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Far East

La nuova frontiera di Putin verso i mercati asiatici

Alberto Belladonna
01 marzo 2019

"Lo sviluppo sociale ed economico dell'Estremo Oriente russo è uno dei fattori che determinerà il successo della Russia sulla scena internazionale". Così recitava uno dei panel del quarto Eastern Economic Forum tenutosi a Vladivostok a fine 2018. Affermazioni che rappresentano molto più di un proclama, nascendo da una serie di motivazioni tanto economiche quanto strategiche che hanno spinto il governo di Mosca a puntare sullo sviluppo del suo “Far East” come pivot di crescita futura della Federazione.

Cosa spiega questa decisione (scommessa) del Cremlino?

Prima motivazione: il fattore demografico. L’Estremo Oriente russo rappresenta il più esteso tra i dieci distretti della Federazione, ma anche il meno abitato con una popolazione scesa dai 9 milioni del 1990 a poco più di 6 nel 20181. Un “drenaggio” cui il governo sta cercando di mettere freno anche alla luce della pressione demografica proveniente dal confine cinese dove, nelle sole tre province nord-orientali di Jelin, Heilongjiang e Liaoning, vivono circa 100 milioni di persone, con una densità trenta volte più alta delle quattro entità territoriali federali russe più vicine.

Seconda motivazione: il fattore geografico. Distante migliaia di chilometri da Mosca, il Distretto orientale russo, dopo essere stato storicamente al centro di contese territoriali tra Russia, Cina e Giappone, rappresenta oggi la propaggine settentrionale della regione dell’Asia-Pacifico verso cui progressivamente si sta spostando il centro dell’economia mondiale.

Terza motivazione: il fattore economico. Pur essendo una delle regioni più povere della Federazione, il Far East è uno dei distretti più ricchi al mondo di risorse naturali sempre più necessarie al motore asiatico.

 

 

 

 

Negli ultimi cinque anni sono stati compiuti notevoli sforzi per accelerare lo sviluppo della regione. Nel 2012 il governo russo ha creato il Ministero per lo Sviluppo dell'Estremo Oriente; nel 2013 ha adottato il Programma di sviluppo economico e sociale dell'Estremo Oriente; nel 2014 il Parlamento ha approvato una legge sulle Zone Economiche Speciali Avanzate e nel 2015 una legge che concede a Vladivostok (e successivamente ad altri porti del Pacifico) lo status di porto franco con legislazioni speciali e regimi amministrativi e fiscali tra i più favorevoli della regione Asia-Pacifico. Infine la creazione del già citato Eastern Economic Forum - incontro internazionale annuale nato con l’obiettivo di sviluppare il dialogo e la cooperazione tra Russia e i paesi dell’Asia-Pacifico proprio per far diventare l’Estremo Oriente russo una piattaforma produttiva e logistica per tutta la regione, incentivando progetti produttivi ma anche e soprattutto progetti infrastrutturali, la cui inadeguatezza rappresenta il vero freno allo sviluppo e all’integrazione dell’area.

Sebbene sia passato poco tempo per valutare globalmente i risultati della politica di sviluppo messa in atto, alcuni di essi sono già evidenti. Per la prima volta in diversi anni, il Distretto Federale dell'Estremo Oriente è diventato la prima regione per tasso di crescita degli investimenti privati (+17,1% contro il 4,4% della media nazionale): secondo dati ufficiali 1.200 aziende si sono già trasferite nella zona del porto franco, comprese 70 aziende a capitale straniero, vale a dire nel 2017 il 30% di tutti gli investimenti esteri diretti verso la Russia.

Nello sviluppo economico della regione, l’agricoltura rappresenta il 7% del prodotto regionale ed è anche uno dei più dinamici, in crescita dell’8,2% negli ultimi cinque anni (il doppio della media russa) soprattutto in Primorye e nella regione dell’Amur. Dopo anni di abbandono, le regioni agricole stanno vivendo una nuova fase di sviluppo con l’obiettivo di integrare la produzione regionale nell’industria alimentare dell’Asia-Pacifico, sfruttando l’abbondanza di risorse a prezzi competitivi e la prossimità geografica (5 giorni di navigazione da Vladivostok a Shanghai e 3 giorni per arrivare al porto coreano di Busan). Nell’ ottica di integrazione col mercato regionale, tra i beni particolarmente apprezzati nei mercati asiatici, oltre alla soia si possono citare allevamenti suini sviluppati dalla russa Rusagro ma anche il settore lattiero-caseario con investimenti esteri come la vietnamita TH True Milk. Nonostante le sanzioni, attraverso controllate russe o joint venture (vedasi sezione dedicata nel Fact-ckecking ISPI) anche imprese europee stanno investendo nel settore, come la Danone che sta sviluppando grandi progetti investimento in prossimità dei mercati asiatici.

A fare la parte del leone per motivi storici, economici, geografici e demografici è però la Cina. L’esigenza di soddisfare la crescente domanda alimentare interna e la favorevole predisposizione delle autorità locali russe a garantire lunghe concessioni spesso a tassi preferenziali hanno fatto sì che centinaia di migliaia di ettari siano oggi in mano a imprese cinesi come la JBA Holdings, che affitterà 100mila ettari di terreni agricoli, costruirà impianti di lavorazione e stoccaggio di grano e soia e contribuirà allo sviluppo del porto di Zarubino in Russia; o la Huae Xingbang che avrà in concessione per 49 anni 15mila ettari di terreni a un prezzo simbolico di circa 5 dollariper ettaro nella regione russa del Zabaykalsky.

