In Italia si discute ancora sulla validità e i piani di propagazione dell’App “Immuni”, in Cina invece applicazioni come Shuishenma e Xiangzhu hanno permesso a più di 1.1 miliardi di persone di monitorare la salute dei propri contatti attraverso semplici codici QR. In italia si discute ancora su strategie di ripresa di ristoranti e attività commerciali, in Cina invece applicazioni come DingTalk e Taobao hanno permesso a business locali di aumentare i propri profitti fino al 120% in più rispetto agli anni precedenti, attraverso streaming online e spedizioni contactless. In Italia si discute ancora su banchi con rotelle e cattedre vacanti, in Cina applicazioni come XuetangX sono state ulteriormente potenziate, e promosse dalle maggiori università e compagnie tecnologiche del Paese, per offrire adeguata istruzione e preparazione al mondo dell'e-learning.
Fulcro di un’economia e di una società sempre più digitali, le mobile Apps hanno offerto un vantaggio senza precedenti alla Repubblica Popolare nella battaglia contro la pandemia. Una battaglia che, tra vincitori e vinti, vedrà la Cina emergere come l’unico membro del G20 a registrare, secondo gli ultimi dati del Fondo Monetario Internazionale, un aumento del Pil dell’1,9% a fine 2020, nonostante più di 1,4 miliardi di persone costrette in lockdown, 85.500 contagi e un’iniziale contrazione economica del 6,8% nel primo trimestre dell’anno. L’utilizzo immediato, avanzato e strategico delle App si pone dunque al centro della strategia di un rilancio economico cinese che non si limita all’attuale crisi sanitaria, ma guarda anche all’integrazione di questi strumenti come importanti promotori di un progetto ben più vasto, quello della Digital Silk Road (DSR), nel quadro più ampio della Belt and Road Initiative (BRI).
Applicazioni come Alipay, WeChat e Baidu rappresentano infatti alcuni tra i principali canali di propagazione della nuova Via della Seta Digitale, mirata a garantire al gigante asiatico un potenziale importante primato tecnologico a livello globale.
Verso una società “cashless”
Non vi è alcun dubbio su come l’avanzato ecosistema digitale e, in particolare, le App abbiano garantito alla Cina una più efficiente, e soprattutto rapida, gestione della pandemia. È giusto però ricordare come la pandemia stessa abbia anch’essa fornito un terreno fertile per una crescita senza precedenti delle App nel Paese. Durante i mesi del lockdown, l’utilizzo delle App in Cina è aumentato di più del 30%, raggiungendo una media di cinque ore al giorno impiegate davanti allo schermo. Statistiche del Ministero dell’Industria e delle Tecnologie dell’Informazione cinese stimano, inoltre, un totale di 1,57 miliardi di account telefonici a livello nazionale, corrispondenti a una media di 112 account ogni 100 cittadini. Non c’è dunque da stupirsi se il record di downloads di App a livello mondiale, con circa il 50% dei downloads totali, è detenuto dalla Cina, alla quale è attribuito anche il 40% dei 120 miliardi di dollari spesi in applicazioni lo scorso anno.
In questo contesto, è bene sottolineare come quelli che appaiono come semplici numeri e statistiche di un new normal post-pandemia non siano da interpretarsi in vacuum, ma debbano essere letti in un quadro più ampio: una rivoluzione e un cambio di paradigma, dove le stesse App rappresentano potenti strumenti adottati dal gigante asiatico per promuovere la propria presenza e influenza a livello internazionale proprio attraverso la Digital Silk Road Initative (DSR).
La DSR rappresenta una importante declinazione della One Belt and One Road Initiative (OBOR), non solo terrestre e marittima o energetica. In un’epoca in cui i trasporti e gli scambi fisici sono ormai al collasso, la Cina ha messo in campo una strategia giocata in una dimensione progressivamente digitale, a colpi di 5G, Intelligenza Artificiale e Internet of Things (IoT). Attraverso politiche come la Internet Plus Policy del 2015 e piani come China Standards 2035, parte del più ampio pacchetto di politiche industriali Made in China 2025, la DSR si pone come obiettivo finale non solo una spinta a livello nazionale verso ricerca, innovazione tecnologica, ma soprattutto un primato a livello internazionale nel campo dei networks digitali. Con quali strumenti?
