A seguito di una crisi che ha messo in ginocchio l’intera economia globale, la chiave della ripresa sembra essere quella della sostenibilità e del miglioramento della salubrità degli spazi in cui viviamo. La capacità dei Paesi di assumere un ruolo da front-runner su questi temi sarà un importante presidio di competitività internazionale oltre che di resilienza verso nuove crisi pandemiche. Una sfida che non è solo economica ma può tradursi anche in una competizione di natura geopolitica.
I flussi di investimento immobiliare, anno 2018
Fonte: Ricerca Savills utilizzando RCA
Con 1,8 trilioni di dollari investiti in tutto il mondo, il 2018 è stato l'anno più attivo nel mercato immobiliare globale degli ultimi decenni. Il dato include il capitale transfrontaliero che fluisce da un continente all'altro collegando non solo investitori ma anche diverse economie nazionali. Nel 2009, l'implosione dei mutui sub-prime che ha avuto origine negli Stati Uniti e la crisi finanziaria globale che ne è conseguita, ha permesso un migliore apprezzamento dell'impatto geopolitico e delle esternalità del settore immobiliare sull’economia globale. Gli investitori hanno riscoperto che la globalizzazione nel settore immobiliare come in altri settori comporta, a fronte di benefici reciproci, anche interdipendenze e contagi di vulnerabilità tra economie e Stati.
Come dichiarato nel documento Globalization of a commercial property market: the case of Copenhagen, la globalizzazione del settore immobiliare è guidata da diversi attori, privati o pubblici, che coinvolti "nella produzione, proprietà, manutenzione, uso e riproduzione dell'ambiente costruito, operano nel mercato a distanze sempre crescenti”. Significa che ci possono essere migliaia di chilometri tra chi vive o lavora in un edificio, la banca che fornisce un finanziamento a chi l’edificio lo acquista, le società di asset manager che gestiscono il patrimonio e gli investitori contributori di capitale.
L'apertura del mercato immobiliare al capitale straniero è alimentata principalmente, ma non esclusivamente, dal profitto (privato per i rendimenti attesi, pubblico per il gettito fiscale, e la ricchezza che da quei investimenti può derivare) e dalla diversificazione del rischio. La dimensione di capitale da allocare in un Paese piuttosto che in un altro può però variare secondo scopi altri (beyond the profit) che l'economia politica dovrebbe prendere in considerazione. Ricerche recenti hanno indagato l'implicazione che il capitale in uscita investito nel settore immobiliare ha sulla geopolitica, suggerendo che "la geopolitica non solo condiziona, ma è anche condizionata dalla produzione e circolazione di capitale immobiliare". Viste le sue caratteristiche internazionali e transfrontaliere come prodotto di investimento, il Real Estate è considerato un caso di geopolitica del multiplo – una teoria secondo cui, nell’era della globalizzazione, le strategie geopolitiche siano “assemblate” dal continuo mutamento di attori, motivazioni e materialità eterogenee che influenzano modi e scopi con cui le relazioni estere vengono oggi negoziate.
Per meglio comprendere il peso degli investimenti Real Estate come componente di una logica geopolitica si presentano due casi.
I residenti russi investono nel mattone estero
In Russia, l'immobiliare è emerso come bene commerciabile all'inizio degli anni '90, in conseguenza della transizione dal socialismo al capitalismo che ha permesso la privatizzazione del settore e il trasferimento dei titoli di proprietà dallo Stato agli affittuari. Questo processo ha permesso agli investitori russi di iniziare a investire nel mercato domestico e all'estero creando una rete di relazioni economiche che ancora oggi influenzano la politica internazionale. Nel 2019, la Russia era ancora il secondo investitore diretto estero in uscita (dopo la Cina) tra le economie emergenti.
