La leggenda dei graffiti di Darayya | ISPI
Salta al contenuto principale

Form di ricerca

  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED

  • login
  • EN
  • IT
Home
  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED
  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Digitalizzazione e Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Formazione ad hoc
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI

  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Digitalizzazione e Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Formazione ad hoc
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI
Commentary

La leggenda dei graffiti di Darayya

Eugenio Dacrema
16 settembre 2016

Non è facile trovare tracce di speranza nel conflitto siriano. Non è facile trovarle nelle persone che lasciano il paese a centinaia di migliaia, nei diplomatici impegnati da anni in futili tentativi di compromesso, oppure guardando semplicemente le immagini che arrivano tutti i giorni da quella che un tempo era la Siria; cadaveri, persone ferite e traumatizzate, e cumuli di macerie.

Tra quei cumuli di macerie c’è anche la cittadina di Daraya, nelle campagne a sud di Damasco. Tre anni di continuo assedio e bombardamenti la hanno ridotta in questo stato, fino alla capitolazione due settimane fa. Per quanto piccola e apparentemente insignificante, Darayya aveva una importanza primaria per il regime: era l’unico centro abitato nei pressi della capitale Damasco ancora interamente controllato da elementi laici dall’Esercito Libero Siriano, gli eredi del movimento di protesta del 2011.

Al contrario di quanto accade in quasi tutto il resto dei territori occupati dall’opposizione dove gruppi religiosi e tribunali shariatici vanno per la maggiore, Darayya era governata da un consiglio eletto di cittadini, e servizi primari venivano forniti dai combattenti, spesso volontari giunti a combattere da altre zone del paese e poi rimasti intrappolati lì per oltre tre anni. Darayya, come Kaft Anbel, nelle campagne di Idlib, rappresentava una alternativa laica al regime, una minaccia molto più esistenziale di qualunque gruppo estremista.

 

 

Fra i combattenti volontari di Darayya c’era Abu Malek al-Shami, giunto da Damasco nel 2013 dopo aver passato l’anno e mezzo precedente a manifestare nella sua città cercando di evitare pallottole e arresti. Shami non è il suo nome vero, l’ha inventato per proteggere i suoi parenti rimasti a Damasco da quando è diventato famoso. Ma non per eroiche imprese belliche o come leader politico: Shami è il misterioso artista di strada di Darayya, che da un paio d’anni ha conquistato pagine Facebook e siti web. La leggenda del “Banksy siriano” – come lo ha soprannominato la rivista Middle East Eye – vuole che in questi anni Shami si sia aggirato di notte per i quartieri distrutti della cittadina, usando le macerie di quelle che un tempo erano case, ospedali e scuole come “tele” per le sue opere. La mattia seguente i cittadini si radunavano intorno ad ammirare l’ultima opera, e a immortalarla in immagini che hanno fatto il giro del web. Molte di questi graffiti sono stati distrutti col tempo, colpiti dai bombardamenti senza sosta che hanno caratterizzato l’assedio di Darayya. Altri però sono ancora lì, a testimoniare una delle pagine dimenticate della rivoluzione siriana, rimaste sepolte sotto le bandiere salafite e i bombardamenti a tappeto delle aviazioni siriana e russa.

 

 

Ora che Darayya si è arresa e le forze del regime sono entrate nella città molti temono però per quanto potrebbe accadere alle opere di Shami, le quali interpretano una narrativa della rivolta siriana che il regime di Assad ha fatto di tutto per cancellare. Altri ancora, incluso egli stesso, temono per quanto potrebbe accadere a lui. L’accordo di resa prevede infatti il trasferimento dei combattenti di Darayya a Idlib, oggi controllata prevalentemente da al-Nusra e dagli alleati fondamentalisti. Gli altri grandi nemici della rivoluzione di Shami. 

 

 

Eugenio Dacrema, @Ibn_Trovarelli

Ti potrebbero interessare anche:

Le mani di Pechino su Aden
Eleonora Ardemagni
ISPI e UNICATT
Mondiali in Qatar
Mondiali di calcio: riflettori sul Qatar
Siria: incognite e prospettive
Silvia Carenzi
Scuola Normale Superiore, Scuola Superiore Sant’Anna e ISPI
,
Matteo Colombo
Clingendael e ISPI
Ucraina sei mesi dopo: da guerra lampo a guerra di logoramento?
L'economia europea al tempo della guerra: conversazione con Jean-Claude Trichet

Tags

Medio Oriente Siria Guerra
Versione stampabile

Autori

Eugenio Dacrema
Associate Research Fellow

SEGUICI E RICEVI LE NOSTRE NEWS

Iscriviti alla newsletter Scopri ISPI su Telegram

Chi siamo - Lavora con noi - Analisti - Contatti - Ufficio stampa - Privacy

ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) - Palazzo Clerici (Via Clerici 5 - 20121 Milano) - P.IVA IT02141980157