La Via della Seta Digitale è fondata su 5 punti cardine. Le infrastrutture, tra cui telecomunicazioni, reti 5G, cavi sottomarini, sistemi di comunicazione satellitare e cloud computing. Le politiche industriali, incentrate per lo più su tematiche quali governance digitale, cybersecurity e data-sharing, costituiscono la cornice giuridica e il secondo punto chiave della DSR. Il terzo pilastro, definito “People’s Heart”, tocca realtà più private insieme alle più varie necessità giornaliere di ogni individuo, tra cui piattaforme di apprendimento digitale, social media, videogiochi e intrattenimento. Tuttavia, sono il quarto e quinto pilastro a rappresentare senza dubbio i perni centrali della rivoluzione digitale cinese, ossia commercio e finanza digitale.
Capisaldi della Digital Silk Road Cinese
Fonte: Fudan University Digital Belt and Road Centre, DSR Bluebook 2018, p.10
La Cina è infatti leader mondiale per quanto riguarda e-commerce e pagamenti telefonici e online, con transazioni annuali in costante aumento: da 9,4 trilioni di renminbi (RMB) - circa 1,1 trilione di dollari - nel 2013 a 347,11 trilioni – circa 42 trilioni di dollari - nel 2019, corrispondenti rispettivamente a circa 1,67 miliardi e 101,43 miliardi di pagamenti via telefono. E la scalata non si ferma qui, ma si prospetta raggiungere ulteriori vette di 777,5 trilioni di renminbi – circa 94 trilioni di dollari - a fine 2020, causa nuovi imperativi e necessità da coronavirus. Pagamenti digitali attraverso codici QR, mobile wallets, codici a barre e riconoscimento facciale sono stati infatti fortemente promossi dalle principali autorità del Paese al fine di evitare pericolosi contatti fisici in tempi di pandemia. Questi strumenti non solo hanno garantito pratiche più sicure durante il coronavirus, ma rappresentano, in generale, canali di acquisto più rapidi ed economici, con minori costi di transazione e intermediari.
Ancora una volta, le App telefoniche si trovano al centro di questa rivoluzione, con un attuale 96% delle transazioni e-commerce operate attraverso le due App più popolari nel Paese, WeChat e Alipay, appartenenti ai giganti tecnologici Tencent e Alibaba. Questi due pilastri dell’economia digitale cinese sembrano infatti non aver risentito del peso della pandemia, con numeri di utenti attivi in rialzo: da 785 milioni nel quarto trimestre del 2019 a 874 milioni nel secondo trimestre 2020 per Alipay, e con un generale incremento del 6,5% nel secondo semestre del 2020 per WeChat.
All’interno di quella che sta sempre più diventando una “cashless society”, l’efficacia dei pagamenti telefonici e online ha chiaramente comprovato il potenziale per una nuova valuta digitale nazionale, la cui ricerca e design sono stati fortemente promossi negli ultimi anni. Dal 2014, infatti, il People’s Bank of China’s Digital Currency Research Instituteha dato il via ai primi test per l’utilizzo della nuova valuta digitale nazionale in quattro principali città cinesi: Shenzhen, Suzhou, Chengdu e Xiangcheng. Se a Xiangcheng il salario dei funzionari pubblici è stato pagato per metà con monete virtuali in una prima fase di sperimentazioni, 10 milioni di renminbi digitali – circa 1,5 milioni di dollari - sono stati distribuiti a 50.000 cittadini di Shenzen attraverso l’App WeChat nella seconda fase di sperimentazione nell’ottobre 2020. Ancora una volta, applicazioni come WeChat e Alipay si presentano come i veri e propri volani della nuova rivoluzione digitale cinese. E non è un’esagerazione parlare di vera e propria rivoluzione, termine che conferisce la reale dimensione al grande cambiamento di paradigma previsto e auspicato dal Presidente Xi.
L’introduzione del nuovo yuan digitale (cui stanno rispondendo i piani delle banche centrali USA e UE) non ha infatti come obiettivo il solo ridimensionamento del sistema finanziario e bancario nazionale, ma anche la sua internazionalizzazione, attraverso la DSR, all'interno dei principali mercati globali. Un potenziale "Leviatano Digitale Cinese" messo sotto accusa dalle grandi potenze internazionali - a partire dagli Stati Uniti - sul fronte della privacy e della sicurezza nazionale. Sul banco degli imputati, appunto, App e reti digitali cinesi. Il caso Huawei insegna.