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Nord Africa

La Libia ha due premier, di nuovo

11 febbraio 2022

Bashagha viene eletto premier mentre Dbeibah, sostenuto dall’Onu, rifiuta di dimettersi. Ma la crisi politica in realtà nasconde una lotta di potere.

 

Rischia di riaccendersi la tensione in Libia dopo che il parlamento con sede a Tobruk ha nominato un nuovo primo ministro ad interim, mentre l’attuale premier rifiuta di farsi da parte. Un portavoce della Camera dei Rappresentanti ha affermato che l’assemblea ha scelto per acclamazione l'ex ministro degli interni Fathi Bashagha dopo che l'unico altro candidato, Khaled Al-Bibas, si era ritirato. Tuttavia, il primo ministro Abdul Hamid Dbeibah, che guida il governo di Accordo Nazionale riconosciuto dalla Comunità internazionale, ha respinto la decisione del parlamento, dicendo di riconoscere solo il Consiglio Presidenziale e che cederà il potere solo dopo le elezioni nazionali. L’impasse rischia di frenare il percorso verso la democratizzazione sostenuto dalle Nazioni Unite e sembra riportare indietro le lancette dell’orologio a quando la Libia era divisa tra due amministrazioni parallele in conflitto tra loro. Che la situazione minacci ogni forma di seppur parziale stabilità raggiunta negli ultimi mesi lo dimostra l’attentato al convoglio del premier Dbeibah verificatosi ieri nel centro di Tripoli. Un attacco – a cui il premier è miracolosamente scampato – ma che, fanno notare gli osservatori più attenti, “ha tutto il sapore dell’avvertimento mafioso” e potrebbe innescare una nuova spirale di violenze tra milizie. Dbeibah, sfiduciato nelle scorse settimane da Tobruk, ha ribadito in un discorso alla nazione che “continuerà a lavorare fino a quando il potere non sarà trasferito ad un’autorità eletta” tramite elezioni che, originariamente previste a dicembre 2021, sono state rinviate a giugno 2022.

 

Vecchi e nuovi veleni?

L’elezione dell’ex-ministro dell’Interno non può che alimentare veleni in un panorama politico fratturato lungo linee etniche, tribali e ideologiche, e di fatto assediato da milizie sostenute da sponsor stranieri che si contendono il controllo sulle risorse petrolifere del paese. Centinaia di persone sono scese in piazza nella capitale, Tripoli, per protestare contro la decisione del parlamento mentre Bashagha, che ha invece incassato l’appoggio del generale Khalifa Haftar e quella del Consiglio di Stato, avrà una settimana di tempo per formare un nuovo governo, e sottoporlo al voto di fiducia. Da quella data, secondo la Road map approvata dal parlamento di Tobruk, scatterebbero 14 mesi entro cui tenere le elezioni. I legislatori, infatti, hanno anche approvato una serie di emendamenti costituzionali che istituiscono, di fatto, una nuova tabella di marcia per la transizione del paese verso un governo democraticamente eletto. Gli emendamenti prevedono la creazione di una nuova commissione elettorale e la nomina di un comitato di 24 membri, in rappresentanza di tutte e tre le regioni del paese (Tripolitania, Cirenaica e Fezzan), per redigere una nuova Costituzione. 

 

 

 

Il voto non s’ha da fare?

Dopo aver recepito la notizia della nomina di Bashagha, l’Onu ha reso noto che continuerà a sostenere Abdelhamid Dbeibah come premier della Libia. Lo ha detto il portavoce del Palazzo di Vetro, Stephane Dujarric, confermando il sostegno delle Nazioni Unite all’imprenditore misuratino incaricato di guidare un governo ad interim nel marzo 2021. Dbeibah si era attirato numerose critiche quando, nel dicembre scorso, aveva deciso di candidarsi alle presidenziali nonostante la promessa di non farlo, posta come condizione al momento di assumere il suo incarico, e nonostante le contestate regole elettorali glielo impedissero. Ma per Salem Belgasem, docente di scienze politiche all'Università di Bengasi, il problema non è il destino di Dbeibah. La posta in gioco, dice in un’intervista al quotidiano Al Monitor, è che “ai libici non deve essere data la possibilità di votare in tempi brevi”. Né la Camera dei Rappresentanti di Tobruk né l'organo consultivo del Consiglio superiore di Stato “vogliono ancora uscire dalla scena politica – avverte Belgasem – e per questo, in un raro momento di accordo, i due organismi hanno concordato una nuova tabella di marcia e elezioni entro 14 mesi, che è un po’ come dire che non ci sarà nessuna elezione nel prossimo futuro”. Ora molto dipenderà da cosa faranno Dbeibah e i suoi sostenitori. C’è solo una certezza nello scenario confuso che si profila: quest'anno non ci saranno elezioni in Libia.

 

Lotta di potere?

Su tutti, il sentimento che prevale nella Libia del 2022 è la delusione seguita al tradimento di tutte le aspettative. Lo scorso dicembre circa 3,5 milioni di libici (su quasi 7 milioni di abitanti) si erano registrati per un voto che appare sempre più lontano e incerto. A più di dieci anni dalla caduta di Muammar Gheddafi il paese non solo non è riuscito a assicurarsi democrazia e stabilità ma si ritrova, ancora una volta, diviso in due campi rivali. Se nel 2011 erano stati principalmente Stati Uniti, Regno Unito e Francia a spingere per un intervento armato, dopo un lungo vuoto di potere, sono oggi Turchia e Russia a contendersene le spoglie.

Anche l’attuale classe politica libica si è dimostrata non all’altezza del compito assegnatole: se il Parlamento di Tobruk, il cui mandato è scaduto da tempo – come ha ricordato più volte il consigliere speciale Onu Stephanie Williams – reclama diritti che non gli sarebbero più propri, il premier Dbeaibah, che avrebbe dovuto ‘traghettare’ il paese per pochi mesi (da marzo a dicembre 2021), non dà alcun cenno di volersi fare da parte. “Il mandato del Parlamento libico è stato conferito 3.700 giorni fa. Sono passati sette anni e sette mesi da quando la Libia è andata alle urne. L'altra camera, l'Alto Consiglio di Stato, è stato eletto dieci anni fa. La loro durata è scaduta da tempo – ha detto Williams in una recente intervista – Quella a cui stiamo assistendo è una lotta per le rendite, il potere e il denaro. E sono motivi molto convincenti”.

 

Il commento

di Federica Saini Fasanotti, ISPI e Brookings Institution

L'elezione di Bashagha del 10 febbraio da parte della House of Representatives di Tobruk è un pessimo segnale per la stabilità del Paese, insieme all'attentato ai danni dell'attuale Primo Ministro al-Dbeibah, il cui mandato è stato prorogato, non essendo avvenute le tanto attese elezioni del 24 dicembre. A ciò si aggiunga, invece, che il mandato dell'HoR è scaduto da tempo, nonostante i suoi partecipanti, Aguilah Saleh in primis, facciano finta di niente: alla luce di questi fatti, l'elezione di Bashagha appare illegittima e non stupirebbe se nelle prossime settimane le tensioni in Libia raggiungessero livelli molto alti e la situazione, ancora una volta, sfuggisse di mano.     

 

* * *

A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications) 

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