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Dopo Nazarbayev

Kazakistan al voto: cambio di regime o passaggio di consegne?

Giulia Sciorati
|
Eleonora Tafuro Ambrosetti
07 giugno 2019

Lo scorso 19 marzo il presidente kazako Nursultan Nazarbayev si è dimesso dopo quasi 30 anni di presidenza, con un discorso televisivo. Il giorno seguente il presidente del Senato Kassym-Jomart Tokayev ha prestato giuramento come presidente ad interim. Inizialmente, il suo scopo era sembrato quello di completare il mandato presidenziale di Nazarbayev dino al mese di aprile 2020, ma in un annuncio che ha colto molti di sorpresa, Tokayev ha indetto elezioni anticipate il 9 giugno. Nono Paese più grande al mondo – il più esteso e ricco dell'Asia centrale –, in cui abbondano risorse energetiche (è tra i primi dieci esportatori mondiali di greggio e leader nella produzione di uranio) e potenziale porta d’accesso per il commercio e le comunicazioni tra Europa e Asia, il Kazakistan è uno snodo sempre più strategico della geopolitica mondiale. Quali sono le ragioni del voto anticipato e che influenza avranno sul processo di transizione politica nel Paese? Chi sono i candidati e che possibilità di vittoria hanno? Che ruolo giocherà la transizione kazaka sugli equilibri regionali e sui rapporti con l’UE?

 

Dimissioni e voto anticipato: perché?

Le dimissioni del presidente kazako hanno sorpreso molti analisti internazionali e gli stessi kazaki (di cui il 52% ha meno di 30 anni), che dopo la caduta dell’Unione Sovietica non hanno conosciuto altro leader all’infuori di Nazarbayev. Il “padre fondatore della nazione” e “leader del popolo” (Elbasy, in kazako) ha governato il Kazakistan con pugno di ferro durante gli ultimi 29 anni, reprimendo il dissenso e limitando le libertà civili e politiche dei propri cittadini, tanto che il suo regime politico è stato spesso descritto come “autoritarismo elettorale”, ovvero un regime in cui lo svolgimento di elezioni multipartitiche avviene regolarmente, ma in assenza di uno stato di diritto e senza libertà politiche. Tuttavia, l’età avanzata e lo stato di salute cagionevole di Nazarbayev hanno reso sempre più frequenti le speculazioni sulla sua successione, soprattutto a partire dal 2016, quando il leader uzbeko Islam Karimov è morto mentre ancora ricopriva la posizione di presidente che aveva assunto con l’indipendenza dell'Uzbekistan nel 1991, gettando ombre sul futuro politico del Paese.

La ragione principale delle dimissioni di Nazarbayev va cercata nella necessità di mantenere un controllo assoluto della transizione di potere in Kazakistan, soprattutto in un momento di stagnazione economica del Paese. Non a caso la transizione è stata gestita dall’alto, al fine di garantirne lo svolgimento pacifico e, soprattutto, un epilogo che non compromettesse i privilegi politici ed economici del clan di Nazarbayev. Lo stesso Nazarbayev continuerà a detenere ampi poteri: rimarrà a capo del principale partito politico, Nur Otan, nonché capo a vita del Consiglio di sicurezza, organo recentemente ampliato e rinforzato, con importanti poteri esecutivi. Inoltre, il Senato ha nominato sua figlia maggiore, Dariga Nazarbayeva, a capo dell’assemblea, assegnandole una posizione di notevole rilievo, come quella d’altronde riservata al fedelissimo Tokayev, nella speranza di garantire una certa continuità. La ricerca di continuità è simboleggiata anche dal cambio di nome della capitale Astana in Nur-Sultan, in omaggio proprio a Nazarbayev.

Se il controllo di Nazarbayev e della sua famiglia sul potere resta saldo, come si spiega allora la decisione di anticipare il voto? La decisione è stata giustificata ufficialmente dall’imperativo di garantire al governo una maggioranza forte e coesa per garantire le riforme economiche e rimuovere ogni incertezza circa il corso politico del Paese. In realtà, il voto anticipato è la norma in Kazakistan – come dimostrano le elezioni anticipate del 1999, 2005, 2011, 2015 e 2016. Secondo la professoressa di Harvard Nargis Kassenova, un altro elemento di cui tenere conto è la teatralità di questa transizione politica: “Nazarbayev ha chiaramente un debole per la politica spettacolare, il fasto e le cerimonie […] Le sue dimissioni dovevano essere un evento storico a sé, da tenere mentalmente, emotivamente e cronologicamente separato dalle elezioni. L’annuncio alla vigilia della celebrazione Nowruz [festività di origine persiana molto sentita in Kazakistan] ha poi aggiunto ancora più simbolismo al suo gesto”.

