L’attuale crisi politica nei paesi del Nord Africa sta creando un’emergenza umanitaria di ampie proporzioni. Secondo i dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) dall’inizio della crisi in Libia all’11 marzo 2011 più di 230.000 persone sono fuggite dal paese, di cui la maggior parte verso la Tunisia (118.000 con una media di 2.500 al giorno) e l’Egitto (107.000) e, in minor misura, verso il Niger (2.000) e verso l’Algeria (4.300).
Il flusso migratorio che arriva in Italia però, almeno finora, riguarda non tanto i libici quanto i tunisini. Al momento i dati ufficiali del Ministero dell’Interno italiano contano 6.300 arrivi, prevalentemente sulle coste di Lampedusa, dal 16 gennaio al 23 febbraio (rispetto ai 9.573 totali del 2009). Di questi, 6.200 sono giovani tunisini, la maggior parte dei quali è spinta da motivi economici e non ha presentato domanda di asilo, ma potrebbe essere rimpatriata. Tuttavia, gli arrivi potrebbero aumentare notevolmente.
In questo contesto l’Italia ha avviato alcune iniziative a livello nazionale ed europeo. L’Italia ha deciso di organizzare una missione umanitaria in Tunisia a Djerba e Zarzis, i due principali porti tunisini da cui partono gli immigrati, al fine di offrire assistenza ai profughi in loco, stanziando cinque milioni di euro. Inoltre, il governo italiano ha provveduto all’evacuazione di alcuni cittadini eritrei da Tripoli, iniziativa di rilievo anche perché il trattamento dei cittadini dei paesi dell’Africa sub-sahariana, rifugiati o lavoratori in Libia, è fonte di preoccupazione per l’Unhcr. Allo stesso tempo, l’Italia ha predisposto un piano di prima accoglienza nel caso in cui vi sia un esodo di massa.
In secondo luogo, venendo meno i risultati della politica di accordi bilaterali in materia migratoria con i paesi della sponda sud del Mediterraneo, come il Trattato di Amicizia, Partenariato e Cooperazione concluso con la Libia nel 2008, l’Italia ha fatto alcune proposte per il rafforzamento del sistema europeo. In particolare, insieme ai governi dei paesi mediterranei (Francia, Grecia, Spagna, Malta e Cipro) ha proposto di creare un sistema di asilo comune entro la fine del 2012, di istituire un fondo speciale di solidarietà per condividere gli oneri derivanti dall’emergenza, di rafforzare l’Agenzia per i controlli alle frontiere (Frontex) per farne uno strumento realmente operativo (secondo il ministro dell’Interno, Frontex potrebbe gestire direttamente i centri d’identificazione ed espulsione e curare i rimpatri nei paesi d’origine), infine d’incoraggiare forme di collaborazione bilaterale per affrontare le questioni migratorie sia tra gli stati membri che con i paesi di partenza e transito dei flussi.
A fronte della richiesta di rafforzamento della sorveglianza delle frontiere esterne dell’Ue avanzata dal governo italiano, è stata anticipata al 20 febbraio l’operazione di Frontex Hermes 2011, un’operazione congiunta di pattugliamento nell’area del Mediterraneo sotto la guida italiana. Inoltre, il Consiglio europeo straordinario dell’11 marzo 2011 ha ribadito l’impegno per l’invio di aiuti umanitari (sono stati già previsti aiuti per 30 milioni di euro), ha richiesto l’invio di maggiori risorse da parte degli stati membri per Frontex e ha espresso la necessità di una fattiva solidarietà per i membri più direttamente interessati dai movimenti migratori. Tuttavia non è ancora chiaro come verrà attuato il principio di ripartizione degli oneri introdotto dal Trattato di Lisbona (l’art. 80 Tfue prevede che le politiche relative ai controlli alle frontiere, all’immigrazione e all’asilo siano governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità tra gli stati membri, anche sul piano finanziario).
Nel frattempo, l’Unhcr ha adottato alcune raccomandazioni per affrontare l’emergenza umanitaria: in particolare, l’Alto Commissariato si è appellato ai governi dei paesi del Nord Africa e dell’Europa affinché mantengano aperte le loro frontiere alle persone costrette a partire dalla Libia e affinché forniscano loro l’adeguata tutela, tenendo conto delle diversità dei profili dei profughi.