Cina: cosa ha detto Xi Jinping al XX Congresso del Partito
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Il Congresso in Cina

La linea di Xi

Filippo Fasulo
18 ottobre 2022

Domenica 16 ottobre, Xi Jinping ha aperto il XX Congresso del Partito Comunista Cinese (Pcc). Il discorso è stato lungo, ma non lunghissimo. Il Segretario generale ha parlato per meno di due ore, leggendo solo una versione ridotta del suo Rapporto ufficiale al Congresso, forse per non gravare troppo sui delegati più anziani o per non affaticarsi eccessivamente lui stesso. La relazione di Xi Jinping è stata senza particolari guizzi, limitandosi soprattutto a riprendere temi già ampiamente trattati negli anni precedenti. La sede, d’altronde, non era adatta a proporre innovazioni, quanto piuttosto a sistematizzare l’attività svolta in questi anni, sia in ambito di politica interna che per quanto riguarda di rapporto con Taiwan. Ma è bene procedere con ordine e valutare con precisione le coordinate dell’azione politica di Xi Jinping che rientrano in un quadro, appunto, sistemico.

 

Il “ringiovanimento nazionale”

L’orizzonte di riferimento è quello identificato in occasione del lancio del Sogno Cinese, immediatamente dopo la sua prima indicazione come Segretario Generale del Pcc nel 2012. Per Xi Jinping la Cina deve tornare – il cosiddetto “ringiovanimento” – alla grandezza nazionale e al posto nel mondo che Pechino occupava fino alla penetrazione occidentale, cominciata con la I Guerra dell’Oppio nel 1839, che diede poi via al “Secolo dell’Umiliazione”. Si tratta di un periodo di frammentazione e mancanza di completa sovranità nazionale, che terminò soltanto nel 1949 con la fondazione della Repubblica popolare cinese (Rpc).

E secondo i piani di Xi, proprio il centenario della Rpc dovrà marcare il raggiungimento della piena modernizzazione del paese, dopo aver già tagliato nel 2021 il traguardo intermedio di “società moderatamente prosperosa”– a sua volta nel centenario della fondazione del Pcc. Da qui al 2049 c’è però una ulteriore periodizzazione per fasi: realizzazione della “modernizzazione socialista” entro il 2035 e costruzione di un “grande paese socialista e moderno” nel periodo 2035-2049. L’obiettivo del 2035 era stato indicato in occasione della pubblicazione del XIV piano quinquennale approvato nel 2021 che, oltre a indicare gli obiettivi fino al 2025, si spingeva più in là di un altro decennio. Per questa ragione molti ipotizzano, che Xi proietti la sua leadership proprio al 2035, visto che il 2049 dovrebbe essere fuori portata.

Gli obiettivi di sviluppo e di modernizzazione al 2035 sono poi declinati in sottotemi quali l’aumento della capacità nazionale in ambito economico, scientifico e tecnologico, educativo, ambientale, di governance e di sicurezza nazionale. Proprio quest’ultimo aspetto, quello della sicurezza, intesa sia in senso militare che come sicurezza economica, rappresenta, forse, una delle maggiori innovazioni della relazione. Nelle consuete analisi sui termini più utilizzati nei discorsi ufficiali, è proprio “sicurezza” la parola che ha fatto registrare il maggior incremento rispetto alle relazioni dei Congressi precedenti, superata ora soltanto da “sviluppo”, mentre si è ridotto notevolmente il ricorso al termine “riforme”.

 

