Nel contesto attuale le imprese (e le banche) italiane attive nella Federazione russa si trovano ad affrontare tre sfide: 1) le sanzioni europee 2) le sanzioni statunitensi 3) le controsanzioni russe adottate per rappresaglia.
1. Sanzioni dell’Unione europea dirette alla Russia
Nel 2014 il Consiglio dell’Unione europea ha approvato tre Regolamenti (i.e. n. 269/2014, n. 692/2014 e n. 833/2014 e successive modifiche) che hanno stabilito limitazioni alle imprese sottoposte alla giurisdizione degli stati membri nell’effettuazione di transazioni commerciali con determinati soggetti e/o rispetto a determinati beni.
Le sanzioni rivolte ai soggetti colpiscono prevalentemente persone fisiche o giuridiche titolari di interessi economici diffusi e considerando che il divieto delle imprese di intraprendere rapporti commerciali è sia diretto che indiretto, ossia rivolto non solo ai soggetti che figurano negli appositi elenchi sanzionatori ma anche alle società controllate dai soggetti sanzionati, si comprende l’ampia portata delle sanzioni.
Oltre all’embargo sulle armi, le restrizioni oggettive interessano:
- le esportazioni di beni e tecnologie a duplice uso (i.e. utilizzabili sia per fini civili che militari), destinati a uso militare, a un utilizzatore finale militare e alle forze militari russe;
- determinati servizi connessi alla fornitura di armi e materiale militare;
- settore aeronautico e dell’industria spaziale;
- vendita, fornitura, trasferimento o esportazione di determinate tecnologie per l’industria petrolifera in Russia.
Sono, inoltre, previste restrizioni sull’accesso al mercato dei capitali per determinate banche russe e società afferenti ai settori militare ed energetico.
Sebbene la comunità internazionale reputi la Crimea territorio ucraino annesso illecitamente dalla Russia, la regione di Sebastopoli è de facto sotto il controllo di Mosca. Per opporsi a questa occupazione, l’Unione europea ha imposto sia il divieto di importazioni di beni dalla Crimea che restrizioni sulle esportazioni verso la Crimea. Per quanto riguarda gli investimenti nella regione, inoltre, questi sono stati vietati nei seguenti settori:
- trasporti;
- telecomunicazioni;
- energia;
- sfruttamento delle risorse di petrolio, gas o minerali.
2. Sanzioni degli Stati Uniti d’America dirette alla Russia
Un ulteriore ostacolo per le imprese è costituito dalla fine del sostanziale parallelismo tra le misure sanzionatorie USA e UE contro la Russia. Il 2 agosto 2017 entra in vigore il provvedimento normativo Countering America’s Adversaries Through Sanctions Act (CAATSA) con il quale l’amministrazione Trump introduce sanzioni extraterritoriali contro chiunque effettui un investimento che contribuisca direttamente e significativamente a incrementare la capacità della Russia di costruire gasdotti o altri sistemi per l’esportazione di energia. Tali sanzioni sono rivolte a istituzioni finanziarie (sezione 226) e alle imprese (sezione 228) non statunitensi che intraprendano operazioni significative con soggetti presenti nelle blacklist statunitensi predisposte a seguito della crisi tra Russia e Ucraina e, più specificamente, su progetti speciali per il petrolio greggio e lo sviluppo di gasdotti per l'esportazione di energia (sezioni 225 e 232).
Onde evitare di esporsi al rischio delle sanzioni statunitensi, è fondamentale che le imprese si assicurino di escludere dalla transazione la presenza di una qualsiasi connessione con la giurisdizione americana (e.g. coinvolgimento nell’operazione di un cittadino americano, di un bene prodotto negli USA, pagamenti effettuati in dollari). Se, ad esempio, un’impresa italiana vuole esportare merce che ha componenti statunitensi in Russia, dovrà assicurarsi di non esporsi, non solo al rischio di sanzioni secondarie, ma anche a quello di sanzioni primarie, ovvero di quelle sanzioni generalmente applicate ai soggetti rientranti nella definizione di US person e aventi più ampia portata
3. Controsanzioni della Russia in risposta all’Occidente
In una dialettica di tit-for-tat con l’Occidente, la Russia ha sviluppato un complesso sistema di controsanzioni che, inter alia, hanno imposto alle imprese straniere restrizioni alla partecipazione al mercato nazionale. Di primaria importanza è l’embargo sulle importazioni di beni alimentari quali carne, pollame, pesce, prodotti ittici, latte, latticini, verdure, frutta, noci, sale, maiali vivi, alcuni tipi di grassi animali, e stearina solare.
