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SOCIETA'

La riscossa dei Millennials

Giulia Di Donato
13 novembre 2020

Insoddisfazione e sfiducia dei Millennials nei confronti dei regimi democratici stanno inesorabilmente aumentando. È questa la fotografia scattata dal Report “Youth and Satisfaction with Democracy” pubblicato dal Bennet Institute for Public Policy dell’Università di Cambridge, che evidenzia come stia gradualmente diminuendo il coinvolgimento dei giovani nel processo democratico - democratic disconnect - a causa di un peggioramento del divario intergenerazionale e di crescenti difficoltà nella ricerca di un’occupazione stabile come nel raggiungimento dell’indipendenza economica. È divenuto, infatti, sempre più chiaro che esiste una stretta relazione tra l’esclusione dei giovani dal mercato del lavoro e il malcontento politico.

A queste difficoltà bisogna aggiungere che la classe politica del nostro Paese è sempre stata notoriamente poco incline al disegno di politiche lungimiranti pensate per le future generazioni e alla definizione di una visione olistica del sistema Paese. È anche questo uno dei motivi che ha contribuito alla poca rilevanza storicamente attribuita a temi quali l’inserimento lavorativo dei giovani, l’occupazione giovanile, il miglioramento dell’istruzione e gli investimenti nella ricerca. Più in generale, la necessità di un nuovo modello di policy making che metta al centro i temi dello sviluppo sostenibile e dell’equità intergenerazionale.

 

I giovani colpiti e gli strumenti del rilancio 

La pandemia da Covid-19, che ha generato una grave emergenza sanitaria alla quale è seguita una profonda crisi sociale ed economica, ha evidenziato problemi strutturali accantonati da tempo, acuito disuguaglianze preesistenti e rimarcato la necessità di spostare urgentemente l’attenzione sulle future generazioni per evitare che i giovani si ritrovino in una società fortemente indebitata e impreparata a gestire futuri cambiamenti e periodi di incertezza.

Il Next Generation EU, l’ambizioso piano intorno al quale i leader europei hanno faticosamente raggiunto un accordo, è un’opportunità storica per rilanciare il nostro Paese e per progettare una società più sostenibile e inclusiva per le future generazioni. Il piano europeo prevede infatti uno stanziamento di 750 miliardi di euro, di cui l’Italia dovrebbe ottenere la porzione maggiore pari a circa 205 miliardi di euro, e prevede per la prima volta nella storia europea l’emissione di debito comune. La Commissione UE potrà infatti prendere a prestito fondi sul mercato dei capitalisfruttando il suo elevato rating creditizio, fondi che verranno impiegati per realizzare i programmi dei Paesi membri. 

Per esprimere l’essenza e il fine ultimo del Next Generation EU, la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, nel corso del suo primo discorso sullo stato dell'Unione al Parlamento Europeo, ha implicitamente invocato un cambio di paradigma, dichiarando che per essere ambiziosi, coraggiosi e lungimiranti è proprio dai giovani che bisogna prendere esempio ed è la loro pressante richiesta di cambiamento che bisogna ascoltare per plasmare l’Europa del futuro.

A livello globale, europeo e italiano esistono già iniziative che hanno l’obiettivo di coinvolgere i giovani nel dibattito politico e di dare voce alle loro istanze. Ad esempio, una delle iniziative delle Nazioni Unite per l’implementazione dello United Nations World Programme of Action for Youth (WPAY) è lo United Nations Youth Delegate Programme(UNYDP), un programma che ha lo scopo di promuove la partecipazione dei giovani nelle rispettive missioni diplomatiche nazionali. Gli UN Youth Delegates hanno infatti la possibilità di essere portavoce delle istanze e delle proposte dei giovani attraverso la proposta di politiche nazionali e internazionali a favore delle nuove generazioni.

A livello europeo, la Young European Leadership (YEL) ha il compito di selezionare i giovani delegati europei che partecipano al Summit Youth 7 (Y7) e al Summit Youth 20 (Y20), gli engagement groups giovanili del G7 e del G20. Questi e altri importanti vertici globali, come la Conference of the Parties (COPs) and la Bonn Climate Change Conference organizzate nell’ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), rappresentano occasioni importanti per dare ai giovani delegati europei l’opportunità di elaborare proposte di policy relative alle sfide globali più rilevanti. 

A livello italiano, dove i giovani candidati al Y7 e al Y20 vengono selezionati dalla Young Ambassadors Society (YAS), è stato istituito con la legge n. 145/2018 il Consiglio Nazionale dei Giovani, l’organo consultivo cui è demandata la rappresentanza dei giovani nella interlocuzione con le Istituzioni in merito alle politiche giovanili.

