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Commentary

La Turchia, l’Akp e l’Islam “moderato”

14 febbraio 2011

Chi e che cosa rappresenta il partito Akp, sinonimo di «Islam moderato», di questo primo decennio del secolo? Alcuni osservatori, fuori e dentro la Turchia, sostengono che il suo leader indiscusso, Erdoğan, abbia un’agenda segreta, mirante a islamizzare progressivamente il paese attraverso misure volte a indebolire i militari, tradizionali garanti della laicità, l’apparato giudiziario e burocratico kemalista, lo stesso stato centrale, in favore di un relativo decentramento amministrativo (peraltro in linea con gli standard europei).

In realtà, l’Akp non ha un’agenda islamica segreta per il semplice fatto che per certi aspetti ce l’ha palese. Esso, anche nelle sue manifestazioni simboliche, è sensibile al richiamo dell’Islam.

Politicamente, comunque, Erdoğan non può rimanere insensibile alle sette islamiche, silenziate dalla repubblica ma che ormai stanno uscendo allo scoperto, né agli ambienti religiosi del paese che puntano a de-laicizzare il diritto di famiglia e l’istruzione. Le sue figlie, che hanno studiato all’estero perché non avevano accesso alle università turche per via dei capelli coperti, rifiutavano di coprirsi con la parrucca per aggirare il divieto, come hanno invece escogitato le loro colleghe religiose.

La Turchia delle periferie e dell’interno dell’Anatolia, sensibile al richiamo dei minareti, ha ormai preso il sopravvento, governa, affolla le sale Vip degli aeroporti con le sue signore velate e impermeabilizzate, sotto lo sguardo corrucciato degli infiniti ritratti di Atatürk collocati in tutti gli uffici pubblici. Esse, del resto, compaiono solo frettolosamente per le strade, ancorché le si possa intravedere al volante di macchine lussuose. Non le si incontra nei teatri, nei cinema, nei ristoranti, nelle librerie. Sono cresciute e si sono moltiplicate in ambienti separati ed estranei agli ideali repubblicani. Un mondo conservatore, apparentemente disinteressato alla cultura occidentale e ben disposto ad assecondare il desiderio maschile di una figliolanza numerosa (lo stesso Erdoğan ha raccomandato tre figli per famiglia) e di una vita dedita alla casa e alla cucina, all’ombra della moschea. Detestata dagli ambienti laici e dai militari, la nuova razza padrona non intende rinunciare alla sua vocazione islamica, per  quanto «moderata». E mi suonano alle orecchie le parole dell’ex capo di Stato Maggiore delle forze armate, generale Büyükanit, quando mi ricevette per la prima volta: «Non esiste l’Islam moderato. L’Islam è l’Islam, una religione come tutte le altre, che deve restare ancorata nella coscienza dei singoli. Se appare in pubblico, confligge inevitabilmente con il destino laico della Turchia».

Destino laico? «Ciò che unisce i turchi, al di là delle differenze etniche, è la religione musulmana», ha affermato una volta Erdoğan dalla Nuova Zelanda, dove si era recato in visita, scatenando polemiche in Parlamento e sugli organi d’informazione. E ciò proprio quando alcuni insegnanti, che avevano mostrato inclinazione per le teorie evoluzioniste, erano stati sospesi da una scuola statale […]

Certo, in questo quadro occorre considerare che parte giocherà l’Islam. Non solo quello politico, ma anche quello religioso, di cui il primo è in Turchia la faccia più visibile. L’Islam, come ogni religione, non ha vocazioni riformiste. Non è né moderato né integralista, definizione semmai adattabile ai propri seguaci. In Turchia è stato ed è ancora, in parte, tenuto sotto chiave, le parole degli imam  passano prima al vaglio del Dipartimento per gli Affari Religiosi, incontra limiti invalicabili non tanto al suo proselitismo (qui tutti sono più o meno definiti musulmani) quanto a ogni forma esteriore di militanza. La propaganda religiosa è, sostanzialmente, vietata dallo stato, non certo per timore dei pochi cristiani qui residenti, ma della propria stessa religione. A ben vedere, non c’è nessun paese islamico al mondo che possa definirsi autenticamente democratico, con la parziale eccezione dell’Indonesia. A parte la Turchia, sia perché l’Islam turco è diverso (per vari fattori storici e sociali), sia perché esso è in qualche modo controllato.

La Turchia fra qualche anno avrà le carte in regola per quanto riguarda i criteri di adesione all’Unione Europea. Se anche il fattore religioso sarà stato felicemente normalizzato, se, in altre parole, un Islam sempre più turco (e quindi in qualche modo ancora «kemalista») sarà stato capace di affermarsi e di non fare più paura, anche il rigido controllo dello stato su di esso, e conseguentemente sulle altre religioni organizzate, potrà trasformarsi in normale vigilanza laica. A quel punto, anche la questione della libertà religiosa, uno dei nodi focali per l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea, potrà essere superato e l’Islam moderato diventare davvero semplicemente un partito conservatore.

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