La tempesta perfetta in Algeria
Salta al contenuto principale

Form di ricerca

  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED

  • login
  • EN
  • IT
Home
  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED
  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Digitalizzazione e Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Formazione ad hoc
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI

  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Digitalizzazione e Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Formazione ad hoc
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI
Focus Mediterraneo allargato n. 14

La tempesta perfetta in Algeria

Federico Borsari
23 settembre 2020

Nel corso dell’estate, l’Algeria è entrata in una nuova fase di incremento dei contagi da Covid-19, la più acuta dall’inizio della pandemia, con i casi accertati e i decessi che, ad oggi, hanno oltrepassato rispettivamente quota 46.000 e 1500. Nonostante questi sviluppi, favoriti dalla parziale sospensione delle misure di lockdown adottate dal governo nei mesi primaverili, le autorità rimangono restie a rinnovare restrizioni su larga scala e a chiudere le attività economiche e commerciali, prediligendo invece l’applicazione di strategie di confinamento ad hoc nelle zone interessate dai focolai. L’attuale esecutivo, già alle prese con un graduale ritorno delle proteste di piazza contro la corruzione e la mancanza di opportunità, deve far fronte anche a una profonda crisi economico-finanziaria causata dal doppio shock legato al crollo dei prezzi del petrolio e all’impatto negativo della pandemia sui consumi globali. L’economia algerina, fortemente dipendente dai proventi degli idrocarburi, si trova dunque di fronte a una delle peggiori recessioni dai tempi della guerra civile degli anni Novanta. Nel contempo, l’Algeria ha avviato una revisione della propria politica estera alla luce delle sfide e dei principali dossier emersi nel quadro regionale, inclusa la crisi libica, avviandosi lungo una direttrice di maggiore attivismo in ambito diplomatico e in materia di cooperazione internazionale. A ciò fanno tuttavia da contraltare sia i tesi rapporti con lo storico rivale Marocco, peggiorati negli ultimi mesi, sia la crescente instabilità causata da gruppi islamici radicali nelle aree meridionali del paese.

 

Quadro interno

Il persistere della pandemia e l’impatto socio-economico di lunga durata che questa determinerà metteranno a dura prova l’attuale sistema politico algerino, minacciandone addirittura la stabilità in una prospettiva di medio termine. Durante l’estate, il presidente Abdelmajid Tebboune, eletto nel voto presidenziale dello scorso dicembre, e l’esecutivo guidato dal primo ministro Abdelaziz Djerad hanno dato priorità al ripristino delle principali attività economiche e commerciali necessarie per far ripartire il paese, pur in linea con una strategia di prevenzione contro una seconda ondata del virus. Questa, però, ha finora riscontrato poco successo, visto che il costante aumento dei casi registrato nelle ultime settimane e attualmente salito a oltre 46 mila lascia intendere che la pandemia sia sostanzialmente fuori controllo[1]. Ciononostante, il governo ha per il momento escluso la riattivazione di una quarantena totale su scala nazionale nel timore che l’inevitabile impatto sull’economia fomenti nuove proteste, con pericolose conseguenze sulla tenuta del sistema politico.

Dopo quasi un anno di manifestazioni, la pandemia e le necessarie misure di contenimento hanno imposto una sospensione dei cortei fino a primavera inoltrata, ma già da alcune settimane nuove proteste del cosiddetto movimento Hirak sono riprese in varie città del paese per denunciare la corruzione della classe politica e la crescente disoccupazione, chiedendo la fine di un sistema di potere considerato illegittimo. Mentre prima della pandemia l’epicentro delle manifestazioni era Algeri, le misure di coprifuoco (valide dalle 11 di sera alle 6 del mattino), la sospensione dei trasporti pubblici nel weekend e il divieto di movimento tra regioni interne recentemente prorogati fino al 30 settembre[2] hanno di fatto impedito cortei significativi nella capitale. Negli ultimi mesi le manifestazioni si sono concentrate soprattutto in cittadine delle province orientali come Bejaja, Kherrata e Tizi Ouzou[3], dove pure restano in vigore le stesse restrizioni. Finora, il movimento di protesta si è caratterizzato per una condotta sostanzialmente pacifica, in virtù del timore diffuso tra la popolazione – ma percepito anche tra le istituzioni – che un’escalation possa far ripiombare il paese nell’incubo della guerra civile. Questo equilibrio, tuttavia, potrebbe spezzarsi nel caso in cui perdurassero le attuali criticità economiche e i loro effetti, specie sulle comunità rurali. Rispetto al periodo pre-Covid, infatti, la mobilitazione sociale ha assunto una dimensione più circoscritta e diversificata e molte delle proteste degli ultimi mesi hanno rispecchiato problemi e istanze di natura locale, tra cui la carenza di infrastrutture e la mancanza di servizi[4]. Sebbene gli slogan e gli obiettivi dell’Hirak rimangano prioritari e siano condivisi da un’ampia porzione della popolazione, la recente localizzazione e sostanziale riduzione delle proteste potrebbero indicare un parziale affievolimento del movimento, peraltro favorito dalla diffusione della pandemia[5].

