Il nuovo cancelliere tedesco dovrà fare soprattutto una cosa: seguire il tracciato di Merkel. Una missione di politica interna ed estera.
Mentre Olaf Scholz prestava giuramento e si insediava come nono cancelliere tedesco del dopoguerra dopo 16 anni di regno Merkel, le capitali di tutto il mondo si chiedevano cosa sarebbe cambiato.
La risposta breve: non molto.
"Voglio mantenere continuità con la mentalità della Germania nord-orientale che ha dominato qui", ha detto Scholz mentre la Merkel gli consegnava il controllo della Cancelleria federale. "Non cambierà poi molto".
Una notizia spiazzante per i partner della Germania in Europa e oltre Atlantico. Alla luce delle latenti tensioni ai confini di Ucraina e Bielorussia e delle grandi sfide che si profilano tra il Continente, la Cina e gli Stati Uniti, la leadership tedesca è quantomai necessaria.
Sfortunatamente, è improbabile che questa leadership si concretizzi. Anziché unire le forze con i partner internazionali della Germania per affrontare queste sfide, Scholz sembra pronto a propinare all'Europa la strategia di sempre: un incedere lento sul fronte dell’integrazione europea, vaghe promesse sul miglioramento delle capacità di difesa tedesche e un approccio tiepido nei confronti di Cina e Russia, con un occhio rivolto agli interessi tedeschi in quelle aree.
I funzionari dell’amministrazione Biden hanno fatto pressione sulla Germania per mesi affinché si unisse a Washington nel prendere una posizione più risoluta nei confronti della Cina, tra le crescenti tensioni nella regione indopacifica. Ma a fronte dei timori dell’establishment tedesco, che Donald Trump possa ritornare nelle vesti di presidente degli Stati Uniti nel 2025, vi è forte resistenza in molti ambienti di politica estera a seguire l'esempio di Washington. Il motivo: la Cina è, ora, il più grande partner commerciale della Germania.
Dopo che più volte gli è stato chiesto se la Germania parteciperà al boicottaggio diplomatico delle Olimpiadi invernali in Cina da parte degli Stati Uniti, Scholz ha equivocato, palesando un’improbabile linea dura nei confronti di Pechino.
"Crediamo che la cooperazione internazionale sia importante", ha affermato. "In un mondo che deve lavorare in maniera collegiale, è importante cogliere delle opportunità nel segno della cooperazione".
Nel corso degli anni, questo approccio ha funzionato bene per Angela Merkel. Ma, a fronte delle crescenti turbolenze su scala mondiale, adottare un atteggiamento attendista e schierarsi da entrambe le parti della barricata quando lo scenario si fa incandescente, dall'Iran, alla Russia, alla Cina, è improbabile che rimarrà un’opzione percorribile ancora per molto.
L'Ucraina potrebbe essere il campanello d’allarme. Se la Russia invade l'Ucraina, come teme Washington, cosa succederà al Nord Stream 2, il gasdotto baltico recentemente ultimato tra Russia e Germania, in attesa dell'autorizzazione normativa finale? Lo si lascerà perdere del tutto? Data la dipendenza della Germania dal gas naturale russo, la questione non sarebbe di facile risoluzione, soprattutto se l'altro collegamento al gasdotto principale – attraverso l'Ucraina – fosse interrotto a causa di una guerra.
Per la Germania si profila una dinamica simile anche nella regione indopacifica. Se la Cina cercherà di impadronirsi di Taiwan, una mossa divenuta più probabile a giudizio di alcuni esperti di sicurezza internazionale, Berlino sarebbe inevitabilmente costretta a scegliere da che parte stare tra gli Stati Uniti e il suo più grande partner commerciale.
Qualunque cosa accada su questi fronti, Scholz non potrà eludere per sempre la pressione esercitata dagli Stati Uniti affinché Berlino si schieri con Washington in merito alla questione cinese. A maggio il presidente Joe Biden ha accettato di sospendere le sanzioni Usa su Nord Stream 2, una mossa che ha generato scompiglio in seno a entrambi gli schieramenti a Washington. Finora, sembra che Biden abbia speso quel capitale politico invano, poiché il cambio di rotta della Germania in merito alla Cina non è ancora avvenuto.
A novembre Scholz ha incontrato il "segretario di Stato ombra" di Biden, il senatore Chris Coons, e ha cercato di rassicurarlo sul fatto che la Germania rimane un alleato affidabile. Scholz, ad esempio, si è impegnato a onorare gli obblighi assunti dalla Germania con la Nato in merito al nucleare. Su altre questioni, invece, Scholz è rimasto vago.
A Washington, alcuni funzionari dell'amministrazione Biden sostengono che i Verdi, che invocano una linea più dura nei confronti della Cina a fronte delle violazioni dei diritti umani da parte del partito comunista, rappresentino l’unica speranza che Washington ha per sollecitare Berlino a prendere posizione su Pechino. La co-leader dei Verdi Annalena Baerbock è entrata a far parte del Gabinetto di Scholz come ministro degli Esteri.
Eppure, i primi riscontri fanno presagire che, come la Merkel prima di lui, anche Scholz userà il suo mandato esecutivo per mantenere il controllo della politica estera in seno alla Cancelleria. Rolf Mützenich, il leader dei Socialdemocratici di Scholz al parlamento tedesco, ha recentemente affermato che il governo perseguirà "una politica estera intelligente che sarà, soprattutto, guidata e concepita dalla Cancelleria"Il commento ha scatenato un rapido dissenso da parte dei Verdi.
Tuttavia, è alquanto improbabile che Annalena Baerbock, quarantenne neofita senza precedenti in ambito di sicurezza internazionale, sarà in grado di tenere testa a Scholz in politica estera.
L'altro probabile punto di tensione tra la Germania e i suoi alleati è la difesa. Come evidenziato, la nuova coalizione ha reso noto che continuerà a onorare gli obblighi sul nucleare; tuttavia, non è altrettanto certo che Berlino manterrà l’impegno Nato di spesa per la difesa pari al 2% del Pil. Al contrario, l'accordo di coalizione stabilisce un obiettivo di spesa pari al 3% per "impegni internazionali", ivi compresi la diplomazia e gli aiuti allo sviluppo, unitamente alla difesa, un’espressione sufficientemente vaga e dal significato imprecisato.
Scholz è stato cauto a non utilizzare il termine impiegato da Emmanuel Macron "autonomia strategica", ricorrendo, bensì, al concetto più diplomatico di "sovranità strategica".
Qualunque sia l'etichetta, la Germania dovrebbe spendere molto di più per la difesa per raggiungere questo obiettivo, uno scenario che sembra altamente improbabile, considerando i vincoli finanziari della coalizione, che si è impegnata a non aumentare le tasse.
Ne consegue che la politica estera tedesca nei prossimi anni risulterà, probabilmente, molto familiare alla maggior parte degli osservatori, ovvero fino a quando non interverranno degli eventi che costringeranno Scholz a fare ciò che la Merkel ha evitato per 16 anni: scegliere da che parte stare.