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Europa

La Polonia tra “ideologia LGBT” e fondi europei

Matteo Zola
07 ottobre 2021

Nessuna conversione sulla via di Damasco, ma una semplice questione di soldi. Nelle ultime settimane ben quattro regioni della Polonia hanno rinunciato a definirsi “zone libere dall’ideologia LGBT”, denominazione discriminatoria adottata nel 2019 con il sostegno del governo conservatore guidato da Diritto e Giustizia (PiS). Se lo hanno fatto, non è in virtù d’un qualche ravvedimento, ma a causa della procedura d’infrazione avviata dall’UE nei confronti del governo polacco che, tra le altre cose, sospende l’erogazione dei fondi europei alle suddette regioni. È dunque bastato stringere i cordoni della borsa per ridurre a più miti consigli le tigri di carta dell’estremismo polacco.

 

Tutti contro “la piaga arcobaleno”

Lo scontro con Bruxelles risale al 2019 quando un centinaio di istituzioni comunali, alcune amministrazioni provinciali e cinque voivodati, tutti concentrati nelle regioni sud-orientali del paese, tradizionalmente più conservatrici, hanno approvato una “Carta per i diritti della famiglia”, con l’intento di proteggere il matrimonio e la famiglia tradizionale dalla “propaganda LGBT” portata avanti dalle istituzioni pubbliche. Nel mirino soprattutto le scuole, colpevoli di corrompere i giovani e i bambini con “insegnamenti perversi”. La Carta rivendica dunque l’educazione sessuale come esclusivo compito delle famiglie e condanna ogni forma di educazione al genere. Benché tali dichiarazioni non avessero alcun valore legale, e anzi contraddicano la Costituzione polacca (che rifiuta ogni forma di discriminazione e garantisce la libertà di stampa e opinione), sono state sostenute dal governo. Nel corso del 2020 molte importanti figure politiche hanno dato supporto all’iniziativa. Il ministro della Pubblica istruzione, Przemysław Czarnek, ha parlato di “virus LGBT” paragonando la lotta per i diritti gay al nazismo. Pochi mesi dopo, il presidente della Repubblica, Andrzej Duda, ha deciso di sottoscrivere la suddetta “Carta per i diritti della famiglia” affermando come “l’ideologia LGBT” sia “una forma di neo-bolscevismo” e in quanto tale vada combattuta.

Una battaglia che vede in prima linea la Chiesa cattolica polacca, feroce nell’aggredire i diritti riproduttivi e sessuali, sia quelli già acquisiti (si pensi all’aborto), sia quelli rivendicati dai settori più liberali della società. La Congregazione episcopale polacca ha invocato la creazione di “cliniche per aiutare i gay a ritrovare il proprio naturale orientamento sessuale” mentre l’arcivescovo Marek Jędraszewski, importante figura della Chiesa polacca, ha definito “l’ideologia LGBT” una “piaga arcobaleno” paragonabile alla “piaga rossa” del comunismo. Lo stesso prelato ha recentemente dichiarato che “i gemelli Kaczyński sono un dono di Dio” di cui tutti i polacchi devono “ringraziare il Cielo” in quanto unica difesa contro “una forma di neo-marxismo imposta da Bruxelles che vuole affermare anche in Polonia l’ideologia LGBT”. Dal canto suo, Jarosław Kaczyński lo scorso aprile ha ribadito la sua intenzione di “proteggere la Polonia dall’ideologia LGBT che indebolisce l’occidente e terrorizza le persone” e che, a tal fine, il governo sta pensando a una serie di riforme legislative.