A ciò si aggiunge il fatto che numerosi esponenti delle proteste, oltre a vari attivisti, giornalisti e membri della società civile che avevano manifestato il proprio dissenso contro il regime sono stati incarcerati, privando così il movimento di parte della sua leadership. In totale, secondo l’Organizzazione algerina per la difesa dei prigionieri sarebbero circa 60 le persone detenute per il loro sostegno alle proteste[6], inclusi i noti giornalisti Abdelkrim Zeghileche e Khaled Drareni, recentemente condannati a due e tre anni di carcere per aver “istigato alla violenza e minacciato la sicurezza nazionale” offrendo copertura mediatica alle manifestazioni[7]. L’Algeria rimane difatti uno dei paesi in cui è più critica la situazione in termini di libertà stampa e di espressione, risultando 146esima su 180 paesi nella classifica del World Press Freedom Index 2020 stilata da Reporters Without Borders[8]. A dispetto di queste difficoltà, tra la fine di agosto e l’inizio di settembre si sono svolte nuove proteste in numerose province del paese[9], a dimostrazione di come il movimento Hirak stia cercando di riconquistare lo spazio pubblico, nonostante la riluttanza di molti attivisti a riprendere i cortei in un momento di emergenza sanitaria.

Proprio il fatto che ci sia discordanza interna al movimento sui tempi e le modalità di ripresa delle manifestazioni è indice di una varietà di anime e di una dialettica che, per certi versi, ne hanno rallentato l’operato e l’organizzazione negli ultimi mesi, ma che lo hanno anche reso più resiliente nei confronti della risposta delle autorità. Quest’ultima è rimasta sostanzialmente immutata anche negli ultimi mesi, incentrandosi principalmente su una campagna di arresti mirati contro i leader dell’Hirak anche al di fuori della capitale[10]. Allo stesso tempo le autorità hanno provveduto a inasprire l’attuale corpo legislativo contro il dissenso, sfruttando la pandemia come pretesto per rallentare la macchina giudiziaria. Da un lato, la legge che criminalizza le “fake news” approvata dal parlamento in aprile ha infatti permesso al governo di oscurare decine tra blog e forum online usati dall’opposizione, così come da studenti e giornalisti, e di giustificare l’incarcerazione di molti suoi esponenti usando come prove post e discorsi critici nei confronti del regime. Dall’altro lato, la sospensione di tutte le udienze decisa dal ministero della Giustizia a causa del virus sta di fatto prorogando a tempo indeterminato la detenzione di molti attivisti[11].

Nello stesso tempo, il Presidente Tebboune e il nuovo esecutivo hanno cercato di promuovere il proprio impegno riformatore, incentrato sulla nuova riforma costituzionale, la cui bozza è stata discussa e adottata dall’Assemblea nazionale del popolo (la camera bassa del parlamento) con 256 voti su 462 il 10 settembre[12], dopo aver ricevuto il via libera dal Consiglio dei ministri quattro giorni prima. Presentata dall’attuale presidente come priorità assoluta fin dalla campagna elettorale dello scorso anno, la nuova riforma sarà votata con referendum nazionale il prossimo 1° novembre, storico anniversario dell’inizio della guerra d’indipendenza contro la Francia. La proposta di riforma introduce diverse novità giuridico-istituzionali in numerosi ambiti relativi all’organizzazione del sistema politico e della società. Innanzitutto, quello delle libertà civili fondamentali, con alcuni articoli che si rivolgono direttamente alle istanze dell’Hirak e garantiscono, rispettivamente, la libertà di associazione e di manifestazione nonché il diritto al risarcimento per chiunque venga arrestato e detenuto in modo arbitrario, la “salvaguardia della libertà di stampa in tutte le sue forme” e la protezione delle donne da ogni forma di violenza[13]. Nessuna legge potrà inoltre contenere disposizioni che limitano la libertà di formare partiti politici. Queste aggiunte, tuttavia, sono state accolte con scetticismo da intellettuali e attivisti per i diritti umani, specie alla luce dei continui arresti arbitrari contro figure critiche del regime[14].

