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SUPPLY CHAINS

L'Europa alla guerra dei chips

Andrea Noris
|
Francesca Sanguineti
25 novembre 2022

Che gli Stati Uniti non si siano mai astenuti dall’imporre forti dazi o controlli sulle esportazioni per rallentare e ostacolare lo sviluppo del settore tecnologico e militare-industriale cinese è ormai noto ai più. Basti pensare al divieto di utilizzare tecnologie di importanti brand cinesi, come ad esempio quelle di Huawei. Tuttavia, con le ultime decisioni prese, Washington sta mettendo in atto forse una delle normative più forti di sempre, almeno in questo ambito. Difatti, non più tardi di qualche settimana fa, gli Stati Uniti hanno annunciato nuove restrizioni extraterritoriali sulle esportazioni verso la Cina di chip, semiconduttori e componenti ad essi correlati.

L’obiettivo è quello di indebolire fortemente, se non addirittura provare ad annientare del tutto, il mondo dell’avanguardia tecnologica cinese per poi, ovviamente, poterne prendere il - quasi completo - controllo. Washington vuole dominare il settore, in quanto gli interessi economici e strategici statunitensi vengono prima di tutto. Consci che l’avanzamento tecnologico cinese stia portando a uno scenario simile a quello descritto da Orwell nell’Oceania del suo 1984: Pechino sta infatti usando tecnologie per la sorveglianza statale, abusi domestici dei diritti umani e spionaggio internazionale.

Quali possano essere gli effetti di tali misure è però ancora da vedere. Nell’immediato, Apple ha momentaneamente bloccato le sue collaborazioni con YMTC (società di riferimento per loro in Cina), e in Europa la società che produce chip ASML ha imposto ai suoi dipendenti americani il blocco dei servizi verso i clienti cinesi. Sembra quindi chiaro che ci saranno conseguenze anche sulle catene di approvvigionamento internazionali e la maggiore preoccupazione riguarda l’impatto che queste avranno sulle imprese di ogni paese.

 

Restrizioni all’export verso la Cina, le Export Administration Regulations

Le nuove restrizioni vengono adottate apportando modifiche alla normativa EAR (Export Administration Regulation). L’EAR consiste in una vasta e complessa serie di disposizioni elaborate dal dipartimento del Commercio USA (United States Department of Commerce - BIS - Bureau of Industry and Security) in materia di controllo delle esportazioni, riesportazioni e ogni altra attività direttamente connessa alla movimentazione, al di fuori degli Stati Uniti, di prodotti di origine USA. In via generale le EAR regolano l’esportazione e riesportazione di beni riportati nella Commerce Control List (CCL), principalmente beni dual-use, beni civili con possibili applicazioni militari e beni di tipo militare che non sono soggetti ad altre regolamentazioni.

In particolare, in data 7 ottobre 2022, il BIS ha emanato norme volte a limitare la capacità della Cina di ottenere chip informatici avanzati, sviluppare e mantenere supercomputer e produrre semiconduttori avanzati ("Regola") (87 FR 62186). Oltre a formalizzare i requisiti di licenza inclusi nelle recenti lettere inviate dal BIS a determinate società statunitensi su questioni correlate, la Regola impone un'ampia gamma di nuove e rafforzate restrizioni rivolte ai settori dell'informatica avanzata e dei semiconduttori della Cina. Tra le misure adottate vi sono:

  • l'aggiunta di determinate apparecchiature per la produzione di semiconduttori, chip avanzati e merci contenenti tali chip all'elenco di controllo del commercio ("CCL") dei regolamenti EAR;
  • aggiunta di nuovi requisiti di licenza per determinati articoli destinati alla Cina, inclusi alcuni articoli da utilizzare nei supercomputer, lo sviluppo o la produzione di semiconduttori o apparecchiature per la produzione di semiconduttori e destinati a strutture di fabbricazione di semiconduttori ("fab") in Cina che producono determinati chip avanzati;
  • limitazione per le persone fisiche statunitensi (c.d. US Persons) della possibilità di impegnarsi o facilitare attività a sostegno dello sviluppo o della produzione di determinati circuiti integrati ("CI") presso le fabbriche in Cina;
  • sostanziale ampliamento dell'ambito degli articoli che sono "soggetti all'EAR" ai sensi delle regole sui prodotti diretti esteri ("FDP") al fine di comprendere altri articoli nel settore dell'informatica avanzata e dei semiconduttori prodotti al di fuori degli Stati Uniti.
  • le società statunitensi e non statunitensi che forniscono chip avanzati, prodotti contenenti tali chip o articoli relativi a supercomputer e semiconduttori alla/per la Cina devono esaminare attentamente la Regola per valutare le implicazioni di conformità e il potenziale impatto commerciale.

