Vedi la Russia e noti quanto dipendono dall’esportazione di fossili. L’anno scorso hanno incassato più di 255 miliardi di dollari; e quest’anno, se i prezzi si mantengono quelli di oggi, un multiplo. La loro forza, tuttavia, è anche la loro debolezza. La Russia è i un Paese in via di inviluppo, incapace com’è di intraprendere un modello di crescita che non poggi sulla rendita da esportazione di risorse minerarie. E dunque, se dici che li vuoi sanzionare o li colpisci in punto di rendite da esportazione di fossili o con la sanzione ci stai un po’ scherzando.
Qui però cominciano i guai e i teatrini della unanimità europea (ogni tanto viene il dubbio che qualcuno dei propugnatori della sanzione dura propugni solo perché certo che comunque Orbán o il tedesco o qualcun altro dirà di no – insomma che faccia politica col veto degli altri). Che i guai in parte sono peraltro figli anche di globalizzazione, e di ubiquità delle stazioni di una supply chain.
Per la “Cenerentola” carbone (nel 2021 ha portato a casa Russia “solo” 17,5 miliardi di dollari), peraltro facilmente sostituibile in import e rilocalizzabile in export, la Germania ha imposto il rinvio ad agosto, perchè necessario per assicurare continuità ai flussi (la supply chain, appunto); e per il petrolio non fu subito unanimità, e mentre scrivo ancora la si attende.
Gas russo: non facile da sostituire
Le sorti più buffe paiono però toccare al gas. Cercarlo non russo sembra essere la priorità della maggioranza dei governanti di Europa; e però a Bruxelles dopo qualche annuncio umoroso, più che essere oscurato dal petrolio, il gas sembra proprio caduto dal tavolo. Se se ne parla è al più in riferimento alla richiesta russa di pagamento in rubli, di cui alla scadenza tra pochi giorni di alcuni pagamenti capiremo l’esito. Però anche qui è un parlare che si nasconde dietro al legale per evitare di parlare di politica (sennò forse ci vorrebbe l’unanimità…). Non vi è dubbio che il provvedimento che impone il pagamento in rubli sia sostanzialmente elusivo della sanzione che blocca le riserve della Banca Centrale, ma in assenza di aggravio di oneri per l’importatore la questione diventa solo se sia il caso di replicare all’elusione con la cessazione delle importazioni dalla Russia di gas naturale oppure no. Ed è una decisione politica, non una necessità giuridica. Scomodare il legale di turno per dire che non possiamo pagare in rubli perché la richiesta è una violazione contrattuale sembra giusto una robusta foglia di fico ( e genera peraltro qualche interrogativo su come un provvedimento legislativo possa costituire inadempimento contrattuale).
Vediamo di ricostruire i perché del gas che infiamma. In un anno il prezzo è cresciuto del 5/600%. Un anno fa era sotto i 20€/MWh; e oggi sta volatile tra i 95 e i 115. La cavalcata all’insù è cominciata a settembre; e il prezzo già a dicembre ha avuto un picco a quasi 129 Euro. L’invasione dell’Ucraina si è verificata più di due mesi dopo. La cavalcata non era partita per timori di guerra; ma perché, per una serie di circostanze che qui sarebbe ridondante enumerare, ci siamo trovati a inizio inverno con un mercato molto corto sul lato dell’offerta.
La market share russa del mercato internazionale viaggia intorno al 25% del gas commercializzato via tubo e un poco sotto il 10% di quello commercializzato come GNL. Assumiamo in ipotesi un embargo totale dell’Unione nell’immediato futuro. Il GNL magari trova mercato, perché viaggiando via nave può raggiungere una giurisdizione che ne consenta la commercializzazione. Il gas che va via tubo può invece andare solo dove lo porta il tubo; e se il tubo chiude lui non può che restarsene chiuso in giacimento. Un embargo UE alla Russia significa far sparire un 10/12% (almeno) dei volumi da un mercato che con quei volumi disponibili è comunque andato corto. L’idea che questo possa generare una ulteriore cavalcata dei prezzi e problemi di approvvigionamento fisico pare conforme ad alcune nozioni economiche.
Attenzione ai contratti
Di qui anzitutto la necessità di maneggiare con cautela; o se volete anche le ragioni della (temporanea?) scomparsa dal tavolo. Ed anche i pellegrinaggi in cerca di gas sostitutivo dei governanti d’Europa. Che tornati dalle loro esplorazioni sembrano infine convergere sull’idea che fare a meno del gas russo senza farci troppo male sia al meglio un obiettivo per il 2024/2025.
Prima del round esplorativo la Commissione si era però già mossa, e aveva annunciato l’obiettivo di un taglio di due terzi delle importazioni di gas russo entro la fine di quest’anno. Per come la situazione e la coscienza della sostituibilità del russo sono poi evolute dubito però che oggi la riproposizione di quell’obiettivo possa anche solo avvicinarsi all’adesione unanime degli Stati Membri.
Si ha l’impressione che l’enunciazione istituzionale sottovaluti a volte alcuni vincoli dell’agire. Il primo è che il garantirsi dei volumi dovrebbe accompagnarsi alla sostenibilità del loro prezzo; ed il secondo è che i contratti di acquisto di regola li stipulano le società commerciali e non lei Ministeri. Le società che oggi importano hanno poi a loro volta esistenti vincoli contrattuali, soprattutto in relazione a contratti di lungo periodo muniti come d’uso di una clausola di take or pay. Funziona così. L’importatore ha una certa flessibilità sulla modulazione dei volumi importati. Però deve garantire comunque il pagamento annuale di un volume minimo. Se il volume minimo è 10 e ritira 9, paga comunque 10 (è un po’ più complicato, ma a nostri fini basta così). L’Europa che vuole ridurre di due terzi le importazioni senza affrontare il tema di come evitare ricadute risarcitorie sui titolari dei contratti correnti ti lascia perciò un poco inquieto.