In secondo luogo, il progetto di riforma propone nuove disposizioni nel delicato ambito della separazione dei poteri, con l’introduzione della carica di vice presidente (nominato dal presidente), la limitazione a due mandati sia per il presidente che per deputati e senatori e il rafforzamento del principio di indipendenza della magistratura, cancellando l’obbligo di associazione del ministro della Giustizia e del procuratore della Corte suprema al Consiglio superiore della magistratura[15]. In ultimo, ma non meno importante, la proposta di riforma si rivolge alla sfera militare con l’esercito che, secondo l’emendamento all’articolo 29, potrà essere impiegato per la prima volta dal 1973 anche al di fuori dei confini nazionali nel contesto di specifici accordi bilaterali con altri paesi o come parte di operazioni internazionali volte al mantenimento della pace[16]. Il presidente, comandante in capo delle forze armate, necessiterà comunque dell’approvazione del parlamento prima di autorizzare l’invio di truppe all’estero.

Secondo quanto dichiarato dallo stesso Tebboune, le modifiche costituzionali proposte “sono pienamente in linea con i requisiti di uno stato contemporaneo e rispondono alle istanze dei manifestanti”, ponendo quindi le basi “per un cambio radicale del sistema di governo” algerino e proteggendo i cittadini da qualsiasi deriva autoritaria”[17]. Sebbene i nuovi emendamenti siano stati formulati da un insieme di esperti tenendo conto anche delle migliaia di suggerimenti inviati da rappresentanti politici, cittadini e membri della società civile, una parte importante dello spettro politico, specie i partiti allineati nel gruppo di “Alternativa democratica”, e della stessa società civile rimane contraria a queste modifiche, chiedendo invece l’uscita di scena dell’attuale classe politica e un totale ribaltamento del sistema di potere in senso democratico. Allo stesso tempo, tra i partiti di opposizione sono emerse importanti divergenze riguardo al piano di riforma voluto dalla presidenza. Mentre lo schieramento Jil Jadid (Nuova generazione) e il partito islamista moderato Elbinaa hanno accolto positivamente la bozza di revisione, il Raggruppamento per la cultura e la democrazia, di ispirazione secolare, e il partito islamista Movimento per la società della pace hanno criticato duramente l’iniziativa e il linguaggio utilizzato, poiché preserverebbero gran parte dei poteri presidenziali riducendo però le richieste e le ambizioni della popolazione a mere proteste di natura economica[18]. Da ciò si evince quanto l’opposizione continui a riflettere un ampio ventaglio di visioni e orientamenti politici, inclusi l’islamismo, il socialismo e il nazionalismo di stampo conservatore, che insieme alla forte frammentazione partitica rendono sostanzialmente impossibile la creazione di un fronte di opposizione unito e in grado di convogliare un’alternativa concreta nell’arena politica.

Insieme alla riforma costituzionale, l’economia resta l’altro grande dossier nell’agenda del governo, rappresentando inevitabilmente la cartina di tornasole per comprendere le prospettive di stabilità o instabilità del sistema algerino. Di fatto, il successo o meno dell’esecutivo nel far fronte alla crisi economica decreterà con ogni probabilità il destino delle proteste e dell’attuale classe politica.  L’impatto diretto causato dalle misure di contenimento della pandemia, combinato con l’impennata dei prezzi del petrolio sul mercato energetico globale dovuto al calo dei consumi durante il lockdown hanno fatto precipitare l’Algeria in una crisi economico-finanziaria senza precedenti. Secondo i dati forniti dall’Economist Intelligence Unit, i drastici provvedimenti di taglio del budget nazionale, pari al 50% rispetto a quello del 2019, decisi dalle autorità in primavera, equivarrebbero a una riduzione della spesa pubblica pari al 13% del prodotto interno lordo (Pil), ma molto difficilmente potranno essere attuati da un governo che gode di poca popolarità in un contesto di mobilitazione e malcontento sociali[19]. Le ultime stime confermano un trend di netta recessione per il 2020, con una contrazione del Pil reale compresa tra il 5 e l’8%[20], a cui si aggiungono un tasso di disoccupazione complessivo del 15,1%[21] e giovanile che potrebbe superare il 30% a seguito della pandemia[22], nonché un aumento del rapporto deficit-Pil pari quasi al doppio rispetto al 2019, da 8,5 a 15,5%[23].