 

Chi sono i candidati alla Presidenza?

Nei trent’anni di governo di Nazarbayev, l’opposizione politica in Kazakistan è stata decimata, tanto che nel panorama partitico del Paese c’è ora un unico partito forte, il Nur Otan, e una costellazione di partiti minori, tra cui il Partito Democratico Ak Zhol e il Partito Comunista del Popolo del Kazakistan. Proprio da questi tre partiti emerge la rosa di candidati alle elezioni del prossimo 9 giugno. 

  • Nur Otan. Fondato nel 1999 a sostegno di Nazarbayev, il Nur Otan è il partito di punta del Paese. Detiene la maggioranza dei seggi in Senato per un totale di 84 su 107. Prima che il nominativo del candidato del Nur Otan fosse reso pubblico, il partito era dato per favorito. Contrariamente alle aspettative, a presentarsi per il Nur Otan non è Nazarbayeva, figlia di Nazarbayev, ma Tokayev, ex portavoce del Senato e, attualmente, Presidente ad interim del Paese. Tokayev è il candidato preferito a succedere a Nazarbayev. 
  • Ak Zhol. Fondato nel 2002, è un partito liberale di centro-destra. Candidata per il partito è Daniya Yespayeva, unica donna ad aver mai concorso per la presidenza. Già membro del Mazhilis (la camera bassa del Parlamento), in cui l’Ak Zhol detiene 7 seggi su 107, Yespayeva promuove i diritti delle donne (che sono il 52% della popolazione) e campagne anti-corruzione. 
  • Partito Popolare Comunista. Fondato nel 2004, è un partito di impronta marxista-leninista. Jambyl Ahmetbekov ne è il candidato alle elezioni presidenziali e, come Yespayeva, è membro del Mazhilis di cui il Partito Comunista detiene 7 seggi su 107. Ahmetbekov è stato candidato per il Partito Comunista anche alle elezioni presidenziali del 2011 in cui ha ottenuto l’1,36% di voti. 

Nonostante Tokayev abbia promesso libere elezioni, rimangono basse le aspettative che questi possa essere sopraffatto dagli altri due principali candidati. La vera competizione si è infatti già svolta all’interno dello stesso Nur Otan nel momento della scelta del candidato da presentare alle elezioni. I venticinque anni di fedele collaborazione allo sviluppo dell’autoritarismo di Nazarbayev sono valsi a Tokayev un ruolo da protagonista. 

 

Chi è Tokayev?

Classe 1953, Kassym-Jomart Tokayev è un politico e diplomatico kazako navigato: prima di diventare presidente del Senato era stato Primo ministro, ministro degli Esteri e direttore generale dell’ufficio di Ginevra dell’ONU. Nel discorso inaugurale come Presidente ad interim lo scorso 20 marzo, Tokayev ha posto particolare enfasi sulla figura di Nazarbayev e sulla positività dell’operato del Nur Otan per il Paese.

Il riconoscimento internazionale del Kazakistan in seguito alla sua elezione a membro non-permanente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (primo tra i paesi dell’Asia Centrale) ha infatti allontanato il Paese dallo status di paese in via di sviluppo, almeno secondo la retorica di partito.

Fino alla sua registrazione come candidato del Nur Otan, la nomina di Tokayev a presidente ad interim era stata definita come passaggio verso una transizione politica che avrebbe visto Nazarbayeva succedere al padre. Tuttavia, in un gioco delle parti, Tokayev ne ha preso il posto, lasciando che Nazarbayeva andasse a ricoprire la sua carica come portavoce del Senato. Dopotutto, la retorica del Nur Otan basata sull’esaltazione della svolta democratica del Paese sarebbe difficile da giustificare se la successionetra Nazarbayev e Nazarbayeva fosse stata diretta.

Da una breve analisi sui termini utilizzati maggiormente da Tokayev nei primi tre discorsi ufficiali come Presidente ad interim (fig.1), due elementi emergono con particolare evidenza. In primis, l’enfasi sullo stato e sulla storia kazaka. Tokayev pone l’accento sul ruolo della storia del popolo kazako come punto di partenza per dare avvio a una nuova fase di sviluppo del Paese.

