La guerra si combatte sempre più con strumenti e obiettivi economici. In questo scenario, le sanzioni costituiscono un’arma strategica cruciale – meno spettacolare, ma non meno distruttiva dei carri armati o dei bombardieri, come ammise già un secolo fa il presidente americano Woodrow Wilson: “Applicate questo rimedio economico, pacifico, silenzioso e mortale e non ci sarà bisogno della forza”. Gli Stati Uniti hanno minacciato di ricorrervi nell’evenienza in cui la Russia invada l’Ucraina. Oggi l’assedio non si attua più bloccando l’approvvigionamento delle città fortificate con gli eserciti o impedendo l’accesso ai porti coi sottomarini, bensì interrompendo i flussi di denaro in entrata e in uscita dal Paese attraverso il controllo del sistema dei pagamenti. Alle barriere fisiche si preferiscono meno onerose e più efficaci barriere finanziarie.
Ma come funziona il sistema dei pagamenti internazionale? Come può essere utilizzato a scopi bellici? Cosa implica rimanerne esclusi? Quali alternative o contromisure può adottare il Paese colpito? E quali potrebbero essere le implicazioni geopolitiche di un ricorso sistematico a questo strumento, in particolare sull’egemonia monetaria degli Stati Uniti?
SWIFT: una vera e propria arma in mano degli USA
I pagamenti transfrontalieri passano per il sistema bancario. Gli ordini di pagamento sono trasmessi tramite SWIFT (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication), un consorzio internazionale di banche con sede in Belgio che collega attraverso una rete informatica circa 11.000 istituzioni finanziarie in tutto il mondo. SWIFT fu costituito nel 1977 per evitare che l’infrastruttura dei pagamenti internazionali fosse monopolizzata dall’americana Citibank. Per una ironia della storia, ha finito per diventare la principale arma degli Stati Uniti nell’esercizio dell’egemonia monetaria globale.
Fino alla fine degli anni '90, SWIFT si è comportato come una società privata e ha protetto la privacy dei suoi clienti negando qualsiasi richiesta di informazioni da parte dei governi. Dopo l’attacco terroristico alle Torri Gemelle nel 2001, il Tesoro degli Stati Uniti ha lanciato il Terrorist Finance Tracking Program (TFTP) per rintracciare la rete di finanziamento dei fondamentalisti islamici. In questo quadro, il governo degli Stati Uniti ha richiesto l’accesso ai dati SWIFT. Dal 2001 in poi, è stato in grado di ottenere informazioni che possono essere utilizzate non solo per scopi di sicurezza nazionale, ma anche per fini geopolitici ed economici.
Come abbiamo raccontato più diffusamente altrove, un passo significativo verso l’uso del sistema dei pagamenti a fini militari e strategici è avvenuto nel 2012 quando, sotto la pressione americana, SWIFT ha disconnesso il sistema bancario dell’Iran nel quadro del pacchetto di sanzioni impiegato per fermarne il programma nucleare. Il sistema dei pagamenti si è rivelato immediatamente uno strumento bellico estremamente efficace per garantire l’attuazione delle sanzioni. Infatti, è sufficiente sospendere il codice SWIFT di un individuo, di un’impresa o anche di un intero Paese per impedire a chiunque di effettuare pagamenti verso il beneficiario identificato da quel codice.
Non solo: l’utilizzo di SWIFT consente di bloccare anche gli intermediari che, in violazione delle sanzioni, effettuino transazioni con o per conto dei soggetti colpiti, creando in tal modo un forte incentivo al rispetto delle sanzioni da parte di tutte le controparti. Come mostra il caso di BNP Paribas che, nel 2014, avendo ammesso di aver eseguito migliaia di transazioni che coinvolgevano Paesi inseriti nella lista nera americana, ha accettato di pagare una multa di 8,9 miliardi di dollari ed è stata costretta a sospendere le sue operazioni di clearing in dollari a New York per un anno.
Nel 2015, firmando l’accordo JCPOA, l’Iran si è impegnato a fermare lo sviluppo di armi nucleari in cambio della fine delle sanzioni economiche. Quando Trump ha rotto l’accordo e riattivato le sanzioni, l’Unione Europea ha deciso di dotarsi di un sistema che facilitasse i pagamenti all'Iran evitando l’uso di SWIFT. Questo sistema è operativo da giugno 2019 col nome di INSTEX (Instrument in Support of Trade Exchanges), ma le aziende private evitano di utilizzarlo per il timore di incappare nelle sanzioni americane, mostrando quanto la dipendenza dagli Stati Uniti sia ancora elevata in un mondo in cui il dollaro è moneta internazionale.
Il sistema dei pagamenti è diventata ormai l’arma economica più potente che gli Stati Uniti possano impiegare contro un nemico. Dati questi precedenti, la possibilità che il sistema di pagamento non sia più uno strumento neutrale ma possa diventare un’arma usata dal governo USA e dai suoi alleati ha allarmato i loro principali antagonisti come Venezuela, Cuba, Corea del Nord, Iran, Cina e naturalmente Russia.
Escludere Mosca da SWIFT sarebbe efficace?
Il caso russo è emblematico da questo punto di vista. A seguito delle sanzioni del 2014, alcune banche russe sono state inserite dagli Stati Uniti nella lista nera. Visa e MasterCard hanno subito sospeso i servizi verso tali banche. In risposta, la banca centrale russa ha sviluppato un proprio sistema di pagamento, Mir, che intermedia circa il 25% di tutte le transazioni nazionali con carta. Tale risultato è stato possibile grazie agli interventi governativi che hanno imposto il pagamento di pensioni e stipendi dei dipendenti pubblici con carte Mir. Nonostante la rapida diffusione all’interno dei confini nazionali, Mir è difficilmente utilizzabile all’estero se non in Armenia, Ossezia meridionale e Abkhazia. Recentemente, però, grazie alla cooperazione con il sistema Maestro e la cinese Unionpay, gli utenti di Mir hanno la possibilità di eseguire transazioni in contesti più ampi.
