Se in politica estera l’Egitto continua a giocare una partita da protagonista nella complessa scacchiera mediorientale e con i principali partner internazionali, mostrando una strategia basata su diplomazia e dialogo, a livello interno il Cairo sembra puntare sul rilancio dell’immagine pubblica del governo attraverso un apparente cambiamento di rotta e timidi cenni di apertura democratica. Parole d’ordine: diritti umani e rilancio delle relazioni con i partner storici.
Quadro interno
Nonostante gli sforzi del governo per contenere la crisi economica aggravata dalle conseguenze della pandemia di Covid-19, il 2021 si chiude con un trend negativo per l’economia egiziana: malgrado i relativi segni di ripresa, che secondo diverse fonti dovrebbero portare l’economia del paese entro giugno del 2022 a raggiungere una crescita del 5%[1], le statistiche segnalano il permanere di un elevato debito estero, segno della persistente dipendenza dal sostegno economico straniero, e un settore privato in continua contrazione. Secondo alcune stime, il debito estero dell’Egitto avrebbe raggiunto i 137 miliardi di dollari, quasi il doppio rispetto al 2016 quando il Fondo monetario internazionale ha esteso il suo prestito triennale di 12 miliardi di dollari[2]. Il debito nazionale totale, dunque, ha raggiunto nel 2021 circa 370 miliardi di dollari, valore quadruplicatosi rispetto al 2010 e in aumento di oltre il 100% rispetto all’intervallo 2017-20, con una non rosea previsione di un ulteriore aumento a 557 miliardi di dollari entro il 2026[3]. Allo stesso tempo la situazione nel settore privato non sembra evidenziare segni di miglioramento alla luce dei privilegi di cui godono le imprese di proprietà militare, a scapito di quelle private, e dei molteplici settori nei quali si sviluppano le loro attività. Questi dati vengono completati da un quadro d’insieme decisamente scoraggiante: la popolazione egiziana ‒ che si attesta oggi a più di cento milioni di abitanti ‒ appare schiacciata tra redditi stagnanti e spese familiari in continuo aumento.
Dal 2019 le quote salariali hanno subito minime variazioni, riflettendo una scarsa crescita dell’occupazione pubblica e degli stipendi dei dipendenti pubblici. La chiusura di diverse imprese statali ha, inoltre, aumentato la pressione al ribasso sull’occupazione complessiva, sia pubblica sia privata. Dall’inizio della pandemia il regime di al-Sisi ha ulteriormente ridotto il potere d’acquisto degli egiziani con tagli generalizzati ai sussidi su carburante, acqua, elettricità, trasporti e generi alimentari di prima necessità, peggiorando nel complesso le condizioni di vita della maggior parte della popolazione.
Dati che sembrano essere smentiti dalle dichiarazioni ufficiali rilasciate dal ministro delle Finanze Mohamed Maait a dicembre 2021 relativamente agli obiettivi economici del governo per l’anno fiscale 2021-22[4]: secondo tali dichiarazioni l’Egitto punterebbe a un tasso di crescita del 5,7% del Pil durante l’anno fiscale 2022-23 per poi salire gradualmente al 6% nel 2024-25. Maait ha anche aggiunto che il progetto di bilancio per l’anno fiscale 2022-23 dovrebbe prevedere una maggiore spesa finalizzata a migliorare il tenore di vita del 60% degli egiziani attraverso programmi mirati nel campo della sanità e dell’istruzione, ampliando la rete di protezione sociale e rafforzando gli investimenti pubblici. Tali promettenti previsioni sono state riportate anche nel report annuale Outlook 2022 pubblicato dall’Egyptian Center for Strategic Studies (Ecss) il quale sottolinea come il governo egiziano stia puntando su ampie riforme strutturali in vari settori al fine di rafforzare la stabilità della moneta egiziana, rilanciare il settore turistico, ridurre il deficit fiscale e alzare il tasso di crescita economica[5].
Tuttavia, la fiducia nei dati del governo rimane bassa soprattutto all’ombra delle misure di controllo e sicurezza adottate dal regime in carica nel paese. Diversi analisti continuano a sottolineare la grave riduzione delle spese in termini di sussidi, sovvenzioni e prestazioni sociali da parte del governo e lanciano l’allarme per un settore privato ancora immobile[6]. Tali voci di dissenso, che hanno contestato i tassi di crescita annunciati dal governo e denunciato la contrazione subita dal settore privato puntando il dito contro la concorrenza disuguale tra le imprese di proprietà dell’esercito e il settore privato, sono state ufficialmente smentite[7].