Tematica ripresa direttamente dalle ultime pubblicazioni di Nazarbayev e che ricalca anche il secondo macro-tema, ossia quello di una continuità di leadership. Non a caso lo slogan del Nur Otan per queste elezioni recita: “Continuità, giustizia, progresso”.

 

Fig. 1: Elaborazione ISPI dei termini più utilizzati da Tokayev durante i suoi tre discorsi pubblici (Fonte: www.akorda.kz)

 

 

Quali implicazioni per i principali attori esterni?

Oltre alla rilevanza geopolitica del Kazakistan, il persistere di problematiche legate alla sicurezza (in primis il terrorismo e il traffico internazionale di droga dal vicino Afghanistan) fanno sì che la stabilità del Paese rappresenti un interesse vitale per tutte le principali potenze attive nella regione, a partire da Russia, Cina e UE. In particolare, l’interesse di Mosca e Pechino a stabilizzare l’area si è tradotto anche nella creazione dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO) che dal 2001 propone il coordinamento tra Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan (e, a partire dal 2017, India e Pakistan) per arginare fenomeni di instabilità sistemica.

Nel 2004, da una costola della SCO, è stata fondata la Struttura Regionale per l’Antiterrorismo (RATS), un’agenzia permanente che ha come scopo primario arginare la mobilità transnazionale dei militanti attivi nella regione, riservando particolare attenzione al Movimento Islamico del Turkestan dell’Est e al Movimento Islamico dell’Uzbekistan. Dal 2008, accordi di cooperazione per contrastare il traffico di armi e droga sono stati sottoscritti da tutti i partner SCO sotto forma di azioni congiunte per limitare la permeabilità delle frontiere nazionali. Di fatto, il Kazakistan fa parte delle due principali rotte per il traffico di eroina dall'Afghanistan alla Federazione Russa. Ad oggi, la SCO discute dell’istituzione di un’agenzia di stampo simile al RATS che vada ad occuparsi esclusivamente di traffici illegali. 

 

Russia

Per la Russia, il Kazakistan ha rappresentato negli anni un alleato affidabile, spesso definito “il più stretto”. Oltre ad essere tra i membri fondatori dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) e dell’Unione economica eurasiatica (EAEU) – le due iniziative principali di integrazione regionale promosse da Mosca oltre alla SCO – il Kazakistan ospita diversi siti militari strategici russi come il cosmodromo di Baikonur, la stazione di lancio spaziale da dove partì lo Sputnik, il primo satellite artificiale lanciato in orbita intorno alla Terra. Inoltre, i due stati intrattengono saldi rapporti commerciali: la Russia è il secondo mercato di destinazione dell’ l’export kazako e il primo Paese di provenienza delle importazioni per Nur-Sultan (ex-Astana). Tuttavia, l’annessione della Crimea nel 2014 e le attività russe a supporto dei separatisti ucraini hanno fomentato i timori kazaki di un’eccessiva ingerenza di Mosca. Timori comprensibili alla luce del fatto che oggi oltre il 20% della popolazione kazaka è composto da russi, mentre la Russia costituisce la meta preferita da due migranti kazaki su tre. La crisi ucraina aveva dunque rafforzato la strategia di politica estera “multivettoriale” di Nazarbayev, intesa come il perseguimento dell’interesse nazionale attraverso un continuo bilanciamento tra le relazioni con la Russia, la Cina e l’Occidente, anche sfruttando le competizioni geopolitiche tra i diversi attori in gioco. Diversi esperti affermano che questa tendenza troverà continuità anche nel Kazakistan post-Nazarbayev. Intanto, il nuovo presidente kazako si è recato in visita ufficiale a Mosca ad aprile, dove Vladimir Putin gli ha proposto di ampliare la cooperazione in ambito energetico e costruire una centrale nucleare in Kazakistan impiegando tecnologia russa. Durante gli anni '90, Mosca aveva già proposto, senza successo, una serie di progetti di centrali nucleari. Questa volta, però, l'offerta della Russia potrebbe essere vista come un modo per testare la lealtà kazaka e mantenere la propria influenza in Asia centrale mentre i progetti cinesi della Belt and Road Initiative cinese (BRI) proliferano in tutta la regione. Tra l’altro, l’agenzia nucleare russa Rosatom sta anche aiutando l'Uzbekistan, il competitor regionale del Kazakistan, a costruire la propria centrale nucleare: se da una parte ci si aspetta dunque che la politica estera kazaka mantenga il suo corso “multivettoriale”, dall’altra è altamente probabile che anche Mosca continuerà a esercitare la sua strategia di divide et impera per mantenere la propria influenza nell’area.

