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Politica di vicinato
L’Agenda per il Mediterraneo dell’UE: nuove idee, vecchi schemi
Federico Tosi
15 marzo 2021

Lo scorso 9 febbraio l’Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell e il Commissario europeo per l’allargamento e la politica di vicinato Olivér Várhelyi hanno presentato, durante una conferenza stampa congiunta, la nuova strategia dell’Unione europea (Ue) per il Mediterraneo, che si pone come obiettivo quello di rafforzare la partnership con i paesi del vicinato meridionale. 25 anni dopo l’inizio del processo di Barcellona e dieci anni dopo lo scoppio delle primavere arabe, l’Unione europea prova a rinvigorire le sue relazioni con il vicinato meridionale.

 

Verso un’autonomia strategica dell’Ue

L’Agenda per il Mediterraneo si inserisce nella più ampia ristrutturazione del Servizio europeo per l’azione esterna (EEAS) e della Politica di vicinato dell’UE, lanciata nel 2003 e rivista una prima volta nel 2015. In particolare, nel 2018 la Commissione europea ha proposto una riforma della sua politica estera all’interno del dibattito sul bilancio pluriennale dell’Unione (MFF) per il periodo 2021-2027. A causa della portata delle riforme proposte e dell’importanza strategica del bilancio pluriennale, il dibattito tra istituzioni comunitarie è stato molto intenso e si è ulteriormente allungato a causa dell’attuale pandemia. Lo scorso dicembre il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno trovato un accordo per l’istituzione del nuovo strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale (NDICI). Secondo le dichiarazioni dei leader europei, l’NDICI permetterà all’Ue di essere più flessibile e reattiva in politica estera. Inoltre, il nuovo strumento doterà l’Unione dei mezzi necessari per allineare la sua cooperazione internazionale (vero cardine della politica estera comunitaria) ai suoi obiettivi politici e strategici.

A livello pratico, NDICI accentra in un unico strumento i numerosi fondi che l’Unione utilizzava per la sua politica estera. La grande novità a livello di governance è rappresentata dal fatto che l’NDICI, essendo inserito nel MFF 2021-2027, è soggetto anche al controllo del Parlamento europeo. Questa novità viene considerata come un vero traguardo per l’unica istituzione europea direttamente eletta dai cittadini, che ottiene un ruolo di controllo anche in politica estera. La dotazione finanziaria del nuovo fondo sarà di quasi 80 miliardi di euro, organizzata sotto tre pilastri: componente geografica, componente tematica e componente della risposta rapida. Nonostante la prima componente sia di gran lunga la principale voce di bilancio (più di 60 miliardi di euro) la creazione degli ultimi due pilastri ben descrive il nuovo approccio flessibile voluto dalla Commissione. Questa architettura si inserisce nella più ampia strategia, portata avanti dall’Alto rappresentante Borrell, per dotare l’Unione dell’autonomia strategica necessaria per competere con le altre grandi potenze mondiali. 

 

Proiettare le priorità dell’Unione verso i suoi vicini

Entrando nello specifico, l’Agenda per il Mediterraneo ha l’ambizione di rafforzare la partnership tra Unione europea e vicinato meridionale, considerando necessario affrontare insieme le sfide comuni che la regione presenta. La componente più importante dell’Agenda è il piano di investimenti economici di 7 miliardi di euro (nell’ambito del menzionato NDICI), con il quale si prevede di smobilitare un totale di 30 miliardi di euro grazie all’inserimento di investimenti privati e dei governi nazionali. Questa enorme cifra di investimenti mira a stimolare la ripresa socioeconomica a lungo termine della regione e si strutturerà secondo cinque pilastri: sviluppo umano, buon governo e stato di diritto; resilienza, prosperità e transizione digitale; pace e sicurezza; migrazione e mobilità; transizione verde e resilienza climatica.

I cinque ambiti di intervento descritti dalla Commissione rendono evidente il tentativo dell’istituzione europea di inserire nella propria agenda esterna le priorità che più caratterizzano l’impostazione data dalla Presidente Ursula von der Leyen fin dall’inizio del suo mandato. In questo modo, la lotta al cambiamento climatico, le transizioni digitale e climatica, l’economia circolare e l’attenzione per le nuove generazioni saranno al centro degli investimenti europei per la regione, nella giusta convinzione che la natura trasversale di tali fenomeni imponga l’estensione dei piani di intervento anche oltre i confini dell’Unione.

In ultimo, particolare rilevanza è stata data al tema della salute, annunciando l’intenzione di valutare la possibilità di creare un meccanismo di condivisione dei vaccini riservando una speciale attenzione ai paesi del vicinato, meccanismo che andrebbe ad aggiungersi al già consistente impegno economico dell’Unione nell’ambito del sistema COVAX.

 

I nodi delle migrazioni e dei diritti umani

Se sul piano economico e ambientale l’Agenda introduce importanti cambiamenti nell’approccio verso la regione, altrettanto non sembra avvenire in tema di migrazioni e – più in generale – di diritti umani. Sul primo punto, la strategia proposta dalla Commissione non sembra porsi in discontinuità rispetto al passato. Viene preso come punto di riferimento il Nuovo patto per la migrazione ed asilo, affrontando quindi la questione migratoria con il tradizionale approccio securitario. Al di là degli auspici di una riduzione del fenomeno migratorio a seguito degli investimenti previsti per i paesi di origine e transito e della convinzione che sia necessario affrontare in maniera condivisa il tema, nessun cenno viene rivolto ai salvataggi in mare e pochi dettagli sono riservati alle vie legali di accesso all’UE. Per quanto riguarda i diritti umani, la Commissione ribadisce il suo impegno per garantire il rispetto dello stato di diritto e dei valori democratici; tuttavia, anche in questo caso, non vengono specificate le modalità. Tale indeterminatezza sarebbe riconducibile alle divergenze tra gli stati membri, spesso arroccati su posizioni a difesa di interessi particolari. Nel tradizionale tandem istituzionale formato dal Parlamento europeo e dal Consiglio, mentre il primo è solito tenere posizioni ferme verso i valori europei, l’approccio del secondo è notevolmente meno ambizioso. La persistente rivalità, anche economica, tra stati membri (es. Italia e Francia in Libia o Egitto), traspare nelle posizioni del Consiglio – i cui stati membri detengono ancora ampi margini di sovranità – che inducea Commissione ad accordi a ribasso, frutto di compromessi tra stati. Non a caso, proprio sul punto dei diritti umani il Commissario Várhelyi ha ricevuto la maggior parte delle critiche da parte dei parlamentari, in occasione della presentazione dell’Agenda di fronte alla commissione affari esteri del Parlamento europeo.

 

I risvolti geopolitici

L’Unione si trova di fronte un vicinato meridionale fortemente colpito dalla crisi economica e sanitaria del Covid-19 e allo stesso tempo al centro della crescente competizione tra attori regionali e potenze esterne. Con questo piano di ripresa socioeconomica, Bruxelles vuole mandare un messaggio chiaro ai paesi della regione e alle potenze esterne, dimostrando la potenzialità della sua azione. Tuttavia, se l’importanza strategica dell’Agenda per il Mediterraneo è significativa, resta da vedere quali saranno i risvolti pratici e l’efficacia di questa nuova agenda che presenta promettenti punti di forza e tradizionali elementi di debolezza, in cui si riflettono divergenze di interessi tra gli stati membri.

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Europa migrazioni
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AUTORI

Federico Tosi
ISPI Research Assistant

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