 

I ritardi dell’Italia

Tuttavia, la scarsissima sensibilità politica della nostra classe dirigente verso piani di lungo-termine pensati per le future generazioni emerge chiaramente dai dati che riguardano l’istruzione e l’inserimento lavorativo dei giovani. Secondo i dati presentati nell’Education and Training Monitor 2019 Report della Commissione Europea, in Italia il tasso di abbandono scolastico, ovvero la percentuale dei giovani tra i 18 e i 24 anni che non ha concluso la scuola secondaria superiore, è pari al 14,5%, contro una media europea del 10,6%, mentre il tasso di occupazione dei giovani tra i 20 e i 34 anni è pari al 56,5%, contro una media UE dell’81,6%. Un altro dato evidenziato è quello che riguarda la spesa pubblica destinata all’istruzione, tra le più basse in Europa nel 2017, sia se considerata in proporzione al Pil (3.8%), sia in proporzione alla spesa pubblica totale (7.9%). 

Le ragioni che spiegano l’urgenza di rimettere i giovani e il futuro del Paese al centro dell’agenda politica emergono chiaramente dalle parole di Mario Draghi, già presidente della Banca Centrale Europea. Nel suo intervento al Meeting di Rimini di agosto, Draghi ha infatti sottolineato come l’investimento sui giovani sia fondamentale per superare questo momento di incertezza. Oltre alla necessità di impiegare risorse in investimenti produttivi e capitale umano per accumulare “debito buono”, c’è infatti una ragione morale che deve spingere la classe politica e dirigente a rimettere al centro i giovani: l’elevato debito pubblico utilizzato per far fronte alla pandemia dovrà essere ripagato dalle future generazioni ed è quindi fondamentale investire nei giovani e in una società più sostenibile, digitale, inclusiva, resiliente e orientata al futuro.

 

I giovani fanno rete

A fronte di un dibattito politico che non lascia molto spazio di dialogo e decisione alle nuove generazioni, l’esigenza dei giovani di far sentire la propria voce era già emersa prima della pandemia, ma è proprio durante l’emergenza sanitaria che moltissimi giovani si sono mobilitati per dare il loro contributo per la ripartenza del Paese. Se infatti i movimenti di protesta informali e per lo più giovanili che avevano riempito le piazze italiane ed europee prima della pandemia, dai Fridays for Future alle Sardine, hanno subito una brusca interruzione per via delle misure di distanziamento, altre iniziative giovanili hanno preso il loro posto, anche durante il lockdown. Tutte queste iniziative sono accomunate dalla volontà dei giovani di diventare protagonisti in un momento di crisi sanitaria, sociale ed economica e di partecipare attivamente al dibattito e alle scelte politiche del Paese. 

Attraverso attività e iniziative che variano dal volontariato e assistenza a categorie svantaggiate, all’organizzazione di hackathon e tavole rotonde virtuali, l’obiettivo comune è quello di portare l’attenzione su temi fondamentali per costruire un Paese attrattivo per i giovani: tra tutti, ad esempio, l’allineamento tra la scuola e mercato del lavoro, l’inserimento lavorativo dei giovani, la digitalizzazione e il rilancio strategico della ricerca, la transizione energetica, l’economia circolare e la mobilità intelligente. Un esempio è quello della Rete Giovani 2021, una rete di associazioni e movimenti giovanili italiani nata per rappresentare interessi, istanze e riflessioni dei giovani, stimolare il dialogo politico intergenerazionale e favorire l’elaborazione collaborativa di proposte concrete per rilanciare l’Italia, seguendo l’approccio metodologico degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. 

La seconda ondata di contagi che sta investendo l’Italia e l’Europa, e che ha portato già Paesi come Francia, Germania e Regno Unito ad annunciare nuovi lockdown, dimostra che la crisi non è ancora finita e gli stessi leader europei nel corso della videoconferenza del 29 ottobre hanno ribadito come sia necessario intensificare ulteriormente lo sforzo collettivo per combattere la pandemia. Se l’andamento della curva dei contagi, così come le scelte politiche adottate in risposta dal Governo nei prossimi mesi appaiono del tutto imprevedibili, è evidente invece che la pandemia ci lascerà di fronte a un’economia da ricostruire, un elevatissimo debito pubblico da ripagare e un modello di sviluppo da ripensare.

Dunque, per affrontare il post-pandemia, occorre iniziare oggi a gettare le basi di una società più resiliente attraverso scelte politiche ambiziose e lungimiranti. È per questo che un maggiore coinvolgimento dei giovani nelle scelte politiche potrebbe finalmente ridare voce a un portatore di interesse fondamentale che di quel futuro sarà il protagonista. È proprio questo l’invito che arriva dall’Unione Europea con il piano Next Generation EU, quello di seguire una missione ben precisa alla quale oggi non si può rinunciare: costruire un Paese capace di proiettarsi verso il futuro.

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AUTORI

Giulia Di Donato
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