L’Europa al bivio | ISPI
Salta al contenuto principale

Form di ricerca

  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED

  • login
  • EN
  • IT
Home
  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED
  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Formazione ad hoc
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI

  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Formazione ad hoc
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI
Commentary

L’Europa al bivio

19 Dicembre 2012

In uno scenario globale di perdurante incertezza nella politica mondiale (il rischio di Babele), l’Unione Europea contribuirà ad accrescerla, continuando a parlare con voci diverse o, per contro, agirà come riduttore di complessità, risolvendo i suoi dilemmi interni e sviluppando una politica estera e di difesa univoca?

L’UE è arrivata a un bivio: o procede verso la costruzione di un’autentica unione politica o regredisce verso una sia pur utile area economica integrata. L’UE è cresciuta fino a oggi grazie a processi incrementali spontanei derivanti dalla logica intrinseca dell’integrazione, ovvero il travaso (spillover) funzionale e politico da un’area all’altra di policy. Oggi questo non basta più; va risolto il problema dei limiti che incontra un governo sopranazionale con scarso sviluppo di sentimenti comunitari e lealtà e identità europee rilanciando il progetto europeo e sviluppando istituzioni paneuropee, dal sistema politico (elezione diretta del presidente dell’Unione) alla scuola, dai mass media alla lingua. Il meccanismo delle cooperazioni rafforzate e la clausola dell’opting out consentono di procedere ai paesi che intendono farlo, senza perdere per strada i partner interessati esclusivamente al mercato unico.

Per valutare la probabilità di questo progetto, dobbiamo chiederci quali saranno le conseguenze dei principali fatti economici e politici del prossimo anno. Il perdurare della crisi economica e l’inasprirsi della crisi sociale non aiuterebbero certo il progetto, perché alimenterebbero più di quanto già non facciano egoismi nazionalistici e populismi anti-europei. Le previsioni dell’Oecd, dell’Fmi e dei vari governi dicono che la crisi economica continuerà, pur con intensità più ridotta; è importante quindi valutare se si modificheranno e in quale direzione le exit strategies sia delle istituzioni comunitarie sia dei principali governi, ovvero se prevarranno le preoccupazioni per la tenuta dei conti pubblici con le conseguenti politiche di rigore o quelle per la bassa crescita e l’aumento della disoccupazione con le conseguenti politiche di sviluppo. Circa la gestione della crisi, è assai probabile che venga confermata la volontà di difendere l’euro, non abbandonando i paesi in difficoltà, a cominciare dalla Grecia e valorizzando il ruolo dell’Esm e della Bce (in accordo con l’Fmi) e che venga approvato definitivamente il fiscal compact. Ma per valutare quale spazio avranno politiche pro-growth dobbiamo esaminare i principali fatti politici del prossimo anno.

 Nel 2013 si svolgeranno le elezioni politiche in due dei grandi paesi fondatori della UE, in Italia fra breve e in Germania all’inizio dell’autunno, che potrebbero comportare variazioni di linea politica. In Italia, una vittoria della coalizione guidata dal PD e una successiva alleanza con i partiti di centro produrrebbe un governo che non disferebbe quanto ha fatto il governo Monti per evitare la crisi del debito sovrano, ma introdurrebbe interventi di stimolo per la ripresa economica, in sintonia con la presidenza Hollande in Francia. Di fronte a una posizione comune di Francia, Italia, Spagna e altri paesi UE che temono le conseguenze sociali di una stagnazione economica prolungata, anche la posizione tedesca (e quella dei governi sulla sua stessa linea) potrebbe ammorbidirsi, (purché ottenga un accordo sul patto fiscale), sia nel caso di una riconferma di Angela Merkel, sia a maggior ragione nel caso di una vittoria social-democratica.

 Se l’UE adottasse una politica economica più decisamente orientata alla ripresa economica, anche i rapporti con gli Usa di Obama migliorerebbero. Al di là delle ovvie considerazioni sulla crescente importanza delle relazioni transpacifiche tra Americhe e Asia centrale e orientale, i rapporti tra quelle che sono tuttora le due più importante macroregioni economiche del mondo (UE e Nafta) continueranno a essere di primaria importanza anche per gli Stati Uniti. La questione europea ha perso rilevanza per gli USA dal punto di vista politico-militare, non dal punto di vista economico-finanziario. E anche per la politica estera l’UE è tutt’altro che irrilevante: gli Stati Uniti la vorrebbero più unitaria e più disposta ad assumersi maggiori responsabilità con i relativi costi; l’UE vorrebbe maggior potere decisionale e maggiore impegno americano nella questione israelo-palestinese. Il compromesso ragionevole sarebbe più power sharing in cambio di più burden sharing. Ma ciò richiede che si facciano progressi verso la Politica estera e di difesa europea comune, il che rinvia a sua volta al bivio di cui ho parlato all’inizio.

Una politica estera comune gioverebbe molto all’Unione Europea anche nei suoi rapporti con la Cina. La Cina è naturalmente favorevole al multipolarismo e a un ruolo crescente dell’UE nel gioco di checks and bilances del sistema politico mondiale. Non è necessariamente favorevole a strategie multilaterali nella governance globale, come ha mostrato la sostanziale convergenza bilaterale con gli Usa nella politica ambientale, ma un maggiore ruolo dell’UE potrebbe favorire una propensione multilateralista. Una vera politica estera europea dell’UE avrebbe il vantaggio di evitare il modello G2 nella gestione dei problemi mondiali. L’UE vuole a cogliere questa opportunità di diventare una grande potenza pacifica con un ruolo di equilibrio nella governance multilaterale, pur continuando a essere un leale alleato degli Usa nella Nato? Ancora una volta le velleità nazionalistiche sono di ostacolo: è difficile che tale obiettivo si possa ottenere già nel 2013, sarebbe sufficiente muovere alcuni passi concreti in tale direzione.

Il Commentary fa parte del Dossier Rischio Babele, http://ispinews.ispionline.it/?p=3401

Ti potrebbero interessare anche:

Verso un mondo nuovo, non ancora sicuro
Ugo Tramballi
ISPI Senior Advisor
BCE: acque agitate
Non solo petrolio
Fulvio Liberatore
Easyfrontier
Euroinflazione: corsa senza freni
Rinnovabili: l'UE a passo di lumaca
Energia rinnovabile: l'UE non raggiungerà i suoi obiettivi al 2030

Tags

UE Fiscal Compact FMI Bce Nafta Crisi economica crisi UE politica economica UE politica estera comune ESM UE-USA governo Monti
Versione stampabile
Download PDF

SEGUICI E RICEVI LE NOSTRE NEWS

Iscriviti alla newsletter Scopri ISPI su Telegram

Chi siamo - Lavora con noi - Analisti - Contatti - Ufficio stampa - Privacy

ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) - Palazzo Clerici (Via Clerici 5 - 20121 Milano) - P.IVA IT02141980157