Questo contesto è reso ancor più preoccupante dalla notevole riduzione delle riserve ufficiali di valuta estera, diminuite di quasi tre quarti negli ultimi sei anni e attualmente ammontanti a circa 60 miliardi di dollari[24]. Fino ad ora il governo ha attinto da queste riserve per finanziare buona parte della spesa pubblica a fronte del netto calo delle rendite derivanti dal petrolio e dal gas, che rappresentano la quasi totalità dei proventi delle esportazioni. Tuttavia, se i prezzi dell’energia non dovessero risalire, le riserve valutarie algerine potrebbero esaurirsi nel giro di due anni[25].

L’Algeria è il terzo principale fornitore di gas per il mercato europeo, con Spagna e Italia che ricevono insieme oltre il 60% delle esportazioni di gas di Algeri, ma i dati relativi ai volumi nella prima metà del 2020 indicano una diminuzione rispettivamente del 48 e 32% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, includendo i valori di gas naturale liquefatto (Gnl), e del 37% verso questi due paesi combinati[26]. La causa principale risiede nella forte contrazione della domanda a livello globale dovuta alle misure di quarantena contro il Covid-19, ma a ciò si somma anche la crescente competizione condotta da fornitori di gas naturale liquefatto emergenti come Stati Uniti, Russia e Qatar, che hanno in parte eroso la quota di mercato algerina sia in Italia, sia, soprattutto, in Spagna.

Nella strategia di revisione della spesa pubblica e di razionalizzazione perseguita dall’attuale amministrazione rientra anche la decisione di ridurre il valore delle importazioni ad un tetto massimo di 31 miliardi di dollari per il bilancio 2020 – contro i 41 del 2019 – così come l’utilizzo di manodopera qualificata straniera, che secondo l’ufficio del presidente consentirebbe di risparmiare 7 miliardi l’anno[27].

Ciononostante, l’esecutivo guidato dal primo ministro Djerad ha rassicurato la popolazione circa il mantenimento delle principali politiche sociali, inclusa quella dell’edilizia pubblica, con l’ambiziosa promessa di ultimare quanto prima quasi un milione di abitazioni, di cui 648 mila già iniziate e altre 325mila ancora sulla carta[28]. Fissato appena prima del lockdown, questo obiettivo appare al momento irrealistico, soprattutto a causa delle poche risorse finanziarie stanziabili e delle conseguenti difficoltà nel redigere un piano pluriennale di finanziamento di lungo termine da qui al 2024[29].

L’attuale situazione rende dunque particolarmente urgente un intervento di riforma strutturale che punti alla diversificazione dell’economia attraverso il sostegno al settore privato, cruciale anche per alleviare la disoccupazione e ridare fiducia alla popolazione e ai gruppi sociali più vulnerabili, il cui malcontento non può certo essere placato con un assegno unico di 10.000 dinari (pari a 78 dollari) versato dal governo alle famiglie più povere per far fronte alla pandemia[30].

 

Relazioni esterne

Sul piano della politica estera, la principale novità è certamente rappresentata da un impeto di attivismo diplomatico che ha visto i principali riscontri nel quadro strettamente regionale e, in particolare, nell’ambito della crisi libica. Algeri ha fin dall’inizio espresso il proprio supporto al governo di Tripoli riconosciuto dalle Nazioni Unite, mantenendo nel contempo un approccio di rigorosa neutralità e criticando aspramente ogni coinvolgimento da parte di attori esterni nelle dinamiche del conflitto, incluso quello dell’Egitto. Ad Algeri si sono tenuti numerosi incontri diplomatici con vari paesi del Nord Africa e del Sahel per promuovere un concreto piano di pace per cui l’Algeria ha offerto il proprio ruolo di mediatore regionale. Questa strategia di equidistanza è emersa nuovamente a fine giugno, quando il presidente Tebboune ha incontrato nell’arco di pochi giorni sia Fayez al-Sarraj, leader del Governo di accordo nazionale (Gna) a Tripoli, sia Aguila Saleh, portavoce della rivale Camera dei rappresentanti di Tobruk[31]. La principale preoccupazione dell’Algeria riguarda la possibile estensione dell’instabilità dalla Libia all’interno dei propri confini, con l’anarchia del vicino che potrebbe offrire a gruppi armati e formazioni estremiste una base sicura da cui pianificare e lanciare attacchi contro obiettivi militari e infrastrutture petrolifere vitali. Nel gennaio 2013, un attacco lanciato da un gruppo terroristico affiliato ad al-Qaeda operativo in Mali e Libia verso il complesso di estrazione del gas di Tigantourine, nel sud est dell’Algeria, si concluse con l’assedio dell’esercito algerino e la tragica morte di oltre 35 ostaggi stranieri[32]. A tal proposito, non è un caso che nella bozza di riforma costituzionale proposta da Tebboune sia inserita la possibilità di inviare truppe al di fuori dei confini nazionali, rompendo di fatto una tradizione di non intervento che durava dalla guerra dello Yom Kippur del 1973. 

