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Commentary
La partnership strategica tra Etiopia e Cina
Aaron Tesfaye
20 settembre 2019

Le relazioni diplomatiche tra Cina ed Etiopia risalgono, originariamente, agli anni Settanta. La Cina necessitava dell’Etiopia – e di altre nazioni africane – in sede ONU, mentre l’Etiopia del negus Haile Selassie I, che esercitava una leadership diplomatica nel continente nel quadro dei processi di decolonizzazione, non poteva ignorare il sostegno materiale offerto ai movimenti di lotta anti-coloniale da parte del più popoloso stato del mondo. Nel 1991, dopo la fine della Guerra fredda e a fronte del consolidamento del potere da parte dell’Ethiopian People’s Democratic Revolutionary Front (EPDRF), furono poste le basi per una nuova relazione bilaterale.

Le relazioni sino-etiopiche sono eccezionali sotto molti aspetti. In primis, se le tradizionali relazioni di Addis Abeba con le nazioni industrializzate sono orientate secondo una direttrice nord-sud, quelle con la Cina sono invece relazioni sud-sud, caratterizzate da un approccio biunivoco che, almeno su un piano teorico, rinvia a una reciprocità sostanziale. In secondo luogo, la relazione economica della Cina con l’Etiopia è in linea con la politica cinese di non-interferenza negli affari domestici. Infine, tali relazioni sono bilaterali: il Forum on China-Africa Cooperation (FOCAC) funge da quadro di coordinamento della cooperazione in aree relative alle dimensioni sociale, economica e diplomatica.

L’Etiopia è considerata uno stato beneficiario di aiuti allo sviluppo da parte del nord industrializzato. La quota più rilevante proviene dall’Unione Europea, che ne ha fatto il principale strumento di cooperazione con l’Africa subsahariana. Al contrario, la Cina guarda all’Etiopia come importante alleato politico ed economico, nel quadro di una rinnovata politica africana. A differenza di quanto emerge da una narrazione diffusa, secondo cui la Cina è presente prioritariamente in paesi ricchi di risorse naturali, l’Etiopia non dispone di particolari risorse, eppure è emersa come uno dei principali beneficiari di flussi di investimento cinesi. Ciò si spiega con il fatto che l’Etiopia offre alla Cina un importante capitale di risorse politiche, che consentono a Pechino di rafforzare la sua influenza nel continente africano: la torre di vetro e acciaio di Addis Abeba, costruita recentemente, finanziata dalla Cina per un costo di 200 milioni di dollari e donata all’Unione Africana, ne rappresenta un simbolo.

La cooperazione Cina-Etiopia si sviluppa su diversi livelli. La Cina è per l’Etiopia una fondamentale fonte di assistenza economica, di investimenti, di tecnologia a basso costo capace di affrancare milioni di piccoli imprenditori dalla povertà attraverso l’accesso a macchinari innovativi di coltivazione e trasporto: in tal senso, i policy-maker etiopici hanno compreso che la crescita economica non può prescindere da un sostanziale miglioramento tecnologico e industriale, nonché da una trasformazione delle attività economiche del paese. Inoltre, l’Etiopia vede nella Cina un immenso mercato di sbocco per le produzioni agricole, capace di veicolare un miglioramento del tenore di vita delle comunità agricole.

Esistono diverse variabili di cui tener conto nell’esaminare gli interessi politici della Cina in Etiopia. Innanzitutto, l’Etiopia dispone di numerosi asset politici. Addis Abeba sta diventando sempre più un hub diplomatico inter-continentale: ospita la sede dell’Unione Africana – il cui quartier generale è stato costruito dalla Cina –, della Commissione Economica per l’Africa della Nazioni Unite e di numerose importanti organizzazioni non-governative. Ciò offre a Pechino l’opportunità di consolidare le relazioni con i leader africani e con personalità di spicco in grado di influenzare le politiche interne ed estere degli stati.