Sembra utile riportare che la cosiddetta FDP rule prevede che in alcuni casi l’autorizzazione all’esportazione di tecnologia dagli Stati Uniti sia sottoposta a garanzia che i beni che saranno prodotti all’estero utilizzando tale tecnologia non saranno esportati verso diverse destinazioni senza autorizzazione BIS.

 

Restrizioni e modifiche alla supply chain

Vi sono però alcuni aspetti che bisogna tenere in considerazione. Innanzitutto, come già dimostrato anche dalla guerra Russia-Ucraina, la politica delle sanzioni non funziona sempre come previsto. Infatti, già analizzando le prime proposte normative, i grandi produttori hanno iniziato a spostare i propri stabilimenti in altri Paesi perlopiù asiatici, come ad esempio Singapore, la Malesia, o l’India. Tutta l'Asia sembra essersi mobilitata per accogliere i nuovi stabilimenti necessari alla produzione di chip e semiconduttori, incentivate dalle mosse USA verso la Cina. Tuttavia, molti di questi investimenti saranno probabilmente realizzati dalla Cina stessa. Lo scenario che potrebbe verificarsi è quello di un trasferimento di questa industria, rallentando solo temporaneamente il progresso cinese.

Gli Stati Uniti hanno annunciato queste normative senza apparentemente averne prima discusso domesticamente, né tantomeno con gli Stati alleati. L’Unione Europea si trova in una situazione complessa poiché bisogna essere sicuri che questo nuovo regime normativo non vada a ostacolare la competitività dell’industria europea dei chip e semiconduttori; nascono sfide sempre maggiori che il Trade and Technology Council (TTC), il Consiglio USA-UE per il commercio e la tecnologia, deve riuscire a tenere sotto controllo.

Questa presa di posizione così impattante da parte degli Stati Uniti è poi rinforzata dai 52 miliardi di dollari di fondi che Washington mette a disposizione dei produttori nazionali di chip attraverso il CHIPS and Science Act lanciato pochi mesi fa. Chiaramente, con questo scenario, gli sforzi che l’Unione Europea sta mettendo in atto per l’avanzamento dell’industria dei semiconduttori nel proprio territorio rischiano di perdere forza e venire fortemente ostacolati specialmente perché l’UE è partita già in ritardo per quanto concerne investimenti e avanzamenti di quest’industria che risulta, ad oggi, sempre più fondamentale per ottenere un vantaggio competitivo rispetto agli altri Paesi. L’Unione e i suoi leader devono trovare il giusto sostegno, in termini di preparazione delle competenze e di fondi, per un settore di importanza strategica per il futuro dello sviluppo tecnologico e della competitività internazionale. L'industria del chips sta chiaramente diventando uno dei campi di battaglia attivi della rivalità geopolitica.

 

Le politiche Ue per lo sviluppo dell’industria dei microchip

L’UE ha già proposto una nuova legge, che prevede un aumento di circa 49 miliardi di dollari al fine di incrementare la quota di produzione globale derivante dall’Europa. Nello specifico, l'UE vuole aumentare la propria quota di mercato della produzione di chip per passare dall’attuale 9% al 20% entro il 2030. Il focus sarà sulla ricerca e produzione di semiconduttori efficienti dal punto di vista energetico. L’obiettivo è quello di creare nuove applicazioni, tra cui i veicoli collegati e automatizzati, le telecomunicazioni, la digitalizzazione del settore sanitario e un significativo aumento della sicurezza e della difesa. 