L'importanza dell'immobiliare per la geopolitica russa è ben spiegata in una ricerca (The geopolitics of real estate: assembling soft power via property markets) che delinea alcuni casi di implicazione transfrontaliera negli investimenti immobiliari internazionali. Per esempio, gli investimenti russi in immobili residenziali in città come Londra sono molto popolari e danno allo Stato russo una certa influenza sul territorio che porta a influenze esterne sui mercati immobiliari inglesi. La forte presenza della ricchezza dei russi a Londra - che vale 27 miliardi di sterline e lo 0,5% delle entrate della città - è stata considerata da alcuni determinante nell'iniziale riluttanza della Gran Bretagna a sostenere le sanzioni contro l'occupazione russa dell'Ucraina. Le implicazioni del “Real Estate soft-power” è stato dimostrato da un rapporto confidenziale pubblicato da The Guardian. Il rapporto suggerisce che la Gran Bretagna non avrebbe dovuto sostenere le sanzioni commerciali dell'UE contro la Russia né chiudere il centro finanziario di Londra ai cittadini russi.
Un approccio simile è oggi utilizzato dai cosiddetti “big croc”, ovvero da gruppi di facoltose famiglie cinesi. Infatti, dalle elezioni generali di dicembre 2019, gli acquirenti di immobili a Londra provenienti da Hong Kong hanno superato gli acquirenti provenienti da Russia e India, diventando così il più grande gruppo di acquirenti stranieri che investono in proprietà residenziali e commerciali della capitale inglese.
Il caso della ricostruzione in Siria
Dallo scoppio della guerra civile in Siria, molte città sono state oggetto di bombardamenti. Nel 2019 il costo della ricostruzione delle città siriane è stato stimato tra i 260 e i 400 miliardi di dollari. La legge siriana attualmente non consente ai cittadini stranieri di possedere o acquistare beni immobili. Tuttavia, il governo si è dimostrato aperto ad alcune eccezioni e, anche se la guerra non è ancora finita, gli attori nazionali e stranieri sono già alla ricerca di opportunità di investimento.
Il Governo siriano ha infatti emesso una serie di decreti per organizzare e beneficiare della ricostruzione che seguirà la guerra, promuovendo grandi progetti immobiliari che dovrebbero attirare capitali stranieri. Una serie di leggi sulla proprietà, compresa la famigerata legge 10 che permette al governo di designare zone di riqualificazione e costringere i proprietari a cedere la proprietà in cambio di un risarcimento, sono progettate per aprire lucrative opportunità immobiliari. Il programma di ricostruzione sembra essere un tentativo di attirare il favore politico a livello internazionale, ma per il regime questo processo è guidato da due scopi principali: stimolare una ricostruzione altrimenti insostenibile con finanziamenti privati e farlo in un modo che canalizzi ritorni economici verso uomini e industrie affiliate al regime siriano.
Il tentativo di attirare capitali stranieri e di creare consenso internazionale offusca però le ragioni di stabilità politica interna del programma di ricostruzione. Quest’ultimo infatti impedisce a molti residenti (e a molti rifugiati) di far valere i loro legittimi diritti di proprietà e crea un ostacolo significativo al ritorno anche di quelle frange di opposizione al regime. Un segmento significativo di rifugiati intervistati ha infatti dichiarato che difficilmente tornerà in Siria senza una casa o una proprietà. Tale approccio è in parte governato dagli imperativi finanziari del regime, ma può anche riflettere il desiderio di assicurare che la popolazione di ritorno non raggiunga una dimensione tale da sfidare l'autorità centrale.
A causa della natura pervasiva del prodotto immobiliare, la globalizzazione ha aperto la strada a interessi che valicano il semplice valore economico del Real Estate. Gli investimenti transfrontalieri nel settore stanno emergendo in una chiave politica e di interesse pubblico senza precedenti. A differenza di altri strumenti finanziari, la finanzia immobiliare ha infatti un legame più diretto con l’economia reale e può dunque impattare in modo più incisivo sulla vita delle città e comunità in cui viviamo. Gli asset logistici, residenziali, e perfino gli immobili religiosi sono oggi più che mai importanti veicoli di egemonia politica, economica e culturale e, in quanto tali, entrano a pieno titolo nell'armamentario delle dinamiche geopolitiche.