti sono le dichiarazioni pubbliche dirette e i gesti simbolici del presidente.

A questo proposito ne vorrei ricordare due, di natura e peso assai diversi, ma entrambi significativi. Il primo risale al febbraio 2013 quando all’indomani delle elezioni italiane Peer Steinbrueck, candidato cancelliere della Spd, commenta sprezzantemente il risultato della consultazione parlando della  vittoria di "due clown", ovvero Beppe Grillo (“un clown di professione, che non ha nulla in contrario a venire definito così”) e Silvio Berlusconi (“un clown con un particolare eccesso di testosterone”). La reazione di Napolitano è ferma: dovendosi recare in visita di Stato a Berlino cancella l’incontro con il leader socialdemocratico.“Noi italiani rispettiamo la Germania ma esigiamo rispetto. Il presidente della Repubblica ha il mandato di garantire l’unità nazionale, e per me vuol dire anche la dignità nazionale”. La reazione di Steinbrueck è  un po’ supponente ma "comprensiva" rispetto alla decisione del presidente di annullare il loro incontro; gli telefona per chiarire che non intendeva essere offensivo, ma mantiene sostanzialmente il suo giudizio sui politici italiani, trovando consenso anche presso altri autorevoli compagni di partito.

Di tutt’altro valore e intensità è invece l’incontro di Napolitano con il presidente federale Gauck nel marzo 2013 a Sant'Anna di Stazzema. Qui il presidente tedesco dichiara  "La conciliazione non può essere oblio. I crimini compiuti qui non possono essere dimenticati". E il presidente Napolitano, che si sente alla conclusione del suo mandato precisa: "Porterò come memoria preziosa di questo settennato l'esempio che Lei mi dà di nobiltà d'animo e d'amicizia".

In effetti il ricordo di Stazzema sarà un richiamo costante per i due uomini di Stato – prezioso memento  per una storia tragica che accomuna con responsabilità diverse i due popoli che pure sono riusciti a collaborare costruttivamente negli anni decisivi del dopoguerra. In quest'ottica sono rilevanti alcuni passaggi del discorso di Napolitano a Torino. “La perdita di contatto con il nostro passato che si è venuta da anni via via verificando nelle nostre società va considerata una delle più gravi malattie della nostra epoca”. Non esita a  parlare di un “pericolo che chiamerei di immeschinimento del clima nel rapporto tra i nostri paesi”. Consapevolezza delle difficoltà oggettive del momento e invito all’attenzione e rispetto reciproco sono il filo conduttore degli interventi del presidente.  Le “tensioni nella ricerca di soluzioni condivise” non devono mai scivolare “in definizioni sommarie se non sprezzanti”. Gli obiettivi sono comuni, perché c’è un impegno condiviso in Europa “a sconfiggere la recessione, scongiurare la deflazione, adottare misure idonee a rilanciare la crescita”: ma tutto ciò “senza trascurare la prospettiva del riequilibrio e risanamento delle nostre finanze pubbliche, dei nostri bilanci”.

Sono sagge considerazioni, che ovviamente tocca ai governi esecutivi mettere in pratica. L’eredità che Napolitano lascia al suo successore anche in tema dei rapporti italo-tedeschi è assai impegnativa.  

Gian Enrico Rusconi è professore emerito di Scienze politiche presso l'Università di Torino

 

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