Mettere in sicurezza la casa

L’attenzione alla sicurezza è così uno dei punti che permette di comprendere meglio la futura postura cinese. Xi Jinping, infatti, ha rinnovato, come fatto in passato, il riferimento ai cosiddetti “cigni neri” – eventi imprevedibili che cambiano lo scenario – e “rinoceronti grigi” – ovvero pericoli noti, ignorati e, per ora, in stato di quiete. Per meglio interpretare queste metafore zoologiche, bisogna prendere in considerazione la sua percezione sulla Cina come afflitta da rischi esterni e interni che potrebbero minarne lo sviluppo. I tempi futuri sono dunque difficili, come rappresentato da una metafora, citata nel discorso, sull’esigenza di mettere in sicurezza la casa prima dell’arrivo della tempesta. L’esito pratico, oltre a un maggiore controllo sociale interno al Paese, è una aumentata enfasi sulla necessità di rafforzare l’autarchia tecnologica allo scopo di ridurre la dipendenza dal trasferimento tecnologico dall’estero, soprattutto in un momento in cui gli Stati Uniti stanno sempre più ostacolando le relazioni commerciali nel settore dei semiconduttori, ovvero la prima voce delle importazioni cinesi e il suo principale punto di debolezza. La futura crescita economica della Cina, quindi, dipenderà molto dalla sua capacità di raggiungere il primato o almeno l’indipendenza tecnologica nei settori critici, vista la situazione di ridotta apertura internazionale verso il paese.

Un altro punto del discorso che ha catturato l’attenzione degli osservatori è quello relativo a Taiwan. Xi Jinping ha fatto riferimento alla necessità di completare la riunificazione con l’isola – che nel 1949 ha ospitato i reduci del Guomindang, il partito sconfitto nella guerra civile con il Pcc, ma che nel corso degli anni si è dotata di solide istituzioni democratiche e ha sviluppato un profilo de facto autonomo. Questa riannessione rappresenta parte del sogno del ringiovanimento. Se l’auspicio è che possa avvenire in maniera pacifica, il Segretario Generale non ha però escluso il ricorso all’uso della forza se necessario, magari proprio a causa di “interferenze straniere”. Si tratta, comunque, di una posizione ormai consolidata e già ribadita innumerevoli volte. Nella realtà, con queste parole Xi Jinping non ha aggiunto niente di nuovo.

 

Il pensiero di Xi

Infine, un passaggio che molti osservatori hanno tenuto d’occhio è quello sulla corretta formulazione di ciò che viene definito come contributo ideologico della Quinta generazione. Dal 1949 a oggi si sono infatti succedute cinque generazioni di dirigenti del Pcc, ognuna rappresentata dal proprio leader: Mao Zedong, Deng Xiaoping, Jiang Zemin, Hu Jintao e Xi Jinping. Nello Statuto del Pcc, il massimo documento del partito, è inserita una breve formulazione che racchiude l’essenza di quanto compiuto da ciascuna generazione. Nel caso di Mao e Deng è indicato anche il nome del leader, con una formula linguistica contratta e di grado diverso – Pensiero di Mao e Teoria di Deng. Per i successivi, invece, non si è indicato alcun nome, ma solo menzioni “anonime” come “Tre rappresentanze” e “Sviluppo Scientifico”. Tali definizioni erano infatti il segno di una compiuta maggiore collegialità nella gestione del potere.

Una delle innovazioni del XIX Congresso del 2017 – quello in cui è emersa la figura di Xi e in cui si è tornati alla personalizzazione del potere – è stata invece proprio l’adozione di una formulazione che comprendesse il nome dell’attuale Segretario Generale con lo stesso grado utilizzato per Mao, ovvero il Pensiero di Xi del Socialismo con Caratteristiche Cinesi per una Nuova Era. Per comprendere il suo reale grado di forza all’interno del partito oggi, vi era quindi grande attenzione nel vedere se questa formulazione potesse essere contratta ufficialmente in Pensiero di Xi, operando così un parallelismo netto con il Pensiero di Mao. Ciò non è avvenuto, ma è ancora prematuro per speculare sulle motivazioni e sulle effettive implicazioni di tale scelta.

Più che da questo discorso, infatti, l’influenza di Xi si vedrà nella composizione degli organi di partito, in particolare in quella del vertice apicale del Comitato permanente del Politburo. La quantità di alleati nominati, oppure, specularmente, la presenza di qualcuno notoriamente non affine al leader, darà una fotografia più precisa dei rapporti di forza attuali. I nomi verranno però rivelati solo alla fine di questa settimana, e fino ad allora si potranno quindi fare solo speculazioni. Ma in una organizzazione la cui trasparenza è pressoché nulla, al momento queste sono le uniche valutazioni permesse sui reali rapporti all’interno del partito.

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