L’altro grande dossier sul tavolo del ministro degli esteri Boukadoum concerne i rapporti con l’Unione europea e lo stallo dell’accordo di libero scambio che sarebbe dovuto entrare in vigore il 1° settembre, ma per il quale Algeri ha chiesto l’ennesima proroga per poter formulare una politica doganale adatta al mercato europeo[33]. Il paese nord africano è dal 2005 parte di un accordo di associazione con Bruxelles, ma dopo 15 anni l’economia interna rimane asfittica, poco differenziata e incapace di integrarsi attivamente nel mercato comunitario. Anni di mal governo e clientelismo hanno impedito la crescita di un vero settore privato, rendendo il paese dipendente dall’esportazione degli idrocarburi, che però non è stata sufficiente a colmare un deficit commerciale sempre più ampio, attualmente pari a oltre 14 miliardi di dollari[34]. I tentennamenti algerini sono alimentati dallo scetticismo di molte associazioni di lavoratori, che temono un ulteriore effetto distruttivo sull’economia nazionale. Tali paure sono in parte fondate, dato che i termini dell’accordo sono molto più favorevoli verso i paesi europei, che hanno avuto facile accesso al mercato algerino come esportatori di merci ad alto valore aggiunto lasciando nel contempo all’Algeria il ruolo di esportatore di beni primari a basso costo[35]. Una revisione strutturale delle clausole e delle condizioni sarebbe dunque necessaria, ma attualmente non sembra essere in cima alle priorità di Bruxelles.

Infine, continuano a tenere banco i difficili rapporti con il Marocco. In giugno, forti tensioni diplomatiche sono emerse a causa delle presunte accuse fatte contro l’Algeria dal console marocchino di Oran, prontamente rimpatriato, secondo fonti algerine, su richiesta ufficiale delle autorità[36]. Gran parte della disputa è però legata all’annosa questione del Sahara occidentale, la cui sovranità è contesa tra il Marocco e il gruppo di resistenza del popolo Sahrawi noto come Fronte Polisario, appoggiato invece dall’Algeria. Negli ultimi mesi entrambi i paesi hanno iniziato la costruzione di nuove basi militari, con le rispettive cancellerie che si sono scambiate accuse di escalation, un segnale certamente poco rassicurante nonostante le ripetute dichiarazioni di apertura lanciate dal re del Marocco Mohammed VI e dal presidente algerino Tebboune[37].

 

NOTE

[1] Economist Intelligence Unit, Country Report, Algeria, agosto 2020.

[2] N. Bhatia, “Algeria amends curfew to curb Covid-19”, MEED, 1 settembre 2020.

[3] “Streets with no rage. Algeria’s protest movement considers how and when to come back”, The Economist, 4 giugno 2020.

[4] S. Blidi, “New wave of Algeria protests raise questions about future of Hirak”, The Arab Weekly, 17 giugno 2020.

[5] Ibidem.

[6] “Algeria arrests three more ‘Hirak’ activists”, Middle East Eye, 14 giugno 2020.

[7] “Algeria: Journalists sentenced to harsh prison terms amid growing crackdown”, Amnesty International, 27 agosto 2020.

[8] 2020 World Press Freedom Index. https://rsf.org/en/ranking.

[9] “Algeria’s Hirak protests regain momentum”, Economist Intelligence Unit, 25 Agosto 2020.

[10] “Algeria: Activist Facing Charges for Peaceful Support of Protests”, Human Rights Watch, 6 settembre 2020.