Inoltre, nel 2014, in risposta alla minacciata esclusione dal sistema SWIFT e al precedente iraniano, il governo russo ha sviluppato il System for Transfer of Financial Messages (SPFS) che nel 2021 ha intermediato circa 13 milioni di messaggi tra i più di 400 intermediari finanziari aderenti al sistema (tra cui Unicredit e Deutsche Bank) per un totale pari al 20% dei trasferimenti nazionali. Denis Baryshkov, capo del dipartimento per lo sviluppo e la regolamentazione del sistema di pagamento nazionale della Banca di Russia, ha affermato che dal 2022 le banche bielorusse, nel quadro dell’Unione economica euroasiatica, passeranno al sistema di pagamenti russo SPFS. Tale decisione avrebbe anche l’effetto di togliere al blocco occidentale l’arma SWIFT come possibile deterrente alle politiche bielorusse non gradite a Bruxelles e Washington.
Nel caso in cui le banche russe fossero disconnesse da SWIFT, il sistema finanziario russo potrebbe appoggiarsi, poi, al sistema di pagamento interbancario transfrontaliero cinese (CIPS). Pur non essendo un perfetto sostituto del sistema SWIFT, CIPS ha utenti in oltre cento Paesi. Al contrario di SWIFT, CIPS è gestito dalla People's Bank of China che potrebbe sfruttare questa leva all’interno di un progetto più ampio di de-dollarizzazione del sistema finanziario globale. Realisticamente, il CIPS al momento potrebbe diventare un'alternativa al massimo regionale a SWIFT.
Recentemente la banca centrale russa ha proposto di bandire le criptovalute dal sistema finanziario russo. L'uso e il mining di criptovalute private sul territorio russo è visto come un pericolo al benessere dei cittadini, alla stabilità finanziaria e alla sovranità monetaria. Al contrario, pare che l’utilizzo di stablecoin garantite da oro possa incontrare il beneplacito del governo, come afferma il presidente della Commissione per l'industria e il commercio della Duma di Stato, Vladimir Gutenev. E la loro funzione potrebbe essere proprio quella di agevolare i pagamenti transfrontalieri aggirando SWIFT.
Una strategia complementare al fine di de-dollarizzare il sistema finanziario russo è quella di sviluppare una moneta digitale di banca centrale (CBDC, central bank digital currency). La banca centrale russa ha infatti dichiarato di voler accelerare sulla creazione di un rublo digitale che bypassi il sistema SWIFT, che offra i vantaggi delle criptovalute private ma con un maggiore controllo sulla politica monetaria. Tuttavia, è assai dubbio che un rublo digitale possa essere accettato diffusamente fuori dalla Russia.
Un’arma a doppio taglio
Il Defending Ukraine Sovereignty Act 2022, che i Democratici hanno presentato questo mese al Senato americano, autorizzerebbe sanzioni su “fornitori di servizi specializzati di messaggistica finanziaria” (sez. 305). Nella RSP 2021/2642 anche il Parlamento europeo ha stabilito che in caso di invasione dell’Ucraina la Russia potrebbe essere disconnessa dal sistema SWIFT.
Quali sarebbero le conseguenze? Quando nel 2014, dopo l’invasione della Crimea, l’Europa chiese che la Russia fosse sconnessa da SWIFT, il presidente di allora, Dimitri Medvedev, disse che si trattava di “una dichiarazione di guerra”. In effetti, le autorità russe stimarono che il provvedimento avrebbe comportato una riduzione del Pil del 5%. Oggi il quadro è diverso. Grazie a Mir, i pagamenti interni al Paese non sarebbero colpiti. E anche gli effetti sulle relazioni esterne sarebbero parzialmente attenuati dal ricorso a SPFS e CIPS. Tanto che lo stesso Medvedev, che nel frattempo è diventato vicepresidente del Consiglio di Sicurezza, ha dichiarato che le transazioni finanziarie “diventeranno più difficili, ma non sarà una catastrofe”.
In compenso, l’esclusione di un Paese da SWIFT avrebbe ripercussioni sugli Stati che comminano le sanzioni. Il blocco dei pagamenti in entrata e in uscita imporrebbe un’interruzione non soltanto dei traffici commerciali, ma anche delle transazioni finanziarie. Perciò l’ipotesi di un’esclusione della Russia ha suscitato la preoccupazione delle banche europee, in particolare di quelle francesi e italiane, che sono esposte complessivamente per circa 50 miliardi di dollari ugualmente ripartiti fra i due Paesi e che, nell’evenienza di un blocco, non potrebbero ottenere il pagamento di quei crediti. Un blocco indiscriminato rischierebbe di tradursi in una moratoria sui debiti esteri della Russia. Non è un caso che l’escalation abbia indotto UniCredit a rinunciare all’acquisizione della banca Otkritie dallo Stato russo.
Alla lunga, l’utilizzo del sistema dei pagamenti come arma rischia di essere costoso per i Paesi che la utilizzano assai più che per quelli che la subiscono: il ricorso sistematico a questo strumento, non solo colpisce tanto gli uni quanto gli altri, ma incentiva la ricerca di alternative e finisce per minare alla radice l’utilizzo del dollaro come moneta internazionale e l’assetto geopolitico che su tale egemonia monetaria si regge. Chi di moneta ferisce, di moneta perisce.