Il regime sanzionatorio russo prevede, inoltre, limitazioni alla partecipazione di gare per contratti pubblici riguardanti beni e servizi relativi al settore difesa e sicurezza nazionale, software, macchine industriali, veicoli a motore, prodotti d’industria leggera, arredamento e beni per la lavorazione del legno. Altre forme di restrizione sono previste per contratti pubblici sulla fornitura, ad esempio, di apparecchi medici, prodotti alimentari o materiale informatico.1
Cosa comporta la violazione delle sanzioni internazionali?
Le conseguenze legali variano secondo la tipologia di sanzione violata. Se un’impresa intraprende rapporti commerciali con soggetti presenti nelle blacklist, non rispettando così i regimi sanzionatori relativi al terrorismo, al finanziamento dei programmi di proliferazione delle armi di distruzione di massa o condotte che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, è previsto il congelamento dei beni (art. 4 del D.lgs. 109/2007). Parallelamente sono previste sanzioni amministrative pecuniarie che vanno dai 500 euro a 500.000 euro (art. 13 del D.lgs. 109/2007).
Se, invece, l’impresa viola la normativa dell’Unione europea sulle restrizioni al commercio internazionale di beni o servizi rischia una sanzione penale dai 2 ai 6 anni o una multa da euro 25.000 a euro 250.000 (D. lgs. 221/2017).
…e se allora fare impresa diventa un’impresa?
Al di là delle più drastiche soluzioni richieste per superare l’ostacolo delle controsanzioni russe, quali, ad esempio, la delocalizzazione della produzione in Russia o in altri paesi non colpiti dalle controsanzioni2, qui si vuole sottolineare quanto sia importante che le imprese italiane si pongano la questione della conformità o meno delle proprie operazioni commerciali alle complesse misure restrittive imposte. Ciò non solo ai fini di garantire business continuity, ma soprattutto al fine tutelare la propria azienda e i suoi amministratori dalle eventuali sanzioni comminabili dalle autorità italiane, anche alla luce dell’inasprimento delle stesse (fino a 6 anni di reclusione), deciso con Decreto Legislativo n. 221/2017.
Ecco alcuni accorgimenti necessari al fine di ridurre il rischio di sanzioni:
- la verifica che tutti i soggetti coinvolti nelle operazioni (due diligence soggettiva) non figurino direttamente o indirettamente nelle liste sanzionatorie predisposte da UE o da USA3;
- per le banche, la verifica di clausole sulle sanzioni (sanctions clauses) nei contratti di finanziamento tra banche e imprese relative alla conformità con il regime di controllo applicabile;
- la richiesta di una dichiarazione (end-user statement) che identifichi l’utilizzatore finale del bene venduto alla controparte al fine di accertare che non sia trasferito a soggetti sanzionati o in aree sottoposte a embargo (Crimea).
Discutere della complessa materia delle sanzioni internazionali ci auspichiamo serva a sensibilizzare gli operatori sulla tematica della conformità, così da renderli coscienti non solo dei limiti ma anche delle opportunità relative all’attività d’impresa in Russia.
1 Alexander Bychkov, Annual International Trade & Compliance Conference 2018, 19-20 settembre 2018.
2 Sulla possibilità di “aggirare” le sanzioni, si veda il Fact Checking: Russia e sanzioni
3 Per controllo delle liste UE, utilizzare il seguente portale ; link per controllo delle liste USA