 

Cina

Le relazioni tra Cina e Kazakistan hanno trovato nuova sincronia dal lancio della BRI all’Università Nazarbayev di Nur-Sultan nel 2013. Il Kazakistan è lo snodo principale della via di terra cinese ed è proprio attraverso di esso che passano tre dei sei corridoi della BRI. La leadership kazaka ha inoltre istituito un programma di sviluppo nazionale (Nurly Zhol, letteralmente “il cammino luminoso”) volto a complementare gli investimenti cinesi nel Paese, che al 2018 ammontano a oltre 10 miliardi di dollari. Il Nurly Zhol fa sì che il Kazakistan sia in prima linea tra i partner di Pechino che hanno maggiori probabilità di raggiungere il successo auspicato dalla leadership cinese. Oltre al Nurly Zhol, il Kazakistan ha predisposto una serie di zone economiche speciali tra cui svetta Khorgos, la porta cinese verso i mercati dell’Europa occidentale che, se mai dovesse chiudersi, andrebbe a ledere buona parte degli investimenti cinesi lungo la via terrestre.

Il Kazakistan è quindi diventato un attore chiave della politica estera del Presidente Xi Jinping. Allo stesso tempo, le elezioni politiche dei partner BRI sono una delle sfide future del progetto di sviluppo di Pechino, così come il terrorismo e lo sviluppo sostenibile – quest’ultimo ampiamente trattato durante il Secondo Forum BRI dello scorso aprile.

Le principali preoccupazioni di Pechino derivano non tanto da un cambio di atteggiamento nei confronti degli investimenti cinesi in ambito BRI da parte della futura leadership kazaka, ma dal mantenimento della stabilità interna del Kazakistan a seguito del cambio di governo. Come già accennato, la difficile transizione dell’Uzbekistan dopo la morte dello storico leader Islam Karimov e l’avvio della presidenza di Shavkat Mirziyoyev ha preoccupato i vertici politici a Nur-Sultan, ma anche a Pechino. 

La Cina è oggi alle prese con una serie di sfide sulla sua via marittima che comprendono il crescente scetticismo dei suoi partner e un’aspra competizione con Stati Uniti e Giappone in tutto l’Indo-Pacifico. Se a queste dovessero aggiungersi ulteriori criticità provenienti dalla via di terra, per Pechino potrebbero dimostrarsi troppo difficili da gestire.

 

Unione Europea

Nell'ultimo decennio, l'Unione europea si è resa più visibile in Asia Centrale: Bruxelles ha infatti ampliato la sua presenza diplomatica, stabilito meccanismi di cooperazione e aumentato i suoi aiuti allo sviluppo. Il 2019, in particolare, è un anno importante per le relazioni tra UE e Kazakistan, in previsione della piena entrata in vigore dell'Accordo di partenariato e cooperazione rafforzato (EPCA) tra il Kazakistan e l'UE e della revisione della Strategia UE per l’Asia Centrale, approvata a metà maggio. La dimensione economica è determinante per l’accresciuto interesse UE nei confronti Kazakistan: l’UE è infatti il principale partner commerciale del Kazakistan, destinatario di quasi il 40% dell’export kazako totale, a sua volta costituito all'80% da petrolio e gas. Inoltre, quasi la metà degli investimenti diretti esteri nel Paese proviene dall'UE. Anche le questioni regionali e di sicurezza sono al centro dell'attenzione europea, così come il tema delle infrastrutture: alla luce della penetrazione cinese attraverso la BRI, l’UE sembra voler giocare un ruolo più attivo nella regione. Come ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk dopo l'incontro con Tokayev lo scorso 31 maggio – energia, trasporti e connessioni digitali costituiscono il fulcro della nuova strategia europea per l'Asia Centrale.

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AUTORI

Giulia Sciorati
ISPI Research Assistant, China Programme
Eleonora Tafuro Ambrosetti
Ispi Research Fellow, Russia, Caucasus and Central Asia Centre

Nella foto di copertina: Kassym-Jomart Tokayev

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