Nel tentativo di migliorare l’immagine del governo, in alcune recenti dichiarazioni, il presidente al-Sisi ha elogiato il ruolo svolto dal settore privato invitandolo a contribuire ai grandi progetti strutturali avviati negli ultimi anni e ha esaltato l’impegno del governo negli ultimi anni per introdurre importanti riforme strutturali[8]. Una mossa che nei fatti non riesce a nascondere l’incapacità dell’esecutivo di far fronte ai continui aumenti dei prezzi e di prevedere sussidi governativi rispondenti ai reali bisogni di buona parte della popolazione, ma che rientra invece nella recente strategia adottata dal regime volta a rinsaldarne la popolarità a livello interno, con misure di apparente liberalizzazione democratica, e sul piano internazionale. Ed è sul versante dei diritti umani che il Cairo sembra voler puntare per riabilitare l’immagine dell’esecutivo e del presidente al-Sisi, obiettivo di aspre critiche da parte di diversi partner strategici a livello internazionale che accusano il governo egiziano di mantenere un pesante controllo della società contro ogni voce critica, percepita come un pericolo per la stabilità e la sicurezza.
Il 25 ottobre, a sorpresa, il presidente al-Sisi ha dichiarato la fine dello stato di emergenza ‒ introdotto per la prima volta nell’aprile del 2017 a seguito di due attacchi contro le chiese copte di Alessandria e Tanta e mantenuto in vigore con continue proroghe[9]. Ad accompagnare questa decisione anche le dichiarazioni ufficiali del presidente che a settembre 2021 ha sottolineato l’impegno del governo a elaborare una nuova “Strategia nazionale per i diritti umani”[10].
È molto probabile che ad allarmare l’establishment egiziano siano state le dichiarazioni rilasciate dal Dipartimento di Stato americano nel settembre 2021 che invitavano al-Sisi a migliorare la condizione dei diritti umani nel paese con la minaccia di decurtare gli aiuti militari che gli Stati Uniti erogano ogni anno all’Egitto e che ammontano complessivamente a circa 1,3 miliardi di dollari. Un rischio che il Cairo non può permettersi e che potrebbe causare una pesante delegittimazione sul piano internazionale proprio adesso che il paese si trova impegnato a giocare una partita da pivot fondamentale nella regione e da mediatore delle crisi presenti nell’area mediorientale.
Tuttavia, la scelta di dichiarare la fine dello stato di emergenza è stata accolta con scetticismo dai principali oppositori del regime e dagli osservatori internazionali che accusano il governo di aver vanificato la decisione inserendo le norme essenziali dello stato d’emergenza nella legislazione ordinaria dello stato[11]. Ad aggravare il quadro il contestato emendamento alla legge anti-terrorismo, recentemente approvato dal parlamento egiziano ed entrato in vigore dopo la ratifica formale di al-Sisi l’11 novembre 2021. Con questa modifica le forze armate assumeranno in parte i poteri vigenti durante lo stato di emergenza e avranno diretta responsabilità sulla difesa delle principali infrastrutture del paese (come oleodotti, gasdotti, strade, ferrovie, centrali elettriche, ecc). Chiunque verrà accusato di danneggiarle o verrà ritenuto responsabile di attacchi contro le istituzioni pubbliche sarà processato davanti a un tribunale militare, procedura che mette ancora più in discussione l’indipendenza del potere giudiziario. Allo stesso modo i processi avviati nei tribunali di emergenza prima dell’11 novembre 2021, e che coinvolgono almeno 48 attivisti e oppositori del regime nelle carceri egiziane in attesa di giudizio, rimangono affidati a tali tribunali speciali[12].
Nonostante eclatanti decisioni, probabilmente legate alle pressioni internazionali, come quella di scarcerare il 7 dicembre 2021 Patrick Zaki, il giovane studente egiziano dell’Università di Bologna detenuto al Cairo dal febbraio 2020 ‒ senza assolverlo dalle accuse di aver diffuso notizie false “dentro e fuori” il suo paese d'origine ma rimandandolo a giudizio il 1° febbraio 2022 ‒ e di liberare l’attivista per i diritti egiziano-palestinese Ramy Shaath dopo oltre 2 anni di detenzione[13], sembra che la situazione dei diritti umani in Egitto non si avvii verso un concreto cambiamento bensì verso l’eccezione alla regola generalmente repressiva che, in realtà, rafforza la mancanza nel sistema egiziano di uno stato di diritto chiaro e coerente.