Ritorno ai prezzi. Il venir meno del gas russo li farebbe forse esplodere. Però (si ragiona) per calmierare i prezzi e finanziare meno guerra potremmo anche ribassare il prezzo del russo o in alternativa tassarlo. Il price cap al russo è in pratica un autosconto. Il gas via tubo o lo lasci in giacimento o puoi darlo solo a me, e dunque il prezzo lo faccio io. Come variazione di contratti esistenti l’autosconto fa però al confronto decadere a irrilevanza la richiesta di pagamento in rubli; e comunque bisognerebbe avere certezza di come all’autosconto reagirebbe l’altro. Meglio forse non dare per scontato che la reazione sarà di acquiescenza. Un quotidiano segnala peraltro una diversa versione. A Bruxelles sembrerebbero orientati ad ammettere il price cap non per il gas russo ma solo ove fossero venute meno le forniture dalla Russia. Sarebbe in pratica utilizzabile solo per sanzionare i non sanzionati. Vedremo poi nel caso come lo spiegano agli algerini e agli azeri…
Bruegel ha in alternativa proposto una tariffa (insomma un dazio) sugli idrocarburi importati dalla Russia. La base del ragionamento è che per noi sostituire l’idrocarburo russo sarebbe possibile, mentre per loro l’idrocarburo che portano via tubo non può essere destinato altrove. La diversa elasticità di domanda e offerta farebbe sì che della tariffa/dazio si faccia per ragioni di mercato (principalmente) carico il venditore, evitando così ricadute della tariffa sul prezzo al consumo.
Lascio price cap e tariffa alla vostra considerazione. Mi limito a osservare che al di là del merito anche qui i contratti esistenti impongono qualche cautela. Da un lato, come ovvio, non legittimano l’autoriduzione del prezzo; e dall’altro, in punto di tariffa, la presenza del take or pay rischia di ribaltare l’elasticità di domanda e offerta, ponendo pressione sul compratore affinchè il prodotto sia comunque consegnato e dunque inducendolo a farsi carico della tariffa e a scaricarla poi sul consumatore finale.
Sicuramente qualcosa dovrà comunque succedere, che la situazione dell’oggi tende al paradosso. Quando iniziò la cavalcata dei prezzi i mercati leggevano l’offerta corta come un fenomeno transitorio. I futures si tenevano alti sino alla fine dell’inverno e poi da aprile 2022 dimezzavano (45/50 Euro/MWh). Adesso stanno intorno a 95 /105 e anche più fino a aprile 2023 e da marzo 2024 girano tra i 70 e gli 80 Euro. Tradotto, sembra voler dire che i mercati stanno scontando la sanzione che non c’è (o quantomeno il suo rischio). I mercati anticipano. Con l’effetto appunto paradossale che noi paghiamo prezzi che scontano la sanzione o almeno la sua possibilità, e però - non avendo sanzionato - li paghiamo alla Russia che incassa per ogni metro cubo che ci vende 5 o 6 volte quello che incassava un anno fa. Gli sta e ci sta riuscendo un vero capolavoro commerciale.
Che fare, dunque?
O sanzioniamo, epperò siamo i primi a dirci che oggi non lo reggeremmo; o interveniamo via cap o dazio sui prezzi, che sembra però una strada ardua. Tra l’altro ci tocca pure fare i conti con la sindrome dell’”animale ferito”; che se esageriamo in unilateralità rischiamo di innescare un muoia Sansone con tutti i Filistei, e con noialtri nella parte dei Filistei.
E se provassimo con la gradualità, mitigando l’unilateralità? Un modo ancora abbastanza affidabile per mitigare i prezzi è aumentare l’offerta. In un mondo in cui il prezzo già sconta almeno in parte la sanzione rinunciare in parte alla sanzione equivale ad aumentare l’offerta disponibile. Eni l’anno scorso ha importato dalla Russia 22,5 miliardi di mc di gas; e la sua soglia di take or pay dovrebbe scattare se ritira meno di 18 miliardi all’anno (vado per approssimazione, ma l’ordine di cifre è quello). Uniper,l’importatore tedesco, ha un long term per 37,5 miliardi di mc; e dunque come ordine di grandezza la sua soglia di penale dovrebbe essere dalle parti dei 30 miliardi di mc/anno. Altri importatori europei concorrono long term per qualche miliardo in più. Aggiungo che alcuni long term scadono quest’anno (tra cui quello di Edison), una quota consistente entro il 2028, altri a seguire e quelli Eni nel 2036.
Sperimentiamo. Vi svegliate un mattino e alle 9 sulla piattaforma ICE vi quotano il TTF (hub di riferimento per la determinazione del prezzo) a 100 Euro MWh. Alle 9.30 conferenza stampa di Ursula von der Leyen. “L’Unione Europea ha posto l’embargo sulle importazioni di gas dalla Russia, con l’eccezione dei volumi previsti dai contratti in vigore. Tali contratti rimarranno in essere sino alla loro scadenza naturale”. Test. Secondo voi dopo la conferenza stampa il prezzo al TTF non scende? Io scommetterei di sì. Avremmo rimesso sul tavolo dell’offerta dei metri cubi che i prezzi di mercato scontavano come già scomparsi. E se poi scendesse, la Signora Gina pagherebbe meno per gas e elettricità; ela Russia continuerebbe a esportare ma incasserebbe di meno per ogni metro cubo esportato.
Magari non funziona, ma è un tentativo di mediazione che abbiamo disponibile. E che potrebbe anche garantirci dalla sindrome di Sansone. Tentar, si spera, non nuoce.