Giorni di proteste e scontri in Spagna in seguito all’arresto del rapper catalano accusato di glorificare il terrorismo e di ingiurie contro la monarchia. Un episodio che potrebbe riaccendere conflitti istituzionali e gli attriti tra Madrid e regioni autonome.
“Glorificazione del terrorismo” e insulti alla corona spagnola. Sono queste le accuse che martedì scorso hanno portato all’arresto di Pablo Hasél (nome d’arte di Pablo Rivadulla Durò), rapper catalano di 32 anni, che si era barricato nell’Università di Lleida per fuggire alle forze dell’ordine. Hasel rischia ora nove mesi di carcere per quello che dalle critiche viene designato come un reato d’opinione. Il suo arresto ha scatenato, tra martedì e mercoledì, diverse proteste a Barcellona, Madrid e in altre città del paese e in particolare della Catalogna – reduce dal voto di domenica scorsa –, nonostante fossero state vietate per contenere la pandemia. Il bilancio sarebbe di almeno 43 persone arrestate e nove feriti. Più di 200 tra artisti e personaggi dello spettacolo – tra cui Pedro Almodovar e Javier Bardem – si sono schierati in difesa di Hasél e della libertà di espressione. Anche Amnesty International condanna la reazione delle autorità spagnole. Oltre ad aver criticato la monarchia, alcuni testi delle canzoni di Hasel prendevano di mira le forze di polizia, accusandole di torturare e uccidere dimostranti e migranti. Il caso di Hasél riapre il dibattito sullo stato della monarchia spagnola e su quello dei rapporti tra Madrid e la regione autonoma catalana.
Libertà d’espressione?
In Spagna aveva fatto molto discutere l’introduzione, nel 2018, della legge antiterrorismo. In particolare, l’introduzione del reato di “apologia di terrorismo” ha portato a processo artisti, giornalisti e utenti dei social network, come nel caso dell’avvocato Arkaitz Terron, che su Twitter ironizzò sull’assassinio del 1973 di Luis Carrero Blanco da parte dell’ETA: fu accusato di difendere i terroristi e successivamente assolto. Come riporta Amnesty International, “in base all’articolo 578 del codice penale spagnolo, chi abbia fatto apologia del terrorismo o denigrato le vittime del terrorismo o i loro parenti – in questa vaga formulazione – rischia una multa, il licenziamento dal settore pubblico e persino il carcere.”
Secondo un rapporto di Freemuse, ONG che difende la libertà d’espressione in ambito artistico, la Spagna si trova in cima alla lista dei paesi esaminati per numero di artisti imprigionati solo nel 2019, ben 14: al di sopra di Iran, Turchia e Myanmar. Sebbene il governo spagnolo avesse promesso, anche nei giorni precedenti l’arresto di Hasél, una riforma del codice penale, ciò non è ancora avvenuto. Anche la Corte europei dei Diritti Umani aveva inviato una raccomandazione a Madrid che recitava: “La libertà d’espressione protegge non solo le opinioni inoffensive, ma anche quelle che feriscono”.
Voglia di repubblica?
L’arresto del rapper catalano, che accusa la corona spagnola di avere rapporti “mafiosi” con l’Arabia Saudita, riaccende anche il confronto sulla dinastia dei Borbone. Il re Juan Carlos ha abdicato nel 2014 in favore del figlio Filippo VI e dall’agosto dell’anno scorso vivrebbe in una suite presidenziale dell’Emirate Palace Hotel di Abu Dhabi. Il motivo della “fuga” risiederebbe in una serie di scandali di corruzione – che infangano ulteriormente l’immagine del “re emerito” spesso criticato per la sua mondanità – su cui indaga la magistratura spagnola, tra cui anche una maxi-tangente da 100 milioni di euro con cui la corona saudita avrebbe premiato Juan Carlos per la sua mediazione che avrebbe portato a un consorzio spagnolo l’incarico di costruire la ferrovia Mecca-Medina. Secondo un sondaggio condotto dal gruppo Platform for Independent Media dopo l’autoesilio del re, solo il 35% dei rispondenti vorrebbe mantenere la monarchia in Spagna, mentre il 41% preferirebbe la repubblica; il 48% degli spagnoli sarebbe favorevole a tenere un referendum – unico strumento previsto dalla costituzione – sull’eventuale cambiamento dell’ordinamento dello stato. Nella regione autonoma della Catalogna, inoltre, dopo il referendum pro-indipendenza del 2017, i sentimenti avversi alla monarchia e allo stato centrale sono ulteriormente cresciuti.
Madrid e Barcellona sempre più distanti?
Non è da escludere che il caso di Hasél possa riaccendere gli attriti tra Madrid e la Catalogna. A Barcellona e nel resto della regione autonoma la monarchia rappresenta il potere centrale dal quale la Catalogna ha cercato di emanciparsi per anni. Il risentimento si è acuito nel 2019, quando la corte suprema condannò nove leader indipendentisti per sedizione.
Infine, domenica scorsa i cittadini catalani hanno rinnovato il parlamento locale, aumentando ulteriormente la maggioranza delle forze indipendentiste. Nonostante il Partito Socialista Catalano – affiliazione locale dei socialisti che reggono il governo centrale – sia arrivato primo col 23% dei voti, tre partiti indipendentisti hanno ottenuto 74 seggi su 135, così distribuiti: Sinistra Repubblicana di Catalogna (ERC), 33 seggi; Insieme per la Catalogna, formazione di centrodestra, 32; e Candidatura di Unità Popolare, appartenente alla sinistra antagonista, che elegge nove rappresentanti. Sebbene si tratti di liste molto diverse tra loro, che renderà difficile la formazione di un comune fronte indipendentista, il sentimento dell’elettorato appare sempre più schierato per l’indipendenza da Madrid. A controbilanciarlo – solo parzialmente – in senso unitarista, l’esordio nel parlamento catalano del partito di estrema destra VOX, che ha ottenuto 11 seggi. Ciò che appare evidente è che il futuro governo della Catalogna dovrà tenere insieme elementi tra loro diversi: o con una coalizione indipendentista, ma ideologicamente trasversale; o con una maggioranza tra le forze di sinistra, qualora socialisti ed ERC trovino un accordo, che sembra però improbabile. L’ago della bilancia potrebbero essere i progressisti di En Comu Podem, della sindaca di Barcellona Ada Colau, che ha ricevuto otto seggi.
Il commento
di Leonida Tedoldi, Università di Bergamo
"In questa situazione, ERC e il suo leader Pere Aragonés hanno un ruolo decisivo per la formazione del futuro governo catalano. Dovranno sciogliere il dilemma che li perseguita negli ultimi anni: costruire di nuovo la coalizione di governo con gli indipendentisti, superando però le forti divisioni interne sul processo di autodeterminazione e cercare l’accordo con En Comú Podem, oppure formare una coalizione di sinistra-progressista con i socialisti catalani di Illa e la formazione di Colau, che potrebbe portare ad un processo pactado, ad un nuovo accordo, su un piano più elevato e condiviso, della questione catalana. Quest’ultima va ben al di là delle cronache politiche sui partiti, e si infiamma non solo a Barcellona, ma ora anche a Madrid con le manifestazioni in sostegno del rapper catalano antimonarchico, Pablo Hasél, che con la sua musica rende manifeste non solo la crisi della monarchia spagnola degli ultimi tempi, ma anche le istanze di fasce sempre più numerose della popolazione giovanile, non solo catalane."
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A cura della redazione di ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca, ISPI Advisor for Online Publications)