Insieme all’agricoltura, un altro settore tradizionale fortemente dinamico nell’ultimo periodo è il settore forestale (30% dello stock di tutta la regione dell’Asia Pacifico, con il 45% di tutte le riserve concentrate in Yakuzia). Si prevede uno sviluppo industriale non limitato al legname ma che coinvolga tutta la filiera: dall’industria cartiera a quella del mobile. La Cina è stata il principale importatore di materie (53% di tutte le esportazioni nel 2017) tuttavia grandi imprese europee come Leroy Merlin hanno trasferito la loro sede proprio nel Far East, per sfruttare i bassi costi e la prossimità dei mercati.

Tuttavia, con un quarto delle riserve di tungsteno, il 100% delle riserve di boro, oltre il 90% delle riserve di stagno e l'80% delle riserve di carbone di tutta la Russia il settore trainante della regione rimane il settore minerario (28% dell’economia regionale). Mentre con il 27% del gas e il 17% di petrolio di tutta la regione dell’Asia-Pacifico, il settore dell’oil&gas crescerà a ritmi sostenuti: secondo la strategia di espansione dell'industria energetica, l'estrazione di gas crescerà di quasi 2,5 volte entro il 2035, raggiungendo 80 miliardi di metri cubi all’anno; l'estrazione di petrolio crescerà del 70%, fino a 118 milioni di tonnellate. Un settore dal grande potenziale per tutto l’indotto, come dimostrano i contratti vinti dall’Italiana Maire Tecnimont o le acquisizioni minerarie della svizzera Molumin AG. Anche qui però è il crescente interesse di Pechino nei confronti delle risorse naturali della regione al centro della scena. Tra le intese più importanti tanto in termini economici quanto strategici concluse nell’ultimo periodo rientra l’accordo siglato nel maggio del 2014 tra la russa Gazprom e la China National Petroleum Corporation (Cnpc): un accordo dal valore di 400 miliardi di dollari che prevede la fornitura per trent’anni di 38 miliardi di metri cubi di gas proveniente dai giacimenti orientali di Irkutsk e Yakutia attraverso il nuovo gasdotto “Power of Siberia” che con i suoi 3mila chilometri sarà il più lungo gasdotto del mondo, contribuendo a fare della Russia il principale fornitore di gas naturale della Cina.

 

Figura 1. Tragitto del gasdotto “Power of Siberia”

 

                   fonte: Gazprom 2018

 

Infine, altri settori strategici per l’economa regionale sono la logistica e il settore delle infrastrutture cresciuti del 123% negli ultimi cinque anni. Per sfruttare il potenziale della regione occorrono ingenti investimenti e anche in questo caso la Cina ha crescenti interessi, sia per lo sfruttamento delle risorse presenti ma soprattutto per dare uno sbocco sul mare alle provincie nord-orientali dell’Heilongjiang e del Jilin. Attraverso un fondo di 10 miliardi di dollari a beneficio di progetti infrastrutturali transfrontalieri, progetti come Primorye-1 Primorye-2 consentiranno alle merci provenienti dalle due provincie di integrarsi nella One Belt One Road (OBOR) e aprirsi a un mercato estero molto più ampio. Il grande obiettivo, a lungo termine, è la possibilità di creare un mega corridoio per merci e imprese che parta da Tokyo e arrivi a Londra, toccando il transito eurasiatico, incentrato sul collegamento tra la Transiberiana e la Baikal-Amur Mainline ma, in futuro, anche sul “corridoio del Mare del Nord”.

 

Figura 2. Principali progetti sviluppo infrastrutturale

 

                  fonte: NDPTL

 

Negli ultimi cinque anni le performance macroeconomiche della regione sono state superiori alla media nazionale e secondo il governo russo i programmi di sviluppo possono far crescere il Far East a un tasso annuo dell'8% . Per ora crescono investimenti e il Prodotto Regionale pro capite della regione è più alto della media russa. Dati che nascondono però una grande sperequazione dovuta alla concentrazione delle risorse in poche mani. La crescita della regione è infatti trainata da singoli macro progetti, mentre ancora non si sono sviluppati gli indotti necessari ad attirare manodopera, condicio sine qua non di tutto il piano di sviluppo regionale. Per incentivarne il ripopolamento il governo ha varato misure di sviluppo regionale che vanno dal settore medico a quello sportivo, sociale e culturale. Senza dimenticare il progetto denominato Hectare con il quale si dona un ettaro di terra ad ogni russo che si rilocherà nella regione.

Il futuro testimonierà se tali misure sortiranno l’effetto sperato, ma nel frattempo è innegabile lo sforzo in atto da parte di Mosca di ridurre la propria dipendenza dall’Occidente anche attraverso le proprie regioni orientali sviluppando quell’idea di Paese dalle due anime - come ben rappresentato dal simbolo imperiale dell’aquila bifronte, una volta a Occidente e l’altra a Oriente.

 

1  8,2 milioni con l’aggiunta nel 2018 delle regioni di Buryatia e Zabaykalsky.

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AUTORI

Alberto Belladonna
ISPI Research Fellow

nella foto Power of Siberia gas pipeline route

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