Parallelo rovente: tensione tra Corea del Nord e Corea del Sud
Salta al contenuto principale

Form di ricerca

  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED

  • login
  • EN
  • IT
Home
  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED
  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Formazione ad hoc
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI

  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Formazione ad hoc
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI
Daily focus

Le due Coree: Parallelo rovente

16 giugno 2020

Pyongyang fa esplodere un ufficio di collegamento al confine con la Corea del Sud. È l’ultimo segnale di una tensione crescente, che potrebbe portare a una nuova escalation tra i due paesi.

 

L’anniversario per i vent’anni della dal primo summit tra Corea del Sud e Corea del Nord, che inaugurò un parziale disgelo ai due lati del 38esimo parallelo, cade in un momento di tensioni crescenti nella penisola. Pyongyang ha fatto saltare con un'esplosione l'ufficio di collegamento con la Corea del Sud a Kaesong, in territorio nordcoreano ma nei pressi della zona smilitarizzata che corre lungo il confine. La struttura era stata inaugurata nel settembre 2018, qualche mese dopo il primo vertice tra il presidente Moon Jae-in e il leader nordcoreano Kim Jong-un ed era stato concepito per facilitare i progetti intercoreani e gli eventi congiunti e per sostenere i negoziati tra le due Coree, ma non era più operativo dal gennaio di quest'anno in seguito alla pandemia di Covid-19. La demolizione avviene tre giorni dopo che Kim Yo-jong, potente sorella del dittatore Kim Jong-un, aveva rilasciato dichiarazioni al vetriolo minacciando gesti di ostilità, accusando Seoul di voler destabilizzare il nord anche attraverso la diffusione di materiale propagandistico, e definendo il dialogo tra le due parti ormai “clinicamente morto”. Seoul dal canto suo ha minacciato di rispondere “con fermezza” se il Nord “continuerà a peggiorare la situazione”. Le due Coree sono tecnicamente ancora in guerra perché dalla fine del conflitto, nel 1953, non è mai stato raggiunto un accordo di pace.

 

 

Un messaggio chiaro?

Distruggere l’ufficio di collegamento tra le due Coree, ideato per favorire il dialogo, è un gesto dalla portata simbolica evidente. Segue inoltre un’escalation propagandistica da parte di Pyongyang che – per voce di Kim Yo-jong – aveva minacciato di inviare militari al confine e di “trasformare la linea del fronte in una fortezza”. Washington non ha commentato l’accaduto: tra il giugno 2018 e il febbraio 2019 le speranze di una svolta nell’annosa crisi coreana erano state alimentate da due incontri tra il presidente Kim Jong-un e Donald Trump. Da allora tuttavia nulla è veramente cambiato e l'atmosfera di attesa per una volta imminente nelle relazioni tra i due paesi ha lasciato il posto alla frustrazione. La Corea del Nord è sempre soggetta a sanzioni economiche statunitensi e delle Nazioni Unite per il suo programma nucleare.

 

In cerca di un capro espiatorio?

Succedendo al padre nel 2011, Kim Jong-un aveva promesso ai nord coreani che non avrebbero più dovuto fare sacrifici, perché quello che si apriva davanti a loro era un periodo di prosperità economica. Ma a distanza di quasi dieci anni l’economia nordcoreana boccheggia e i ripetuti gesti di buona volontà – così almeno Kim intende gli incontri con Trump e Moon Jae-in – non hanno portato ad alcun allentamento delle sanzioni economiche. Gli scambi commerciali con Cina e Russia, i due principali partner economici nordcoreani, si sono ridotti all’osso a causa del Covid e le casse di Pyongyang sono ormai a corto di valuta straniera. Inoltre circolano voci relative al fatto che la pandemia avrebbe raggiunto le aree rurali del paese. Dare ai nordcoreani un nemico comune, secondo il regime, potrebbe dunque aiutare a focalizzare la loro attenzione altrove.

 

…O di legittimità?

Il governo di Pyongyang è irritato con Seoul per non aver contestato l'insistenza di Washington sulle sanzioni e per non aver proseguito nella realizzazione di progetti intercoreani aggirando quelle stesse sanzioni del consiglio di Sicurezza e degli Usa. A farsi portavoce di questa frustrazione è Kim Yo-jong, la sorella del presidente, diventata una figura sempre più in primo piano ai vertici del potere nordcoreano. È a lei che la propaganda ha attribuito parole di fuoco contro Seoul ed è lei che ha annunciato la chiusura di ogni canale di comunicazione con il Sud appena una settimana fa. Il fatto che abbia svolto un ruolo così evidente nella crisi di questi giorni può significare che il regime stia cercando di consolidare le sue credenziali di leader politico, e diversi media lo hanno letto come un segno che sti diventando ‘la donna forte’ del regime. Può darsi, come può darsi anche che il leader utilizzi la sorella come ‘cassa di risonanza’ all’estero e che – se le tensioni dovessero aumentare troppo – si può sempre far intervenire un responsabile di alto livello che la contraddica. L’importante insomma, è creare un ‘caso’ per uscire dallo stallo, e a questo scopo la ragione per attaccare Seoul è strategica: Pyongyang non può rischiare un’escalation attaccando direttamente gli Stati Uniti, ma prendendo di mira il Sud confida nelle scarse probabilità che quest’ultimo scateni una guerra.

 

Il commento

di Francesca Frassineti, ISPI Associate Research Fellow

"A fronte dello stallo sul nucleare con gli USA, Pyongyang ha riacceso i riflettori su di sé per manifestare l’irritazione di non aver ricevuto un allentamento delle sanzioni in cambio di quelle che ritiene siano state notevoli concessioni da parte sua, in primis, la moratoria volontaria sui test nucleari e sui lanci di missili balistici intercontinentali, a cui non si sente più vincolata. Kim ha sfruttato l’invio di volantini oltre confine da parte delle ONG sudcoreane come pretesto per “fabbricare” una crisi e sollecitare questa volta Moon, sempre più frustrato dal vedere sfumare i frutti della sua opera di mediazione che, nel 2018, aveva prodotto la serie di summit storici tra le due Coree e tra Kim e Trump."

 

***

 

A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications)

Ti potrebbero interessare anche:

Hong Kong: 25 anni di Cina
Cina: supporto a Mosca a intermittenza
China, the Indo-Pacific and NATO: Staying Relevant in a Shifting World Order
Jagannath Panda
Institute for Security and Development Policy
Cosa resterà di questo G7? Il Summit in 5 highlights
Davide Tentori
ISPI
,
Matteo Villa
ISPI
,
Antonio Villafranca
ISPI
Podcast Globally: Da che parte sta l'India tra Russia e Occidente?
China’s Quest for the Global South
Filippo Fasulo
Co-Head, ISPI Centre on Business Scenarios

Tags

Asia Corea del Sud Corea del Nord
Versione stampabile

Iscriviti alla Newsletter Daily Focus

SEGUICI E RICEVI LE NOSTRE NEWS

Iscriviti alla newsletter Scopri ISPI su Telegram

Chi siamo - Lavora con noi - Analisti - Contatti - Ufficio stampa - Privacy

ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) - Palazzo Clerici (Via Clerici 5 - 20121 Milano) - P.IVA IT02141980157