Una seconda variabile riguarda il fatto che l’Etiopia rappresenta una forza per la stabilità nel Corno d’Africa, grazie alla presenza di uno degli eserciti più numerosi in Africa subsahariana (130.000 unità). Sebbene stia attraversando un processo di riforma e di transizione, che vedrà nelle elezioni parlamentari del 2020 un momento di cruciale importanza, Addis Abeba esercita tuttora un’influenza sugli equilibri politici a Mogadiscio, avendo assistito il Governo Federale di Somalia a insediarsi, e preserva al contempo una relazione stretta con il Somaliland. L’interesse etiopico in Somaliland – regione autonoma della Somalia, auto-proclamatasi come stato sovrano nel 1991 e tuttavia non internazionalmente riconosciuta come tale – è legato al porto di Berbera, di cui necessita per ridimensionare la dipendenza da Gibuti. L’Etiopia è, inoltre, pienamente coinvolta – con i suoi alleati occidentali – in Sud Sudan, paese di recente indipendenza attraversato da una guerra civile a intermittenza: le preoccupazioni etiopiche per la sicurezza federale sono originate dalla presenza di un gruppo armato nilotico al confine con Juba. Cina ed Etiopia hanno interesse comune a garantire la stabilità politica in Sud Sudan. Il petrolio, raffinato in loco dalla Cina e di cruciale importanza per le sue necessità di approvvigionamento energetico, lo è altrettanto per l’Etiopia, priva di accesso al mare e desiderosa di accedere alle risorse petrolifere sud-sudanesi mediante la costruzione di un oleodotto.

Gli interessi cinesi ed etiopici nel Corno d’Africa hanno favorito il rafforzamento della partnership tra Addis Abeba e Pechino. In tale quadro rientra la cooperazione militare: la Cina fornisce artiglieria, mezzi blindati leggeri e veicoli di trasporto logistico all’Etiopia; numerosi ufficiali etiopici, inoltre, sono addestrati in Cina. La relazione militare tra i due paesi è stata cementata nel 2005, quando l’Etiopia ha siglato un accordo di cooperazione militare con il governo cinese, che prevedeva addestramento, scambio di tecnologie e missioni di peacekeeping congiunte; la presenza di un attaché militare presso l’ambasciata cinese di Addis Abeba sottolinea l’importanza della cooperazione militare bilaterale.

La Cina è interessata all’Etiopia anche per l’influenza di quest’ultima su Sudan ed Egitto, funzione del controllo esercitato sulle acque del Nilo Blu, il cui flusso genera l’80% delle acque che affluiscono in Sudan ed Egitto. L’Etiopia intende sfruttare le sue inestimabili risorse idriche per raggiungere lo status di paese a medio reddito. Allo scopo di conseguire questo obiettivo di lungo termine, diventando un fornitore di energia regionale per stati come Kenia, Gibuti, Sudan e Yemen, ha dato avvio a un Master Plan venticinquennale che prevede la costruzione di dighe idroelettriche lungo i corsi d’acqua afferenti a dodici bacini idrici. Cinque dei sei progetti di costruzione di dighe già pianificati vedono il coinvolgimento cinese. 

Per l’Etiopia, la Cina rappresenta un partner fondamentale, direttamente coinvolto nella costruzione di infrastrutture e nell’implementazione di strategie di sviluppo. Durante l’era maoista, la presenza cinese in Etiopia era fondata sulla necessità per Pechino di ottenere la solidarietà africana e il sostegno etiopico nella costruzione delle alleanze contro Taiwan e l’Occidente alle Nazioni Unite. Oggi, la Cina è interessata all’Etiopia sulla base di un calcolo politico pragmatico; l’Etiopia offre alla Cina un contesto in cui poter esercitare le proprie capacità diplomatiche nei confronti dei delegati africani presso l’Unione Africana, la Commissione Economica per l’Africa delle Nazioni Unite e altre istituzioni internazionali. Ma esistono anche ragioni economiche alla base della presenza cinese nella regione: l’Etiopia è il secondo stato più popoloso dell’Africa, con una popolazione superiore ai 100 milioni, e rappresenta un importante mercato di sbocco per le merci cinesi. Esiste, inoltre, la possibilità che il sottosuolo etiopico – e in particolare la regione dell’Ogaden, al confine con la Somalia – abbia un ampio potenziale in petrolio e risorse gassifere che, qualora estratte, rappresenterebbero un’ulteriore, importante, fonte di approvvigionamento energetico per Pechino.  

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ISPI China Programme

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Africa Cina Etiopia
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AUTORI

Aaron Tesfaye
William Paterson University

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