L’industria dei semiconduttori si compone di due grandi elementi: il primo dedicato alla ricerca e sviluppo di tecnologie sempre più all’avanguardia; il secondo riguarda la produzione nelle fonderie. Come anticipato, però, l’UE è già in ritardo in termini di ricerca e sviluppo di tali tecnologie. Infatti, in Europa non sembrano esserci aziende in grado di produrre chip di ultima generazione; bisognerà dunque puntare a investimenti da parte delle grandi società di semiconduttori per poter far fronte a tali ritardi/mancanze. L'UE sta infatti cercando di far nascere collaborazioni con le aziende che producono chip con tecnologie avanzate. Ad esempio, Intel sta progettando di aprire un suo stabilimento in Europa (anche se non è stato ancora identificato il dove) e la taiwanese TSMC ha dichiarato di trovarsi nelle prime fasi di valutazione del proprio impianto di produzione in Europa. Tuttavia, l'UE non potrà essere completamente autosufficiente. Almeno inizialmente dovrà ancora fare molto affidamento sugli Stati Uniti e in particolare sull'Asia a causa delle difficoltà affrontate dalle catene globali di fornitura dei semiconduttori.

Non bisogna però dimenticare che, nonostante i ritardi dal punto di vista tecnologico, l’Unione Europea vanta alcuni attori chiave dell’industria dei semiconduttori, come ad esempio l’olandese ASML. Questa produce macchinari utilizzati dalla TSMC. ASML non è la sola, in Europa ci sono anche i fornitori STMicro e NXP, principalmente dedicati a rifornire la Apple. Lo scenario attuale ci fa pensare che l’Unione potrebbe decidere di focalizzarsi, almeno inizialmente, a garantire la fornitura di chip, almeno per quelle industrie in cui le sue imprese hanno un vantaggio competitivo anche storico, come quella automobilistica. Questo perché le autovetture non hanno necessità delle ultime tecnologie che spesso sono meno avanzate e comunque permettono di mantenere il vantaggio a cui siamo stati abituati.

Il Chips Act proposto dall’UE nasconde non poche problematiche. Ad esempio, non vi è un mercato vero e proprio di chip, quindi la domanda invece che derivare da esigenze di mercato deriva da programmi dei leader politici. Il relativo problema riguarda il fatto che non vi è in atto un meccanismo di feedback, per cui sapere come distribuire i vari investimenti e soprattutto controllare che questi vengano utilizzati per gli scopi proposti sarà problematico. Inoltre, l’UE è composta da Paesi grandi e piccoli, alcuni più avanzati tecnologicamente di altri. I meno avanzati possono trovarsi nella situazione in cui gli Stati più grandi come Francia e Germania superino le loro offerte per gli investimenti in chip. Il TTC USA-UE vede difatti la Francia come Paese che assumerà il controllo dei negoziati sui semiconduttori, aggravando questa percezione da parte degli Stati membri di minore dimensione. Non dimentichiamoci poi che gli investimenti dipendono dagli Stati membri dell’Unione.

Secondo gli esperti del settore, siamo di fronte a una guerra al microchip. Stati Uniti, Cina e Unione Europea stanno istituendo dei cluster di produzione per tutte le tecnologie che elaborano le informazioni digitali. Alla base di queste politiche industriali vi è il rafforzamento della sicurezza nazionale. Difatti, le catene di fornitura di microchip sono soggette ad alte interdipendenze ed esposte a rischi di sicurezza e di contrazione commerciale. Inoltre, maggiore è l'attrito geopolitico, più elevati sono i livelli di rischio che influiscono sulle catene di approvvigionamento. Tuttavia, che queste pesanti normative portino agli effetti desiderati è ancora tutto da verificare.

Dunque, quella che sembra essere una guerra per il bene della sicurezza è in realtà un’azione di politica industriale e il Chips Act dell’UE rischia di essere principalmente un esercizio di protezionismo che però potrebbe scatenare una vera e propria guerra commerciale. Se tale policy non dovesse funzionare economicamente, sarebbe semplicemente costosa e inefficiente per gli Stati membri. Tuttavia, se dovesse riuscire dal punto di vista economico, rischierebbe di isolare i partner dell’Unione in Asia, dando alla Cina un ruolo ancora più significativo.

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Geoeconomia supply chain semiconduttori
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AUTORI

Andrea Noris
Osservatorio ReValue Chains
Francesca Sanguineti
Osservatorio ReValue Chains

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