Relazioni esterne
Sul piano regionale e internazionale l’Egitto si trova impegnato a rinsaldare l’immagine di interlocutore privilegiato delle potenze internazionali nell’area mediorientale e di mediatore nelle crisi regionali. La minaccia di decurtare i finanziamenti annuali, lanciata a settembre 2021 dal Dipartimento di Stato americano a seguito dell’accusa rivolta al presidente egiziano sul mancato rispetto dei diritti umani nel paese, ha sollevato non poche preoccupazioni al Cairo. Questa situazione ha portato l’Egitto a introdurre limitati cambiamenti di rotta nella gestione degli affari interni ma, soprattutto, a rilanciare la partnership strategica con gli Stati Uniti. Frutto di questa strategia è stata la ripresa del “Dialogo strategico Stati Uniti-Egitto” con un incontro avvenuto a Washington l’8 e il 9 novembre 2021 tra il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry e il segretario di Stato americano Antony Blinken[14]. Il “Dialogo Strategico Usa-Egitto” rappresenta uno dei dialoghi bilaterali più longevi nella regione: istituito sotto l’amministrazione Clinton nel 1998 e da allora tenutosi periodicamente, a parte la pausa delle rivolte arabe del 2011, viene adesso rilanciato in una fase delicata dei rapporti tra Washington e il Cairo. Per la leadership egiziana, il dialogo tenutosi nel 2021 rappresenta un’opportunità per riaffermare il ruolo del paese quale partner vitale degli Stati Uniti nell’area mediorientale in un momento in cui il Cairo sta cercando di rilanciare la sua immagine di pivot strategico sulle questioni regionali. Ovviamente, da parte statunitense è stata evidenziata la disponibilità ad approfondire i legami bilaterali a fronte di un cambio di passo netto da parte del governo di al-Sisi davanti alle critiche dell’amministrazione Biden sulla questione dei diritti umani[15].
I vantaggi del rilancio del Dialogo strategico tra i due paesi sono evidenti e reciproci: se da una parte per gli Stati Uniti può diventare un’opportunità per consolidare la cooperazione su questioni di vecchia data come il conflitto israelo-palestinese e incoraggiare il Cairo ad assumere un impegno costruttivo su questioni come la Grande Diga del Rinascimento etiope (Gerd), da parte egiziana esso rappresenta un’ottima occasione per rinnovare a Washington l’importanza dell’Egitto come partner regionale. Non è un caso che il Cairo abbia ospitato a settembre 2021 il re di Giordania Abdullah II e il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas[16] per rirendere il dialogo su una soluzione a due stati, e abbia accolto nello stesso mese il nuovo primo ministro israeliano Naftali Bennett nel primo viaggio ufficiale di un leader israeliano in Egitto da più di un decennio. L’Egitto ha inoltre sfruttato l’occasione per fare pressioni sull’amministrazione Biden affinché assumesse un ruolo più importante nei colloqui con l’Etiopia e il Sudan sulla Gerd, questione che il Cairo considera una minaccia esistenziale alla sua sicurezza idrica e alla sua proiezione geopolitica regionale.
A rafforzare la posizione del Cairo sulla questione israelo-palestinese e sui rapporti con Tel Aviv anche la visita a sorpresa del primo ministro israeliano Naftali Bennett avvenuta il 13 settembre 2021 a Sharm el-Sheikh. Nel corso del vertice i due leader si sono confrontati su sicurezza, relazioni energetiche, questione palestinese e Gaza, tutti temi che interessano in generale le sfide alla stabilità mediorientale, ambito in cui l’Egitto si pone sempre più come protagonista e mediatore. Tale incontro ha mostrato ancora una volta quanto e come la relazione tra Egitto e Israele si stia sempre più strutturando definendosi in aree di interesse reciproco: lotta al terrorismo e cooperazione energetica, pilastro della strategia dell'Egitto che si pone, grazie alle scoperte di gas del giacimento di Zohr e al-Nour, come il nuovo hub energetico nel Mediterraneo orientale. Proprio rispetto a questo tema il 7 novembre 2021 Egitto e Israele hanno firmato un accordo che consente al Cairo di aumentare la presenza militare nell’area di confine egiziana di Rafah per operare contro i gruppi militanti affiliati allo Stato islamico nella penisola settentrionale del Sinai, rafforzando contemporaneamente la propria sicurezza[17]. Rilevante anche l’attenzione mostrata verso la questione palestinese, per la quale al-Sisi ha espresso tutto il suo interesse a mantenere un ruolo attivo di referente per gli Usa e Israele, nonché il suo personale impegno politico nel promuovere il processo di ricostruzione della Striscia di Gaza, specialmente dopo l’ultimo conflitto di maggio 2021. Un allineamento che da Camp David (1979) segna una linea immaginaria con le trasformazioni imposte dagli Accordi di Abramo nel 2020 e con la generale normalizzazione dei rapporti tra ex competitor dell’area (Turchia in primis) evidenziata negli ultimi mesi.
