Kosovo: nasce il governo delle nuove speranze
Salta al contenuto principale

Form di ricerca

  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • CONTATTI
  • MEDMED

  • login
  • EN
  • IT
Home
  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • CONTATTI
  • MEDMED
  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri ristretti
    • Conferenze di scenario
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI

  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri ristretti
    • Conferenze di scenario
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI
Albin Kurti premier
Kosovo: nasce il governo delle nuove speranze
Giorgio Fruscione
04 febbraio 2020

Dopo quattro mesi di tribolate gestazioni il Kosovo ha finalmente un governo. I due partiti che alle elezioni di ottobre avevano ottenuto la maggioranza dei voti – Vetevendosje (VV, Autodeterminazione) e Lega Democratica del Kosovo (LDK) – hanno raggiunto un accordo domenica 2 febbraio, vagliato l’indomani dalla maggioranza dei voti dell’assemblea (66 su 120). Il nuovo primo ministro è Albin Kurti, leader di Vetevendosje, partito nazionalista di sinistra che non aveva mai governato nei sette precedenti esecutivi di Pristina. Fondamentali al sostegno dell’alleanza con la formazione di centro-destra LDK sono stati i voti dei rappresentanti delle minoranze.
Il nuovo esecutivo presenta diverse novità e si insedia in un momento particolarmente delicato, soprattutto in riferimento ai rapporti con la Serbia, con cui Kurti ha promesso di rilanciare il dialogo, infondendo speranze per un nuovo corso sia per il Kosovo che a livello regionale.

Quali novità?

Quello di Kurti sarà il primo esecutivo guidato da un premier di sinistra. Nel discorso inaugurale, Kurti ha ribadito i suoi cavalli di battaglia: lotta alla corruzione, agli sprechi nella spesa pubblica, e l’impegno per migliorare i sistemi sanitario e scolastico. Il nuovo governo presenta ben 5 donne su 15 ministeri – che sono stati ridotti di un terzo rispetto ai 21 delle precedenti legislature –, rompendo drasticamente l’enorme squilibrio di genere del governo Haradinaj (solo una donna su 21 ministeri).

Albin Kurti sarà anche il primo premier – insieme a Isa Mustafa, che governò dal 2014 al 2017 – a non aver militato tra le fila dell’UCK, l’Esercito di Liberazione del Kosovo che nel 1998-99 combattè per l’indipendenza da Belgrado. Anche questa è una rottura rispetto al precedente governo, considerato che l’alleanza che supportava il primo ministro Ramush Haradinaj venne subito battezzata “coalizione di guerra”, in quanto tutti i leader dei partiti che vi partecipavano avevano ricoperto un ruolo di rilievo nell’UCK.

Serbi del Kosovo e Serbia: quali conseguenze?

Uno degli elementi più delicati di questi quattro mesi di consultazioni è stato il rapporto coi serbi del Kosovo. Alle elezioni di ottobre la Lista Serba (SL), principale partito della minoranza nel paese, aveva ottenuto – non senza dubbi sulla trasparenza del voto – oltre il 95% delle preferenze nei comuni dove i serbi sono la maggioranza, inclusi i quattro del nord. Tuttavia, Kurti aveva subito fatto sapere che non avrebbe incluso nel nuovo esecutivo la SL, che considera un’estensione dello stato serbo nella sua ex provincia. Una considerazione più che legittima per via del forte sostegno di cui gode la SL da Belgrado e dal presidente Aleksandar Vucic, che insieme al suo governo ha sempre invitato a votare questo partito, presentandolo come l’unico in grado di rappresentare e tutelare gli interessi dei serbi nella regione.

Tuttavia, forte del risultato elettorale e dei dieci deputati eletti, la Lista Serba non poteva essere esclusa dalla formazione di governo, per il quale la costituzione impone di riservare alcuni dicasteri alle minoranze. La Lista Serba, che partecipava anche nel precedente esecutivo, non ha mai corteggiato Kurti, che considera un nazionalista radicale, dal momento che questi non ha mai nascosto di ambire a una maggiore integrazione politica ed economica con l’Albania, se non addirittura un’unificazione tra i due stati, che sembra però irrealistica. La situazione si è fatta quasi kafkiana poiché la SL non si è espressa e si è astenuta dal votare la formazione di governo in cui Kurti ha assegnato loro due ministeri.