[11] H. Al-Ghwell, “Young Algerians won’t stand for the same old, same old”, Arab News, 30 agosto 2020.

[12] “Algerian Parliament adopts draft constitutional reforms”, Al-Jazeera, 10 settembre 2020.

[13] “Algeria: la nuova Costituzione approda in parlamento, il voto giovedì prima del referendum”, Agenzia Nova, 8 settembre 2020.

[14] E. Goldstein, “Rights Language in Algeria’s Draft Constitution No Comfort to Jailed Journalist”, Human Rights Watch, 30 maggio 2020.

[15] “Algeria: la nuova Costituzione, approda in parlamento, il voto giovedì prima del referendum”…, cit.

[16] B.M. Perkins, “Constitutional Amendment Foreshadows Algerian Military Involvement in the Region”, Terrorism Monitor, vol. 18, n. 10, 15 maggio 2020. https://jamestown.org/program/briefs-328/.

[17] “Algerian Parliament adopts draft constitutional reforms”, Al Jazeera, 10 settembre 2020.

[18] “Algerian Opposition Divided Over Draft Constitution”, Asharq Al-Awsat, 16 maggio 2020.

[19] Economist Intelligence Unit, Algeria…, cit., p. 6.

[20] Il Fondo Monetario Internazionale prevede un calo del Pil reale pari al -5,2 % mentre l’Economist Intelligence Unit avanza una previsione del -8%. Si vedano rispettivamente: IMF Data Mapper, World Economic Outlook, Algeria.

[21] IMF Data Mapper, World Economic Outlook, Unemployment rate.

[22] Elaborazione Ispi su dati della Banca mondiale relativi al tasso di disoccupazione giovanile per il 2019, pari al 29,5%.

[23] Economist Intelligence Unit, Algeria…, cit., p. 6.

[24] H. Saleh, “Algeria’s rulers consolidate grip as economy falters”, Financial Times, 28 giugno 2020.

[25] Ibidem.

[26] “Algerian Gas to Italy & Spain Sees First Half Crash”, MEES, vol. 63, n. 29, 17 luglio 2020, p. 15.

[27] D. Ghanem, “Algeria: Toward an economic collapse?”, Middle East Institute, 26 maggio 2020.

[28] “Réalisation de logements : Le Gouvernement confronté à deux contraintes majeures”, Algerie-Eco, 6 marzo 2020.

[29] Ibidem.

[30] “Streets with no rage”…, cit.

[31] “Algeria steps up diplomacy in hopes of ending Libya’s war”, Al-Jazeera, 23 giugno 2020.

[32] J. Keenan, “Report On In Amenas: Inquest Cover-Up And Western Involvement In Algerian State Crimes”, International State Crime Initiative, 2016.

[33] “Algeria backtracks on its free trade deal with the EU”, The North Africa Post, 9 settembre 2020.

[34] Economist Intelligence Unit, “Algeria”, …cit, p. 9.

[35] S. Speakman Cordall, “Algerians warn EU trade agreement could further decimate economy”, Al-Monitor, 31 agosto 2020.

[36] “Morocco diplomat leaves Algeria over ‘enemy’ remarks”, Arab News, 11 giugno 2020. https://www.arabnews.com/node/1687946/middle-east.

[37] A. Rodríguez, “New chapter in the diplomatic conflict between Algeria and Morocco”, Atalayar, 15 luglio 2020. https://atalayar.com/en/content/new-chapter-diplomatic-conflict-between-algeria-and-morocco.

Contenuti correlati: 
Focus Mediterraneo Allargato n.14

Ti potrebbero interessare anche:

Palestina: giornata di sangue
Focus Mediterraneo allargato n.1
Valeria Talbot
ISPI
Italy’s “Wider Mediterranean”: Is It Just About Energy?
Diplomazia, terrorismo e propaganda
Ugo Tramballi
ISPI SENIOR ADVISOR
Israel: New Government, New Uproar
Israele: la resa dei conti

Tags

MENA Algeria
Versione stampabile

AUTORI

Federico Borsari
ISPI

SEGUICI E RICEVI LE NOSTRE NEWS

Iscriviti alla newsletter Scopri ISPI su Telegram

Chi siamo - Lavora con noi - Analisti - Contatti - Ufficio stampa - Privacy

ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) - Palazzo Clerici (Via Clerici 5 - 20121 Milano) - P.IVA IT02141980157