Ursula von der Leyen ha presentato il suo progetto per un Green Deal europeo. L’obiettivo è trasformare il volto del vecchio continente attraverso politiche volte a contrastare il riscaldamento globale, facendo dell’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. Più facile a dirsi che a farsi?
È una tabella di marcia ambiziosa quella che Ursula Von der Leyen, neo-presidente della Commissione, ha presentato oggi a Palazzo Berlaymont. Ma ottenere l’accordo dei 27 per una politica ambientale europea potrebbe non essere semplice e, già domani e venerdì, il vertice dei capi di stato e di governo potrebbe rivelare le prime crepe: Von der Leyen vuole che l’Europa raggiunga la neutralità ambientale (ovvero non produca più gas effetto serra di quelli ritenuti assorbibili) entro il 2050, e nel contempo che riduca le emissioni di gas serra di almeno il 50% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. Una rivoluzione green che prevede una profonda trasformazione industriale, ambientale ed economica del vecchio continente e i cui costi si aggirano, secondo Bruxelles, intorno ai 260 miliardi di euro all’anno.
Cosa prevede il Patto Verde?
Per portare a termine il Green Deal europeo bisognerà attuare diverse strategie. Innanzitutto, incrementare l’utilizzo di energie rinnovabili e di carburanti alternativi, incentivando la mobilità sostenibile e l’efficienza energetica. Favorire un’economia circolare dalla produzione al consumo di beni alimentari riducendo la dipendenza da pesticidi chimici, concimi e antibiotici. Proteggere la biodiversità rendendo più verdi le città europee, piantando nuovi alberi e ripristinando le foreste danneggiate o depauperate. Alla base del progetto c’è anche l’idea di creare nuovi posti di lavoro nei settori tecnologici e industriali spinti dalla trasformazione, mentre quelli legati ai combustibili fossili ne perderanno. A tal proposito, la Commissione propone di creare un Fondo di 100 miliardi di euro per la transizione per garantire un sostegno alle regioni europee che dovranno compiere il passo più grande, finanziando parte della loro transizione verso le energie pulite.
Europa leader ambientale?
Dietro al Green Deal c’è una visione strategica più ampia. L’Europa punta a preservare il suo ruolo di potenza globale proprio attraverso la rivoluzione ambientale. “Diventare il primo continente a impatto climatico zero costituisce al tempo stesso una sfida e un’opportunità più grandi del nostro tempo”, ha detto von der Leyen. Con un mercato di 500 milioni di consumatori, qualsiasi normativa europea sul clima è destinata a influenzare il resto del mondo. Nel progetto presentato oggi, la Commissione propone di intavolare un dialogo con i paesi del G20, che sono responsabili dell’80 % delle emissioni globali di gas a effetto serra. Pietra angolare del Deal è il sistema di scambio di quote di emissione (Ets) per far pagare di più chi emette più Co2. Inoltre – ed è una novità introdotta dopo anni di resistenze – propone l’istituzione di una “carbon tax” alle frontiere europee, per i paesi che non rispettano gli standard ambientali dell’Ue. Stati Uniti, Cina e India sono avvisati: o si adattano o le loro merci in entrata in Europa saranno tassate in base alle emissioni causate dalla loro produzione.
Chi paga il conto?
“Abbiamo bisogno di una transizione equa per tutti”, ha ripetuto più volte la presidente Ursula von der Leyen. Parole che vogliono rassicurare i lavoratori dei comparti a rischio, come quelli dell’auto, e le resistenze dei paesi dell’Est Europa, le cui economie sono ancora fortemente dipendenti dal carbone e che temono di pagare il prezzo più altro della transizione. La neopresidente sarà capace di tranquillizzarli? Una volta proposto dalla Commissione, infatti, il progetto di legge dovrà passare l’esame del Parlamento Europeo e soprattutto del Consiglio UE, dove siedono i rappresentanti dei governi dei singoli stati. È qui che alcuni paesi potrebbero opporsi alle misure più drastiche, col rischio di ‘annacquare’ la rivoluzione verde dell’Europa. Un progetto ambizioso e dalla portata epocale, al punto che von der Leyen lo ha definito “una nuova visione del mondo, come l’uomo sulla luna”.
Molto dipenderà se la nuova Commissione godrà del sostegno governativo dei 27 e di sufficiente credibilità. Ma anche e soprattutto se gli strumenti immaginati per la transizione, come il Fondo, otterranno i finanziamenti necessari. Con la Brexit, il bilancio comunitario di quest’anno sarà meno generoso e meno facile da far quadrare, mentre le tasse alla frontiera potranno proteggere l’industria ma si ripercuoteranno sulle tasche dei consumatori. Salvare il pianeta ha un costo e chi paga il conto è la grande incognita che oggi pesa sul Green Deal.
IL COMMENTO
di Matteo Villa, research fellow ISPI
"Gran parte delle possibilità di successo del Green Deal europeo dipenderà dalla capacità della nuova Commissione di convincere i paesi più dipendenti dai combustibili fossili a imbarcarsi nel progetto".
"Inoltre l'Europa contribuisce all'inquinamento globale solo per il 9%. La speranza della Commissione è di assumere un ruolo guida che possa portare altri paesi sul suo stesso esempio".
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A cura della redazione di ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca, ISPI Advisor for Online Publications)