Nel suo discorso inaugurale – in lingua serba e turca, oltre che albanese – Kurti ha annunciato di voler riprendere il processo di normalizzazione dei rapporti con la Serbia, dopo lo stallo iniziato dal governo Haradinaj a novembre 2018. La parola chiave, ripetuta anche nelle interviste ad alcune emittenti di Belgrado nelle settimane successive alle elezioni, è reciprocità. Un principio che il neopremier vuole applicare tanto a livello politico – nel processo di negoziato mediato dall’UE – quanto a livello economico e commerciale, dal momento che lo stallo del dialogo risiede nell’applicazione di Pristina di dazi del 100% sulle merci provenienti dalla Serbia, chiedendo implicitamente che anche Belgrado riconosca la merce d’importazione kosovara. Inoltre, Kurti ha annunciato la formazione di una commissione che seguirà i negoziati, lasciando intendere che questa responsabilità non sarà più esclusivo appannaggio del presidente della repubblica. Secondo rivelazioni di Radio Free Europe, il piano di Vetevendosje prevede che a guidare il dialogo sia il premier, attraverso incontri bilaterali, includendo questioni quali le persone scomparse nel conflitto tra il 1998 e il ’99, le riparazioni di guerra, così come una risoluzione da sottoporre al parlamento che getti le basi per il futuro delle relazioni con la Serbia.

Per ora il dialogo era stato condotto esclusivamente dai due presidenti della repubblica, Hashim Thaci e Aleksandar Vucic, senza alcun coinvolgimento dei rispettivi parlamenti e con ruoli marginali degli esecutivi di Pristina e Belgrado. Quella di Kurti sembra quindi un’inversione di rotta che porti a una maggiore inclusione di rappresentanti locali, rimarcando quindi la sua intolleranza solo verso le intromissioni di Belgrado nella politica kosovara e non verso i serbi del Kosovo, che si prefigge di rappresentare. Una rappresentanza che i serbi a nord del fiume Ibar potrebbero non accettare, esigendo piuttosto l’applicazione degli Accordi di Bruxelles del 2013, che prevedono la formazione della Comunità delle Municipalità Serbe, un organo di autogoverno rimasto finora lettera morta, anche per l’intransigenza espressa dallo stesso Vetevendosje nelle discussioni parlamentari.

Torna la competizione della diplomazia internazionale?

Le consultazioni per il nuovo governo sembravano bloccate da diversi “giochi della sedia”. Eppure, se a livello interno è stato dirimente che Vetevendosje cedesse la poltrona di presidente del parlamento a Vjosa Osmani della LDK, importante è stato anche il ruolo della comunità internazionale. Solo quattro giorni prima della nascita del governo, l’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Unione Europea, Josep Borrell, aveva visitato Pristina, dove ha incontrato il presidente Thaci. Quest’ultimo ha rimarcato la delusione per la mancata liberalizzazione dei visti per i cittadini kosovari – unici nella regione a non poter recarsi liberamente in UE – a cui Borrell ha replicato garantendo che questi verranno concessi, ma senza specificare quando. Il successore di Federica Mogherini ha quindi fatto pressione affinché a Pristina si formasse il nuovo governo per consentire la ripresa del dialogo con Belgrado, missione primaria per l’Alto rappresentante, che spinge Serbia e Kosovo “a una risoluzione d’accordo, che può essere trovata solo da loro due”.

La visita di Borrell riattiva una competizione a livello geopolitico in cui gli USA sono tornati da protagonisti dopo aver sostenuto Pristina nella guerra degli anni Novanta e nel processo di riconoscimento successivo al 2008, quando dichiarò unilateralmente la sua indipendenza. Pochi giorni prima, infatti, Richard Grenell, inviato speciale USA per il dialogo Serbia-Kosovo – una carica creata appena qualche mese fa dalla Casa Bianca –, aveva visitato Pristina rimarcando l’impegno statunitense nella regione a fronte di una UE inconcludente. La visita è avvenuta a pochi giorni di distanza da uno scambio di lettere in cui Belgrado e Pristina si impegnano a ripristinare la linea di collegamento aereo tra le due capitali, a cui è seguito quello per la tratta ferroviaria. Accordi più che altro simbolici, che saranno vincolati alla rimozione dei dazi, ma che servono per rilanciare il protagonismo USA nella regione. Un elemento di diplomazia internazionale da cui il governo Kurti non potrà prescindere.

Ti potrebbero interessare anche:

CDU, nuovo leader cercasi
La Germania guarda al dopo Merkel
Accordo Cina-Ue sugli investimenti: cosa prevede (e cosa no)
Giulia Sciorati
ISPI China Programme
Accordo Brexit: UE e UK ancora amici?
L'anno del G20 italiano
Così l'Italia torni a contare nel Mediterraneo
Giampiero Massolo
Presidente ISPI

Tags

Balcani Europa
Versione stampabile
 
EUROPA 2019

AUTORI

Giorgio Fruscione
ISPI Research Fellow

SEGUICI E RICEVI LE NOSTRE NEWS

Iscriviti alla newsletter

Chi siamo - Lavora con noi - Analisti - Contatti - Ufficio stampa - Privacy

ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) - Palazzo Clerici (Via Clerici 5 - 20121 Milano) - P.IVA IT02141980157