Ma è ancora la questione dei diritti umani a preoccupare questa volta non solo il governo del Cairo ma anche un fondamentale attore delle vicende della regione, la Francia. Nel novembre 2021 il sito d’inchiesta francese Disclose ha svelato i dettagli della cosiddetta “Operazione Sirli”, avviata nel febbraio 2016 sotto la presidenza di François Hollande per coadiuvare il presidente al-Sisi nella lotta al terrorismo attraverso il controllo del deserto occidentale egiziano, zona dove si concentrerebbe un elevato numero di miliziani jihadisti[18]. Le informazioni raccolte dagli aerei spia francesi nel deserto libico, durante le diverse missioni svolte fino al 2018, sempre secondo il giornale, sarebbero state ufficialmente trasmesse alle forze armate egiziane per colpire i jihadisti, ma in realtà utilizzate anche dalle stesse contro carovane di sospetti trafficanti e contrabbandieri, con “centinaia di civili” probabilmente uccisi nei raid aerei del Cairo al confine egiziano-libico[19]. Nell’inchiesta, chiamata “Egypt papers”[20], vengono citati documenti riservati della Difesa di Parigi, foto satellitari e mappe, denunciando un uso distorto e prolungato per anni delle informazioni di intelligence dei militari francesi, di cui sarebbe stato appunto a conoscenza anche l’Eliseo. L’Egitto è uno dei principali destinatari della vendita di armi francese. Un export fondamentale per la Francia e per il Cairo, particolarmente cresciuto dall’arrivo al potere di al-Sisi, insignito nel dicembre 2020 dal presidente francese Emanuelle Macron della Legion d’Onore, tra dure polemiche delle organizzazioni per i diritti umani. Di certo queste rivelazioni, se confermate, non contribuiranno a fortificare l’immagine del presidente egiziano tra gli attori internazionali dai quali, seppur senza gridare, si iniziano ad alzare diverse voci di critica contro il regime oppressivo del Cairo.
NOTE
[1] Y. Saba e M. Tapper, “Egypt’s economy to grow 5% in 2021-22 as rebound continues: Reuters survey”, Reuters, 27 luglio 2021.
[2] The World Bank, Egypt External Debt 1970-2021, Macrotrends 2021.
[3] A. O’Neill, “Egypt: National debt from 2016 to 2026”, Statista, 1 dicembre 2021.
[4] D.A. Moneim, “2021 Yearender: Egypt’s macroeconomic performance and the challenges ahead”, Al-Ahram Online, 31 dicembre 2021.
[5] “Egyptian Center for Strategic Studies releases Outlook 2022 in English and Arabic”, Al-Ahram Online, 31 dicembre 2021.
[6] O. Gaweesh, “The Egyptian economy is in danger and people cannot eat, says ex-media CEO”, Middle East Monitor, 2 dicembre 2021.
[7] M. Al-Wali, “Huge debt and a shrinking private sector marked Egypt's economy in 2021”, Middle East Monitor, 5 gennaio 2022.
[8] Ibidem.
[9] V. Yee, “Egypt’s Leader Ends State of Emergency, Says It’s No Longer Needed”, The New York Times, 25 ottobre 2021.
[10] “Sisi: Egypt is keen to uphold the social and economic rights of citizens”, Al-Masry al-Youm, 11 dicembre 2021.
[11] “In Egypt, new signs that the regime’s human rights strategy is to violate them”, The Washington Post, 27 dicembre 2021.
[12] “Egypt: Wave of Unjust ‘Emergency’ Trials Prosecutions Fast-Tracked Despite End to State of Emergency”, Human Rights Watch, 20 dicembre 2021.
[13] “Egypt frees activist Ramy Shaath after he abandons nationality”, Al Jazeera, 8 gennaio 2022.
[14] “US, Egypt conclude first 'strategic dialogue' under Biden”, Al-Monitor, 10 novembre 2021.
[15] U.S. Department of State, “Secretary Blinken’s Meeting with Egyptian Foreign Minister Shoukry”, 22 settembre 2021.
[16] “Egyptian-Jordanian-Palestinian summit shows Cairo resuming its peace broker role”, The Arab Weekly, 3 settembre 2021.
[17] S. Amin, “Israel, Egypt to increase military presence along Egypt's Rafah border”, Al-Monitor, 13 novembre 2021.
[18] “The ‘Egypt Papers’: Here is what we know so far”, Mada Masr, 25 novembre 2021.
[19] “Egypt used French military support to ‘kill civilians’: Report”, Al Jazeera, 22 novembre 2021.
[20] “Egypt Papers”, Disclose, 24 novembre 2021.