 

“L’ideologia LGBT”

Il governo polacco, nella lettera inviata all’Unione Europea per spiegare il proprio sostegno alla Carta, ha ribadito l’esistenza di una “ideologia LGBT” promossa da gruppi di pressione europei per colpire la cultura e i valori polacchi. La lotta contro questa ideologia – afferma il governo nella missiva – non è da intendersi come una discriminazione verso le “persone LGBT”. Di fatto, nelle “zone libere dall’ideologia LGBT”, le persone omosessuali e transessuali sono non gratae, sottoposte a un’implicita pressione sociale e costrette a nascondere la propria identità di genere. Quella dell’ideologia LGBT è quindi solo una nuova versione di vecchi stereotipi, come quello della lobby gay o dell’homintern (crasi tra homosexual e Comintern) diffuso negli Stati Uniti durante gli anni del maccartismo: una sorta di complotto omossessuale che, in combutta con i comunisti, avrebbe inteso distruggere l’America pervertendone i valori.

 

Un paese conservatore

La Polonia è un paese conservatore. Non ci sono leggi che regolino le unioni civili o le adozioni per le coppie omosessuali, e sono poche le persone che chiedono di introdurle. Il paese è all’ultimo posto tra quelli UE per il rispetto dei diritti LGBT (l’Italia è al quartultimo) e la cosa non sembra turbare più di tanto l’opinione pubblica.

Il principale partito di opposizione, Piattaforma Civica (PO), non ha realizzato alcuna riforma a favore dei diritti gay durante i suoi otto anni di governo, tra il 2007 e il 2015, né ha inserito questi temi nella sua agenda politica negli anni seguenti. Durante l’ultima campagna elettorale per le elezioni presidenziali, tenutesi nel 2020, cioè nel pieno della querelle con Bruxelles, il candidato dell’opposizione, Rafał Trzaskowski, si è guardato bene dal citare l’argomento. Anche Władysław Kosiniak-Kamysz, leader del partito popolare ed ex ministro di Donald Tusk, e Szymon Hołownia, fondatore del movimento cristiano-sociale Polska 2050, hanno evitato di affrontare direttamente la questione durante la loro campagna elettorale. L’unico partito che ha apertamente sostenuto i diritti gay è stato Lewica (La sinistra) che ha ottenuto il 12% dei voti.

Secondo un sondaggio dell’agenzia CBOS, solo il 28% dei polacchi è d’accordo sul fatto che le persone LGBT “possano mostrare pubblicamente e apertamente il proprio orientamento sessuale” mentre la grande maggioranza degli uomini sotto i quarant’anni di età vede “l’ideologia LGBT” come “la principale minaccia alla Polonia”.

 

Un tema strumentalizzato

Quello dei diritti LGBT è un argomento strumentalizzato dal governo per distrarre l’opinione pubblica da altre questioni. La retorica governativa, secondo cui sarebbe l’Unione Europea a voler imporre “l’ideologia LGBT” al paese, si motiva a causa del finanziamento, diretto o indiretto, che Bruxelles eroga ai movimenti arcobaleno e che Varsavia vive come l’ennesima ingerenza nei propri affari interni. Dietro la cortina fumogena della “ideologia LGBT” si nasconde però la più ampia questione dei rapporti con l’UE, divenuti assai complessi dopo la contestata riforma giudiziaria promossa dall’esecutivo. D’altro canto, la Polonia gode di cattiva stampa da quando Diritto e Giustizia è al potere. Descritto come antisemita, intollerante, fascistoide, il paese si è trovato da un anno all’altro ad essere la pecora nera del continente. L’opinione pubblica, anche quella più progressista, comincia a essere infastidita da questa rappresentazione macchiettistica. Anche perché il cambiamento è in atto. Le generazioni più giovani si mostrano infatti meno disponibili ad appoggiare politiche reazionarie. Un sondaggio realizzato ad agosto ha registrato un’apertura in materia di diritti sessuali: “Sembra che ci sia un approccio più liberale […] come reazione alle politiche governative” scrive l’agenzia di stampa polacca PAP, citando il sondaggio. Il cambiamento è in atto, e va accompagnato senza forzare la mano.

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AUTORI

Matteo Zola
East Journal

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